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tratto da Repubblica.it

“Presunta incinta”, revocato il nulla osta

Altagracia, una ragazza dominicana, e i suoi legali, sono combattuti tra la rabbia e lo stupore. La rabbia nasce dalla consapevolezza di aver subito una grave ingiustizia, lo stupore dall’aver scoperto di averla patita al posto di altri non meno innocenti.

Ma prima di tutto bisogna sapere che Altagracia, fin da quando viveva a Santo Domingo, voleva fare l’infermiera: un mestiere che non piace tanto agli italiani. E’ infatti nella lista dei lavori esclusi dai limiti delle quote stabilite dai “decreti flussi”. In parole povere, se si vuole assumere un’infermiera (ma anche un calciatore, un artista o un manager stranieri) basta farne domanda. E, se si posseggono i requisiti imprenditoriali, si avrà il nulla osta che, appena giunto nelle mani del lavoratore, le autorità diplomatiche trasformeranno in un visto d’ingresso per l’Italia.

Era un pomeriggio dell’estate del 2006 quando Altagracia incontrò a Santo Domingo due italiani, un uomo e una donna. Si presentarono come i rappresentanti di una società specializzata nella ricerca e nella selezione del personale e offrirono a lei, e ad altre otto sue connazionali, un posto da infermiera in Italia. Tutte accettarono immediatamente.
In poche settimane arrivarono i nulla osta, quindi i visti, infine i biglietti aerei. A Milano, Altagracia e le sue amiche furono accolte da una rappresentante della società che le aveva reclutate. Quindi inviate a svolgere un corso di italiano e, infine, sostennero con successo l’esame per l’iscrizione all’albo professionale. Un’organizzazione davvero efficiente. Appena ottenuta la qualifica, Altagracia e le altre ebbero un colloquio di lavoro e l’assunzione. A lei toccò una casa di cura per anziani in in Liguria, nei pressi della Spezia.

Tutto a posto, dunque? Purtroppo no. Perché, di tutte le promesse che le erano state fatte, la più importante non veniva mantenuta: il permesso di soggiorno. E Altagracia sapeva perfettamente che, senza quel documento, la sua vita in Italia sarebbe stata sempre precaria. Cominciò a sollecitarlo. Si presentò ben sette volte, senza ottenere nulla, alla questura competente, quella di Alessandria. Le spiegarono che tutto dipendeva da chi le aveva trovato il lavoro. Alla fine, preoccupata ed esasperata, decise di rivolgersi al sindacato.
Mai l’avesse fatto. Qualche giorno dopo, con una telefonata, le comunicarono che era stata trasferita dalla Spezia a Bolzano. Un’evidente ritorsione, ma nulla di straordinario. Restava il mistero del permesso di soggiorno. Tutte le altre otto connazionali l’avevano ottenuto, lei no. E questo molto prima che cominciasse a pensare alla Cgil. Come mai?

La risposta, alla fine, anche se in modo informale, è arrivata. Sorprendente: “Perché sei incinta”. Ad Altagracia non risultava. La battuta di cattivo gusto di un datore di lavoro maleducato? No. Indagando ulteriormente, Altagracia ha risolto il mistero: una delle sue otto colleghe era veramente incinta. Ma gli “investigatori” della società per la ricerca del personale avevano fatto un po’ di confusione tra tutti quei nomi spagnoli. Col risultato di far risultare incinta lei. E, unica consolazione, di dare “per errore” il permesso di soggiorno alla connazionale incinta per davvero. Incredibile? Non quanto la conclusione della vicenda: nei giorni scorsi il nulla osta di Altagracia è stato revocato. Il permesso di soggiorno è sempre più lontano.
Giovanni Maria Bellu
(glialtrinoi@repubblica. it)