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Decreto Flussi 2007 – Alcune considerazioni sul sistema telematico, la modulistica, i requisiti

a cura dell'Avv. Marco Paggi

Quella dei migranti e dei loro datori di lavoro è un’attesa ansiosa e naturalmente, come per tutti gli anni precedenti, anche in riferimento al Decreto flussi 2007, circolano notizie non vere, che è bene smentire, soprattutto per evitare equivoci ed eventuali abusi o raggiri che purtroppo molto spesso si verificano.
Precisiamo ancora una volta che non si tratta di una sanatoria o di una regolarizzazione, che quindi non c’è la possibilità di regolarizzare, dal punto di vista legale, chi è qui in condizioni di cosiddetta “clandestinità” o “irregolarità” anche se è pur vero, e questo è un dato di fatto, che la quasi totalità degli stranieri che in tutti questi anni hanno utilizzato il Decreto Flussi, e quindi la procedura di autorizzazione all’assunzione dall’estero, in realtà erano già presenti in Italia, e per lo più stavano già lavorando presso lo stesso datore di lavoro che poi ha avviato la pratica per l’assunzione dall’estero.
Quindi, ancora una volta, migliaia di persone si troveranno davanti alla consueta difficoltà di dover abbandonare il territorio italiano, una volta ottenuta l’autorizzazione all’assunzione dall’estero, e di uscire altrettanto “clandestinamente” di quando erano entrati, per evitare di vanificare tutto il percorso con un annullamento dell’autorizzazione. Detto annullamento, infatti, viene spesso adottato al momento della richiesta del primo permesso di soggiorno, presentata in seguito al rilascio del visto per lavoro, e ciò in base alla asserita inammissibilità della domanda, nel caso di persone di cui si accerta la trascorsa presenza irregolare sul territorio italiano (magari in base ai dati del traffico aeroportuale o ai timbri di uscita sul passaporto).
È doveroso tuttavia far presente che la giurisprudenza non si è occupata spesso di eventuali provvedimenti di annullamento dell’autorizzazione che pure sono ampiamente diffusi nella prassi, quindi, non si può nemmeno asserire, a priori, che l’interpretazione diffusa nella pratica, nel senso dell’annullamento, sia in effetti legittima.
In linea teorica, poiché l’art.22 del T.U., laddove definisce la procedura, fa letteralmente riferimento all’assunzione di lavoratori residenti all’estero, si potrebbe sostenere che il lavoratore è da considerare residente all’estero anche nel caso di temporanea presenza in Italia in condizione irregolare di soggiorno; d’altra parte, la legislazione vigente non prevede la possibilità di sanzionare retroattivamente, ovvero in base all’accertamento attuale di una violazione che nel frattempo è già cessata, la trascorsa presenza irregolare. L’unica sanzione prevista per tale ipotesi è l’espulsione, che può essere adottata solo finché è in atto la presenza irregolare, mentre non si può veramente dire che la “non presenza irregolare” sia un presupposto indispensabile per la validità della procedura di autorizzazione dall’estero, o quantomeno la legge non lo stabilisce espressamente. Il problema interpretativo, dunque, rimane aperto: infatti, benché sia il Ministero del Lavoro che il Ministero dell’Interno ritengano senz’altro che la presenza irregolare vanifichi l’utilizzo del Decreto Flussi e renda nulla, sia l’autorizzazione, che il relativo visto di ingresso, tale interpretazione non si può dire sia stata sinora diffusamente affrontata dalla giurisprudenza.
Certo che l’interpretazione adottata nella prassi appare un po’ ipocrita, se si considera che la procedura in questione é notoriamente utilizzata, per la quasi totalità, da persone che sono in Italia senza permesso di soggiorno; paradossalmente, se si dovesse controllare rigorosamente ogni utilizzatore del Decreto Flussi, si finirebbe con il vanificare il Decreto Flussi stesso (che di fatto realizza in modo contorto una forma di emersione dal lavoro e dal soggiorno irregolare) e soprattutto si andrebbe ad incentivare la permanenza clandestina.

L’invio telematico
La data di pubblicazione del Decreto è il 30 novembre 2007, in ogni caso, anche la data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, non è quella a partire dalla quale iniziare questa gara a chi prima arriva nel presentare la domanda, perché c’è un termine minimo di quindici giorni dalla pubblicazione per potersi organizzare e quindi per preparare tutto ciò che serve per l’inoltro della domanda.
[ Vedi tutte le date di invio ]
Precisiamo questo anche per un altro motivo: anche sul sito di Melting Pot Europa, è possibile visionare il software e la procedura che il Ministero dell’Interno ha messo a disposizione per registrare gli utenti, per elaborare la modulistica, ed per inoltrare la modulistica stessa.
La caratteristica peculiare del Decreto flussi di quest’anno, ed è una novità assoluta, è che -ci permettiamo di dire- finalmente, verrà scartato il servizio postale per l’inoltro delle domande e questo avverrà esclusivamente via internet.
Anche se è possibile visionare il software del Ministero dell’Interno avvertiamo però gli interessati che la documentazione cartacea messa a disposizione non potrà essere utilizzata per l’inoltro delle domande.
Solo a partire dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, nel sito del Ministero dell’Interno è possibile trovare un apposito link, che darà accesso al sistema di registrazione, e quindi effettuare la registrazione dell’utente, un atto indispensabile e preliminare per l’avvio legittimo e ammissibile della procedura. In un secondo momento, attraverso l’utilizzo del software, è possibile compilare i moduli, opportunamente scaricati dal sistema sul proprio computer, e confezionare la domanda. Diversamente, l’eventuale inoltro a mezzo posta della domanda non avrebbe alcuna validità.
Quindi, se come è già capitato di sentir dire, ci sono in giro faccendieri che propongono a persone ingenue e in condizioni di bisogno una specie di sanatoria, vendendogli dei moduli e proponendo l’inoltro a mezzo posta, si tratta chiaramente di truffe.
L’unico modo per inoltrare queste pratiche è attraverso il sistema internet, tramite il sito attivato dal Ministero dell’Interno.

I privati e le Associazioni di categoria
A proposito di faccendieri, dobbiamo considerare come un dato positivo il fatto che il Ministero, questa volta, abbia deciso di limitare ufficialmente ad un massimo di 5 domande per datore di lavoro la possibilità dell’utilizzo delle quote, riducendo drasticamente il fenomeno della vendita –a caro prezzo- di opportunità di ingresso da parte di pseudo-datori di lavoro. Le associazioni di categoria potranno invece inoltrare un numero illimitato di domande per conto dei datori di lavoro che vorranno rivolgersi alle stesse.

Non è stato precisato, al momento, nelle risposte alle domande inviate dagli utenti, divulgate dal Ministero dell’Interno se, invece, per lo stesso lavoratore straniero, quindi per la stessa persona candidata all’ingresso per motivi di lavoro, sia possibile presentare diverse domande da parte di diversi datori di lavoro; questo per la verità non è escluso e sembra difficile che possa essere escluso dalla norma.
Se lo stesso lavoratore straniero ha la fortuna di trovare più proposte di lavoro, è giusto che ogni datore di lavoro chieda, in proprio, l’autorizzazione all’assunzione, e che poi chi riuscirà ad ottenere la quota la utilizzi.
Se dovesse accadere che più datori di lavoro, per diverse opportunità lavorative e con diverse mansioni, ottenessero l’autorizzazione ad assumere lo stesso lavoratore, vorrà dire che solo uno di questi utilizzerà l’autorizzazione, perché più di un visto non può essere rilasciato allo stesso lavoratore, e che la domanda degli altri verrà considerata inutilmente proposta e lascerà posto alle domande successivamente collocate in graduatoria.

Problemi da questi punti di vista non ce dovrebbero essere, viceversa, bisogna precisare che, il fenomeno abbastanza praticato con il processo di inoltro attraverso la posta, di presentare per lo stesso lavoratore, da parte dello stesso datore di lavoro, più domande, per aumentare in questo modo le chance di bloccare la quota, prima dell’esaurimento dei posti disponibili, con il nuovo sistema via internet non è più assolutamente proponibile, proprio perché il datore di lavoro, nel momento in cui si registra, cristallizza la propria possibilità di inoltrare la domanda esclusivamente attraverso quei dati registrati, e soprattutto, attraverso il computer su cui ha elaborato la domanda. Il Ministero dell’Interno ha già precisato che “se viene inviata una stessa domanda per due volte il sistema rifiuta il secondo invio”.

Ovviamente nessuno oggi conosce la struttura, dal punto di vista tecnico, del software che è stato ideato dal Ministero dell’Interno, ma sembra di poter capire che sia stato ideato appositamente per evitare o limitare al massimo possibile gli abusi, e quindi, per poter concentrare su un computer, quello attraverso cui è avvenuta la registrazione, la possibilità di inoltrare la domanda.
Non c’è quindi la possibilità di aumentare le chance di collocazione favorevole nella graduatoria, facendo partire la medesima domanda da parte dello stesso datore di lavoro presso diverse stazioni, ovvero da diversi computer nello stesso momento.
E’ chiaro che questo avrebbe potuto essere un sistema per aumentare le proprie probabilità in base ad alcune variabili che purtroppo esistono e ciò è anche confermato dal Ministero dell’Interno.

Alcune variabili nella composizione della graduatoria
In effetti il tempo e la velocità di spedizione della domanda stessa, a partire dall’ora X del giorno X, e di acquisizione e conseguente collocazione in graduatoria da parte del Ministero dell’Interno, dipende da diverse variabili.
Sicuramente dipende dalla velocità di trasmissione dei dati di cui può disporre il computer: sappiamo che in Italia non tutte le aree del territorio hanno la disponibilità dello stesso tipo di velocità di trasmissione, alcune aree sono coperte dalla “linea adsl”, che permette una maggiore velocità di connessione, quindi, chi dispone di un abbonamento a internet con questo tipo di servizio, ha una maggiore possibilità di far partire la domanda, o meglio, ha la possibilità di far partire la domanda a partire dalla stessa ora, ma con maggiore velocità, e quindi, di farla entrare più rapidamente nel terminale del Ministero dell’Interno con la speranza di poterla collocare più utilmente in graduatoria.
Viceversa, chi utilizza un computer che ha un sistema di trasmissione più lento, ovviamente, avrà la possibilità di far arrivare questa domanda, visto che si gioca tutto sul filo dei secondi, se non dei millesimi, con maggiore lentezza e quindi di essere pregiudicato, nella collocazione in graduatoria.
D’altra parte anche per chi utilizza lo stesso tipo di sistema di trasmissione, con la stessa velocità, la diversità dei providers di cui ci si serve, può incidere, perché non tutti hanno gli stessi tempi di lavorazione dei dati e quindi di gestione dei messaggi che sono inviati dai loro abbonati.
Un’altra variabile che dipende dalla struttura del sistema e dalla potenza del sistema che è stato utilizzato dal Ministero dell’Interno è quella relativa alla tenuta del portale, cioè quanto e se l’impianto riuscirà a gestire i dati senza incepparsi e quanto e se riuscirà a classificare velocemente, garantendo una graduatoria corretta dell’ordine di arrivo, tutte le domande che partiranno.
Ci si aspetta infatti che tutti avranno preventivamente effettuato la registrazione, generato il modulo su supporto informatico, compilato lo stesso, salvato il tutto, pagato in modo virtuale la marca da bollo, ed indicato nel modulo, nel campo obbligatorio, il codice della marca da bollo informatica pagata.
A quel punto tutti attenderanno l’ora esatta con la documentazione pronta per l’invio e faranno partire la domanda con un semplice “clik”.
Tutto si giocherà presumibilmente nel giro dei primi due o tre secondi.
Se facciamo riferimento ai dati degli anni precedenti, all’ora x del giorno x, anche tenuto conto dello scaglionamento per categorie previsto da questo Decreto Flussi, per cui non tutti avranno lo stesso giorno e ora di partenza, dobbiamo immaginare che siano almeno diverse decine di migliaia, se non centinaia di migliaia, le domande che partiranno nell’arco di uno, due, tre secondi.
Ecco che la classificazione di queste domande, per la formazione di una graduatoria, dovrebbe avvenire, da parte del software del Ministero dell’Interno, con estrema precisione.
Non è dato sapere se la struttura informatica del Ministero garantisca questo tipo di efficienza e se quindi si potrà veramente confidare su una sostanziale trasparenza nella compilazione della graduatoria.

La domanda è se non sarebbe stato meglio affidarsi al sorteggio come è stato fatto anche negli Stati Uniti, per assegnare le quote, pur tenendo conto di tutte le domande inviate attraverso il sistema informatico, ma senza rendere questa gara ancor più sofferta, dovendo fare speculazioni sulla velocità di trasmissione dei dati via internet, oppure sulla disponibilità di computer più o meno veloci.
La procedura comunque è stata decisa e bisognerà vedere successivamente come concretamente funzionerà.

Un’altra curiosità che interessa molti è capire che tempi avrà poi la procedura e come si potrà aver modo di verificare o confermare il corretto inoltro della pratica.
Teoricamente, secondo quanto divulgato dal Ministero dell’Interno, verrà inviato a ciascuno degli utenti, all’indirizzo di posta elettronica indicato nella fase di registrazione, un messaggio di risposta e di conferma del ricevimento della domanda stessa, con indicazione dell’orario esatto di ricevimento da parte del portale del Ministero dell’Interno. Non sappiamo se l’orario riporterà indicazione non solo del minuto e del secondo ma anche dei decimi e centesimi (e perché no, millesimi!) sui quali si giocherà la sorte delle domande.

La ripartizione delle quote
Per quanto riguarda la possibilità che ciascuno avrà di avere risposta positiva alla propria domanda, molto dipende dalla cittadinanza del lavoratore interessato all’assunzione, poiché per alcuni paesi vi sono delle quote riservate e poi vi sono delle quote riservate a tutto il resto del mondo, ai cittadini provenienti da paesi che non sono inseriti nell’elenco dell’ articolo 2 del Decreto Flussi.

Paradossalmente, potrebbe avvenire che coloro che provengono da paesi del mondo che non beneficiano di quote riservate, di fatto, si trovino ad avere delle condizioni migliori.
Questo perché, se leggiamo l’elenco dei paesi che beneficiano di quote riservate, possiamo dire che la parte prevalente della pressione migratoria che riguarda l’Italia è riferita a questi.
Dunque, se la parte prevalente della pressione migratoria ha complessivamente 47.100 quote, mentre il resto del mondo, che di fatto rappresenta per l’Italia una minoranza dal punto di vista della pressione migratoria, ha 110.900 quote, in qualche modo si capisce che avranno più possibilità di successo le domande presentate da un cittadino, per esempio, dell’Ucraina o della Cina, che non appartiene alla lista dei paesi beneficiari di quote riservate, piuttosto che da un cittadino che viene dalla Moldova che, pur avendo 6500 quote riservate, dovrà confrontarsi con un numero di soggetti interessati di molto superiore.
È pur tuttavia previsto, all’ art 8 del Decreto flussi, che una volta trascorsi i 60 giorni dalla data di pubblicazione del Decreto in Gazzetta Ufficiale, qualora vengano rilevate quote significative non utilizzate, queste potranno essere diversamente ripartite, quindi riassegnate.
Se per ipotesi le 110.900 quote messe a disposizione del resto del mondo (tutti i paesi che non hanno quote riservate) non fossero utilizzate completamente, queste quote residue potrebbero essere utilizzate per essere riassegnate ad alcuni paesi, o a tutti i paesi, beneficiari di quote riservate, con proporzioni anche diverse in ragione del numero di domande fino a quel momento presentate.
Questo è naturalmente un problema soltanto eventuale perché sembra quantomeno molto probabile che tutte le quote messe a disposizione, sia quelle per paesi beneficiari di quote riservate, sia quelle per il resto del mondo, vengano “bruciate” nel giro di pochi secondi a partire dal primo giorno utile.

Considerazioni su modulistica e modelli di presentazione delle domande
Nello Speciale Decreto flussi 2007 di Melting Pot Europa è possibile visionare il software predisposto dal Ministero dell’Interno ed anche la relativa modulistica in versione cartacea, che però non è possibile importare e quindi memorizzare sul proprio computer, e che comunque non potrebbe essere utilizzata perché, anche volendo stampare quanto risulta dalla modulistica e inoltrarlo in altro modo, non avrebbe nessun valore.
Ribadiamo che solo utilizzando il sito del Ministero dell’Interno, www.interno.it, è possibile avviare la procedura, a partire dalla registrazione personale del datore di lavoro, da effettuare attraverso un computer ben definito, che poi non potrà essere modificata in corso di lavorazione.
In questa logica facciamo delle considerazioni sui moduli: la loro struttura non è poi nella sostanza diversa dai moduli cartacei che già abbiamo conosciuto con il Decreto Flussi per l’anno 2006 e con precedenti Decreti Flussi.
Quello che conforta è che è prevista esclusivamente la compilazione del modulo senza dover allegare alcun documento.
Tutto ciò che servirà per la legittima instaurazione della procedura è effettivamente contenuto nelle griglie informatiche predisposte dal Ministero dell’Interno, che per altro sono munite di campi di compilazione obbligatoria e di un sistema di controllo che permette di verificare se effettivamente la modulistica è compilata completamente e quindi in modo regolare e soprattutto in maniera coerente.

Per esempio, se il datore di lavoro che è interessato all’assunzione di un cittadino extracomunitario è un cittadino italiano, o un’impresa italiana avente sede in Italia, non dovrà essere necessario specificare il numero del permesso di soggiorno del datore di lavoro, cosa che è necessaria fare solo nel caso in cui il datore di lavoro sia straniero. Da questo punto di vista il Ministero dell’interno ha già precisato che non ci sono problemi per l’eventuale assunzione di uno straniero da parte di uno straniero a condizione che il datore di lavoro abbia un permesso di soggiorno regolare, come pure nel caso in cui il permesso di soggiorno del datore di lavoro sia in corso di rinnovo.
Naturalmente la pratica sarà soggetta alla verifica degli stessi requisiti che sono previsti in via generale, fra i quali la capacità economica del datore di lavoro.

La verifica dei requisiti
Per fare un esempio, un’azienda che dichiara 10.000 euro l’anno di fatturato, difficilmente potrà convincere gli uffici competenti che è in grado di garantire il costo del lavoro di un dipendente assunto regolarmente e a tempo pieno, a meno che non si tratti di un’impresa che ha appena avviato la sua attività, che non ha quindi ancora fatto in tempo a produrre il fatturato sperato e che anzi, per produrlo, avrà bisogno di assumere altri lavoratori. Questo sarà soggetto poi, naturalmente, al di là dell’inoltro attraverso il sistema informatico, a valutazione, in questi casi molto più attenta, a livello territoriale da parte degli uffici periferici.

Il sistema di inoltro delle domande non toglie nulla, infatti, al potere-dovere degli uffici in sede di rilascio del nullaosta di valutare concretamente le condizioni presentate dal datore di lavoro, e di chiedere l’integrazione della documentazione (ad esempio per verificare più attentamente la capacità economica dell’impresa).

La modulistica, come precisato, si presenta molto simile a quella che abbiamo conosciuto negli anni precedenti, quindi, il datore di lavoro, dovrà specificare la sistemazione alloggiativa del lavoratore, e non sarà necessario che indichi o richieda da subito l’idoneità dell’alloggio al comune o all’Unità Sanitaria Locale.
Anzi, è già stato specificato che solo se è già stato rilasciato il nullaosta e quando si tratterà di andare a sottoscrivere presso lo sportello unico il contratto di soggiorno, il datore di lavoro dovrà esibire la sola ricevuta dell’avvenuta domanda di rilascio del certificato di idoneità dell’alloggio, senza quindi dover attendere il rilascio del certificato per fornirlo all’ufficio competente.

Allo stesso modo, per quanto riguarda l’alloggio, è previsto, analogamente alla modulistica che già abbiamo conosciuto negli anni precedenti, di precisare se l’alloggio è fornito dal datore di lavoro, se quindi è nella diretta disponibilità del datore di lavoro, se è fornito a titolo gratuito o a pagamento, ed eventualmente mediante decurtazione della busta paga entro la misura massima di un terzo.

Allo stesso modo è prevista, in via generale, per quanto riguarda il datore di lavoro, l’ autocertificazione. Bisogna fare attenzione a questo, perchè il datore di lavoro nel momento in cui compila la modulistica e dichiara di essere in regola con le obbligazioni in materia di contributi obbligatori all’INPS e all’INAIL, compie un’autocertificazione, se quindi non fosse vero ciò che il datore di lavoro dichiara, perchè magari ha evaso o è ancora debitore di contributi arretrati, potrebbe essere accusato per il reato di falso ideologico del pubblico ufficiale.
Infatti, chi auto-certifica il falso viene trattato, dalla legge penale, come il pubblico ufficiale che ha attestato consapevolmente una circostanza falsa.
E questo anche se si tratta di compilare dei moduli che formalmente non vengono nemmeno firmati, in cui si richiede certo l’identificazione del datore di lavoro, ma non vi è il modo, concretamente, per apporre la firma.

Assunzione di lavoratori domestici
Per quanto riguarda sempre la modulistica, nel caso dell’assunzione di lavoratori domestici, è specificata, se si tratta di assistenza di una persona non autosufficiente per motivi di salute e di età, l’indicazione della persona assistita, che può essere la stessa persona corrispondente al datore di lavoro, ma può essere anche una persona diversa. Molto spesso infatti chi presenta la domanda è un familiare o un convivente della persona da assistere.
Quindi è stato opportuno inserire la specifica indicazione della persona assistita, la qual cosa ha un certo rilievo, ai fini anche della corretta impostazione della pratica sotto il profilo del reddito, di cui si richiede l’indicazione al datore di lavoro.

Per l’appunto, la parte riferita al reddito è importante perchè, per l’assunzione di lavoratori domestici, nello specifico, si prescrive (e queste sono disposizioni già note dagli anni precedenti) che il datore di lavoro debba dimostrare di disporre di un reddito pari almeno al doppio del costo del lavoro, tenuto conto della retribuzione dovuta in base all’orario di lavoro, della retribuzione c.d. “accessoria” (tredicesima, ferie, TFR) e dei contributi che naturalmente gravano sulla prestazione lavorativa. Quindi, questo può comportare l’eventuale esclusione dalla procedura di chi non avesse indicato un reddito adeguato rispetto al costo del lavoratore interessato.

Questo non vale però per il caso dell’assistenza a persone non autosufficienti.
I cosiddetti “badati”, o chi chiede l’autorizzazione al loro posto, possono ottenere l’autorizzazione a prescindere dal possesso, e quindi anche dall’indicazione, di un reddito che abbia questa misura minima. Questo però esclusivamente per le persone che hanno bisogno di assistenza.

In questo caso è da immaginare, anche se non è stato ancora precisato, che al momento del rilascio del nullaosta e della firma del contratto di soggiorno presso lo sportello unico, verrà richiesta la certificazione medica da cui risulti che l’assistito necessita di assistenza continuativa.

Quindi, per quanto riguarda la richiesta di assunzione per lavoratori domestici con mansioni riferite alla cura di persone non autosufficienti, “badanti”, non è imposto al datore di lavoro di dimostrare un reddito minimo.
Viceversa, per le altre attività di lavoro domestico, non direttamente riferibili all’assistenza di una persona bisognosa, quali per esempio bambinaie, colf, cameriere, etc…, è richiesto al datore di lavoro, al privato datore di lavoro non è imprenditore, di dichiarare, e quindi di dimostrare un reddito pari almeno al doppio del costo del lavoro.
Il costo del lavoro peraltro non è indicato, quindi, il datore di lavoro (l’interessato che rende la dichiarazione compilando il modulo) dovrà farsi carico di effettuare i conteggi necessari, al fine di presentare la domanda tenendo realmente conto della “sufficienza del proprio reddito”. In caso di incertezza sul superamento o meno della soglia minima, il datore di lavoro intenzionato ad assumere una colf a tempo pieno, potrebbe prudentemente optare per la richiesta di assunzione part-time entro le 20 ore settimanali (potendo elevare il rapporto reddito/costo del lavoro), anche perché a seguito dell’ingresso e dell’assunzione resta pur sempre possibile e lecito, col solo consenso delle parti interessate, aumentare l’orario di lavoro (ad es. da 20 a 30 o da 30 a 40 ore settimanali), salvo l’obbligo di comunicare allo Sportello Unico la variazione.

In ogni caso, a parte l’opportunità di verificare il rapporto reddito/costo del lavoro, nella modulistica di quest’anno non è richiesto al datore di lavoro di indicare la specifica retribuzione che sarà garantita al lavoratore. Questo perchè verrà considerata come retribuzione dovuta quella minima prevista dai contratti collettivi nazionali di categoria, in ogni caso non inferiore all’importo dell’assegno sociale.

Una eventuale retribuzione indicata in misura superiore sarà sempre ammessa.
Non essendo necessario indicare specificamente l’importo della retribuzione, così come dei rispettivi contributi, ed essendo per altro un calcolo non semplicissimo da effettuare per i non addetti ai lavori, il datore di lavoro domestico dovrà quindi prestare una attenzione massima nel verificare che il suo reddito sia sufficiente a coprire e a rispondere almeno al doppio del costo complessivo del lavoro.

Va tenuto presente che potrà essere indicato non solo il reddito di un’unica persona beneficiaria di lavoro domestico, ma anche di parenti di primo grado non conviventi.
In effetti, nella modulistica è stato inserito lo spazio per il così detto reddito integrativo, cioè il reddito di altre persone andrà ad integrare il reddito del datore di lavoro, in modo tale da consentire la verifica del raggiungimento di questa soglia minima a livello di nucleo familiare, per poter garantire di potersi fare carico della prestazione di lavoro domestico.

Le imprese
Diversamente, invece, per le imprese non è richiesto un reddito minimo, anche perchè, dal punto di vista legale e fiscale, i meccanismi di calcolo del reddito delle imprese sono molto più complicati, e quindi non consentono di mettere in evidenza così facilmente l’effettiva capacità economica dell’impresa.
Per quanto riguarda le imprese è quindi prescritto di indicare il fatturato dell’ultimo esercizio di imposta.
Nel caso in cui l’impresa fosse di nuova costituzione, quindi non avesse ancora completato il primo esercizio d’imposta, e non vi fosse una dichiarazione dei redditi di riferimento, la modulistica quest’anno (ed è una soluzione effettivamente di buona pratica) prevede uno spazio per indicare il fatturato raggiunto fino al momento dell’inoltro della pratica, fermo restando che poi l’ufficio competente potrà, una volta completata la prima fase dell’istruttoria e dell’archiviazione informatica della pratica, richiedere documentazione integrativa.

In ogni caso, e quindi a prescindere dal reddito o dal fatturato del datore di lavoro, per il lavoratore dovrà essere indicata una retribuzione non inferiore a quella prevista, in relazione alle mansioni svolte, dal contratto collettivo nazionale di categoria.
Tuttavia in relazione alle mansioni svolte e agli orari di lavoro dovrà comunque essere assicurato al lavoratore un reddito non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale (5.060 Euro).

L’orario di lavoro non dovrà essere inferiore a 20 ore settimanali, quindi è chiaro che se si presentasse una domanda, per esempio, di autorizzazione all’assunzione di un lavoratore per dieci ora settimanali, anche se il reddito fosse superiore all’importo annuo dell’assegno sociale, questa domanda rischierebbe evidentemente di essere scartata. Così come se si chiedesse l’autorizzazione ad assumere per venti ore settimanali un lavoratore la cui retribuzione però non corrispondesse come minimo all’importo annuo dell’assegno sociale, anche in questo caso la domanda verrebbe scartata.

Le conversioni
Tra i modelli presentati dal Ministero dell’Interno, troviamo menzionata l’ipotesi della conversione del permesso di soggiorno per studio in permesso di soggiorno per lavoro subordinato per stranieri che hanno raggiunto la maggiore età o che hanno conseguito il diploma di laurea o di laurea specialistica in Italia.
Vedi il commento alla nuova procedura pubblicato il 28/11/2007

Per chi è colpito da provvedimento di espulsione
Un’altra considerazione pratica che si basa peraltro su quesiti che sono pervenuti in numero consistente anche alla redazione di Melting Pot Europa, è quella che riguarda la possibilità o meno, per chi è stato colpito in passato da un provvedimento di espulsione, di utilizzare il Decreto Flussi.
Lo straniero, non importa se qui in condizioni irregolari o uscito nel frattempo dall’Italia ma, in entrambi i casi colpito da un provvedimento amministrativo di espulsione, non per aver commesso crimini, ma semplicemente perché è stata rivelata la sua presenza senza permesso di soggiorno in Italia, potrà avvalersi del Decreto Flussi e quindi entrare finalmente dalla porta principale attraverso l’assunzione da parte di un datore di lavoro?
L’articolo 13 del T.U. sull’immigrazione prevede espressamente che chi è colpito da decreto di espulsione, per 10 anni, a partire dal momento in cui è dimostrabile l’uscita dal territorio nazionale, non potrà più entrare nel territorio nazionale nemmeno se vi fossero le condizioni generalmente previste per l’ingresso .
Tuttavia, l’articolo 13, al comma 13, prevede che il Ministro dell’Interno possa, discrezionalmente, rilasciare una speciale autorizzazione all’ingresso nei confronti di cittadini extracomunitari.
E’ chiaro che questa autorizzazione non viene rilasciata d’ufficio o automaticamente, così come è altrettanto chiaro che questa speciale autorizzazione, lo straniero, potrà richiederla sperando in una qualche probabilità d’ascolto solo se prima dimostra di avere ottemperato al provvedimento di espulsione.
Di fatto, quindi, la possibilità di inoltrare la domanda di speciale autorizzazione al Ministro dell’Interno al rientro in Italia, in base all’art. 13 comma 13, può essere fatta valere unicamente presentando questa domanda presso il Consolato Italiano del paese di provenienza, perché questo è l’unico modo per dimostrare che lo straniero non è più in Italia e non si è trattenuto violando le norme, ma è uscito, magari in ritardo, dal territorio italiano e quindi ha rispettato il decreto di espulsione.
Viceversa, un’eventuale domanda inoltrata dall’Italia al Ministero dell’Interno attraverso un ufficio postale non avrebbe alcuna possibilità di essere accolta e sarebbe cestinata perché costituirebbe, in qualche modo, la prova o la confessione della perdurante inottemperanza al provvedimento di espulsione.
Questo però non è ancora sufficiente perché l’accoglimento di questa domanda resta del tutto discrezionale.

In passato, specialmente nei casi in cui lo straniero aveva anche altri familiari in Italia e quindi poteva dimostrare di avere anche un apprezzabile interesse a vivere e a stabilizzare la propria condizione di lavoro e di soggiorno in Italia, abbiamo visto che talune istanze di questo tipo sono state accolte dal Ministero dell’Interno, anche se non abbiamo la possibilità di dare una percentuale statistica del tasso di accoglimento.
Tuttavia in passato il Ministero dell’Interno ha accolto domande di questo tipo, specialmente a fronte di una contemporanea opportunità di lavoro regolare da parte dell’interessato.
In passato si usava tentare di far valere al massimo le speranze di successo da parte dell’interessato incrociando le due domande, ossia presentando, il datore di lavoro la domanda di autorizzazione all’assunzione dall’estero, e il cittadino straniero, presso il Consolato Italiano nel suo paese, la domanda di speciale autorizzazione al rientro in Italia.
Ad un certo momento della pratica, quando lo Sportello Unico dava il parere favorevole per il rilascio del nulla osta all’assunzione e la Questura segnalava l’esistenza dell’espulsione, inoltrando presso lo Sportello Unico questa copia della domanda nel frattempo presentata all’attenzione del Ministro dell’Interno, si poteva chiedere di tenere in sospeso la domanda per la quota, in attesa che il Ministero dell’Interno si pronunciasse.
L’intenzione era quella di chiedere al Ministero dell’Interno di valutare la situazione, tenere conto dell’assenza di precedenti penali, considerare la sussistenza di violazioni relative solo alle norme amministrative in materia di ingresso e soggiorno, della possibilità di essere assunti da un datore di lavoro disponibile, provata dall’inoltro della domanda attraverso il Decreto Flussi e della sussistenza delle condizioni per il rilascio del nulla osta presso lo Sportello Unico. Tutte queste indicazioni potrebbero infatti far ritenere al Ministero dell’Interno che, a fronte di un provvedimento di espulsioni, sussistono però tutte le condizioni affinché l’interessato possa tenere una condotta regolare in Italia. L’assenza di condizioni ostative potrebbe far ritenere opportuno il rilascio della speciale autorizzazione al rientro.
In passato alcune domande di questo tipo hanno avuto esito positivo.
Ora, con la nuova procedura, non si comprende ancora se si riuscirà materialmente e concretamente ad incrociare queste due istanze e quindi a tener ferma la definizione della domanda di nulla osta all’ingresso per lavoro, in attesa che il Ministro si pronunci sulla domanda di speciale autorizzazione al rientro. Questo perché, verosimilmente, la trattazione informatica di queste pratiche potrebbe produrre un filtro già a monte, in altre parole, potrebbe bloccare le domande riferite ad un lavoratore straniero colpito da un provvedimento di espulsione, senza farla neppure convogliare nel terminale, o quantomeno, senza farla pervenire agli uffici interessati.
Un aspetto positivo della strutturazione di questo nuovo sistema informatico, che quest’anno viene sperimentato per la prima volta, è che dovrebbe permettere agli Uffici Territoriali e quindi anche agli Sportelli Unici, di poter vedere immediatamente la pratica non appena caricata e acquisita dal terminale del Ministero dell’Interno.
Quindi vi potrebbe essere la possibilità ancora adesso di incrociare, con forse maggiore tempestività, le due procedure, quella di richiesta da parte del lavoratore straniero, personalmente, presso il Consolato italiano, della speciale autorizzazione al rientro, e quella del datore di lavoro che in Italia potrebbe, attraverso il sistema telematico, avviare la domanda di assunzione.
E’ comunque troppo presto per poter al momento dire se queste possibilità avranno o meno successo.

Speciale Melting Pot Europa sul Decreto Flussi 2007