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Passa al senato con la fiducia il disegno legge sulle espulsioni dei comunitari

Alcuni commenti in attesa della fine dell'iter parlamentare

Giovedì 6 dicembre è stato votato al Senato, con 160 voti favorevoli e 158 contrari, il disegno di legge 1872 per la conversione in legge del decreto 181/2007, emanato dal Governo e prossimo alla scadenza della validità, 1° gennaio 2008, a parziale modifica del decreto legislativo 30/2007 che regola la presenza dei cittadini comunitari in Italia.
Il decreto è stato scritto sull’onda della reazione di indignazione, e di intolleranza, che ha seguito l’omicidio di una donna a Roma, omicidio per il quale è indagato un uomo di etnia Rom. Il decreto approvato e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il giorno successivo fu chiamato ‘decreto anti-rumeni’ e i suoi primi giorni di applicazione furono accompagnati da aggressioni e violenze razziste di cui vittime furono Rom o presunti tali in tutto il paese, ma in particolare a Roma.

Lo scorso 6 dicembre alcune modifiche a parziale miglioramento del decreto sono state ottenute grazie ad emendamenti proposti da alcuni dei partiti al governo. Il testo del disegno di legge e gli emendamenti discussi sono consultabili sul sito del Senato.

Alcuni commentatori sottolineano il miglioramento in particolare in merito alla pericolosità sociale, che nel disegno di legge fa riferimento alla realtà e attualità della pericolosità del cittadino comunitario di cui è chiesta l’espulsione.
Il concetto rimane comunque estremamente controverso a livello giuridico e, lo ricordiamo, fa ingresso nel nostro ordinamento nel 1930 con il codice Rocco.

La pericolosità sociale era caratterizzata dal fatto di costituire una caratteristica non necessaria ma eventuale dell’autore di reato; un presupposto per l’applicazione delle misure di sicurezza e non della pena; una caratteristica non permanente dell’autore di reato, essendo previsto il riesame della pericolosità. L’introduzione del sistema del doppio binario prevede da un lato il criterio della imputabilità e della pena, collegate alla colpevolezza dell’agente e, dall’altro, il principio della pericolosità quale presupposto per l’applicazione delle misure di sicurezza, aventi funzione di prevenzione speciale, ed applicabili ai soggetti imputabili e non.
L’art. 203 codice penale comma 1, stabilisce che “Agli effetti della legge penale, è socialmente pericolosa la persona, anche se non imputabile o non punibile, la quale ha commesso taluno dei fatti indicati nell’articolo precedente, quando è probabile che commetta nuovi fatti preveduti dalla legge come reati. […].”
Vale la pena entrare nel merito della questione della pericolosità sociale perché fa riferimento alla possibilità di compiere reati e anche alla possibilità di reiterarli.
Il problema fondamentale è quello dell’individuazione di criteri certi ed univoci per la delimitazione del concetto di pericolosità: questa infatti è concepita come il risultato di una prognosi sui comportamenti futuri, secondo un giudizio di probabilità, non di certezza.
La possibilità di individuare questi criteri in modo alquanto arbitrario è da anni dibattuta nel nostro paese e si teme che sia applicata sono forti pressioni politiche o spinte emotive. Entrambi questi fattori ci sembrano operare dietro la scelta di modificare il decreto sulla libera circolazione dei cittadini comunitari.
Perché non dichiarare socialmente pericoloso chi dichiara che sarebbe necessario utilizzare metodi nazisti per fare ordine e sicurezza? O chi ci rappresenta in Europa pur essendo stato condannato per razzismo e dimostrando ogni giorno di poter ripetere il reato? La scelta sembra quindi squisitamente politica.

Un netto miglioramento è contenuto nell’articolo che modifica la convalida dell’espulsione per chi appunto sia ritenuto soggetto pericoloso: il disegno di legge prevede la convalida del giudice ordinario, figura reintrodotta nel testo in discussione e approvato al Senato, che, se approvato, andrà a modificare gli articoli 13, 13bis e 14 del Testo Unico reintroducendo la figura del giudice ordinario per la convalida dell’espulsione, anziché il giudice di pace.
Ma non sono state messe in discussione, o sono state peggiorate, altre parti del decreto. Il provvedimento di allontanamento dal territorio dello stato potrà avere una durata di massimo 10 anni qualora sia adottato dal Ministero dell’Interno, prolungati dai 3 previsti dal testo in vigore; per quanto riguarda le espulsioni disposte dal Prefetto la durata dell’allontanamento passa da 3 anni nel testo in vigore a 5 nel disegno di legge.
Rimarrebbe invariato inoltre l’inasprimento da 1 a 3 anni di carcere per chi viola il divieto di reingresso, introdotto dal decreto 181/2007.
Sembra confermata quindi l’intenzione fortemente punitiva del decreto anti-rumeni che questo testo non attenua che in modo lieve. Permane l’impianto, forse sull’onda di un timore, ben riposto, di scontentare l’opinione pubblica, sancendo così, in maniera definitiva, una differenza, una frattura tra i cittadini comunitari e avallando la voglia di vendetta e di pogrom che ha attraversato questo paese lo scorso novembre. E che purtroppo, è bene sottolinearlo, è sempre stata presente in particolare nel confronti dei Rom.

Non viene nominato il trattenimento nei CPT ma si parla di trattenimento in strutture già destinate alla permanenza temporanea per chi sia sottoposto a procedimento penale. Una foglia di fico che conferma quanto temevamo ed abbiamo denunciato da questo sito fin dai primi giorni dell’entrata in vigore del decreto: il trattenimento nei CTP per i comunitari e la fine dell’illusione della libera circolazione anche per i cittadini comunitari. L’impressione è confermata dall’articolo 21 co. 1 del Decreto Legislativo 30 del 2007 che stabilisce: “Il provvedimento di allontanamento dei cittadini degli altri Stati membri dell’Unione europea e dei loro familiari, qualunque sia la loro cittadinanza, può altresì essere adottato quando vengono a mancare le condizioni che determinano il diritto di soggiorno dell’interessato ai sensi degli articoli 6, 7 e 13, salvo quanto previsto dagli articoli 11 e 12.” Articolo che peraltro ci fornisce la possibilità di ipotizzare un criterio di definizione della pericolosità sociale: la povertà. I cittadini comunitari sono titolari di un diritto di soggiorno solo se con un certo reddito. Chi non lo raggiunge e può gravare sulle casse dello stato italiano, si trova retrocesso a migrante. Questo è il senso del decreto, con peggioramenti più o meno attenuati dagli emendamento posti nel disegno di legge. Questo è il clima politico nel paese. Infatti, nei giorni successivi all’aggressione e nelle ultime settimane sono state emesse svariate ordinanze, su residenza, matrimoni e quant’altro, esperimento iniziato in comuni di regioni cosiddette rosse – si ricordi che la prima ordinanza che colpiva in modo particolare cittadini rumeni fu emessa dal Comune di Firenze alla vigilia di un incontro nazionale sul tema dell’integrazione degli stranieri (!) –, volte di nuovo a stabilire, questa volta a livello locale, i criteri della cittadinanza.

L’approvazione del decreto sicurezza ha segnato un passaggio che nessun emendamento seppur migliorativo potrà sanare: un governo si è mostrato battuto dalla propria impossibilità di gestire emozioni che richiedevano una risposta ben diversa e ben più rispettosa dell’opinione pubblica. O, forse, ha voluto cavalcare quelle emozioni e ha creato una situazione emergenziale in cui un presunto aggressore all’improvviso si è trasformato in un popolo e questo popolo è diventato criminale. Senza presunzione di innocenza.

Difficilmente si tornerà indietro. Difficilmente si ricucirà questo strappo che ci riporta a epoche precedenti lo stato di diritto, che, per sua natura, salvo in epoche disgraziate della nostra storia, si applica a singole persone e non a gruppi o a popoli.

Il nostro paese è sempre più spesso governato con il ricorso a nemici pubblici, sempre più spesso stranieri, nel nome dei quali invocare la tolleranza zero e che compromettono una fantomatica sicurezza. Fantomatica perché risulta difficile pronunciare la parola sicurezza dopo che un incidente in una fabbrica ha portato ad una morte atroce quattro operai alla dodicesima ora di lavoro. Dodicesima.

Elisabetta Ferri, redazione Melting pot