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Adolescenti e bambini immigrati: verso una scuola interculturale?

Nell’ultimo mese l’accesso all’istruzione dei bimbi e ragazzi stranieri è una questione alquanto dibattuta ma che forse non affronta le problematiche concrete che invece per chi, come gli insegnanti, ha a che fare con i bambini stranieri si tratta di questioni più evidenti e tangibili. Si parla di quote di presenza per gli stranieri nelle classi, di divieto d’accesso all’istruzione per bambini figli dei cosiddetti clandestini, si parla di test d’italiano e di integrazione. Un gran dibattimento soprattutto in Veneto e in particolare nella provincia di Treviso per la grandissima presenza di stranieri. Abbiamo intervistato Gabriella Bulian, insegnante elementare nel Comune di Treviso e referente scolastica per l’area intercultura.

D.Oggi esce un dato significativo: i dati Caritas che riguardano la presenza degli stranieri nei nostri territori sottolineano un aumento fortissimo di questa presenza; in Veneto, la nostra regione, si presenta sempre di più come una regione multiculturale, questo era segnato oggi nei quotidiani locali e tra i vari punti che venivano toccati uno era quello delle scuole. Io partirei da qui e dai dati della presenza dei bambini stranieri nelle scuole elementari.

R. I dati Caritas indicano questo aumento e nel futuro è previsto un aumento maggiore di bambini stranieri. L’anno scorso c’è stato un aumento di centomila alunni soprattutto ragazzini legati al ricongiungimento familiare, preadolescenti e non bambini e dunque con problemi di cui spesso non si parla. Quello che voglio dire è che questo aumento di bambini nelle scuole c’è, ma bisogna differenziarlo. Ci sono alunni stranieri nati in Italia, sono la seconda generazione e hanno bisogno di un certo tipo di intervento e di accoglienza che è proprio della seconda generazione con i genitori già nel nostro paese e dunque di fatto già in parte integrati; poi ci sono quelli che arrivano ex-novo che magari hanno 12, 13, 14 anni e che spesso sono arrabbiatissimi di essere qui perché non l’hanno scelto loro ma si ritrovano spostati di peso in una realtà che non conoscono, che spesso li rifiuta e non li integra e quindi da subito tutto diventa più complesso. Non è semplicemente un dato, c’è la necessità di analizzarlo bene, punto per punto.
Secondo me se parliamo dell’inserimento degli alunni stranieri dobbiamo tenere presente del momento in cui sono entrati in Italia o se si trovano qui da sempre, e poi l’età è un altro fattore importante perché i bimbi delle scuole materne ed elementari imparano molto facilmente l’italiano, non lo dico io ma i glottologi che nella fascia tra gli 8-10 anni l’apprendimento di una seconda lingua è più semplice. Diventa maggiormente un problema quando il ragazzino viene inserito immediatamente dopo aver fatto le scuole medie ad esempio a Nairobi e si ritrova in I superiore a Treviso.
Rispetto ai bambini più piccoli il problema non è l’inserimento, che normalmente avviene anche a Treviso nonostante tutte le difficoltà di questa città, carente di strutture di accoglienza comunali e dove non c’è un sostegno dei servizi sociali per queste famiglie che arrivano. All’interno della scuola i bambini imparano velocemente l’italiano (6 mesi circa per i cinesi che parlano una lingua assolutamente diversa dalle nostra) ma servirebbero gli strumenti per poter promuovere questo inserimento in maniera che sia facilitante per i bimbi, ma di per sé non è l’ inserimento un problema. L’emergenza riguarda i ragazzi più grandi, dei quali non si parla e che invece meriterebbero un attenzione un po diversa. Un’altra cosa che viene dimenticata e che invece è molto importante è il riconoscimento della loro storia personale. Questi ragazzini hanno una loro cultura e dei riferimenti culturali che spesso vengono dimenticati; sono ricchi della loro cultura, della loro storia anche personale e nazionale del loro paese d’origine, di questo dovremmo essere più attenti.

D. Parlavi della difficoltà di inserimento dei ragazzi più grandi perché arrivano già con un’esperienza di istruzione, di vita, di cultura e quant’altro e poi vengono sballottati in una realtà mai vista prima d’ora, quali sono queste storie?

R. Chiunque abbia visitato un paese del sud del mondo penso faccia questa considerazione, nel senso che viene a contatto con un senso della vita e una cultura completamente diversi dal nostro, immaginiamo questo stacco per un pre-adolescente cosa significhi soprattutto quando si trova in realtà che difficilmente lo accolgono perchè bisogna prestargli un’attenzione diversa e i professori sono sordi con classi numerose dove si sommano anche tutti i problemi dei ragazzi italiani e in più avere anche il problema della lingua. Qui si che vedo un discorso che potrebbe essere di cuscinetto, sarebbe necessario fare dei corsi di lingua italiana prima di inserirli nelle scuole superiori anche perchè hanno li strumenti culturali per capirlo, cosa che i più piccoli non hanno, mi riferisco a quelli che dicono facciamo le scuole separate per gli stranieri.

D. Infatti quando si parla di inserimento nella scuola e nel ciclo completo dell’istruzione, si parla di classi separate, di corsi per gli stranieri e test per l’accesso.

R. Per i bambini piccoli questa è un’assurdità assoluta. I bambini più piccoli stanno a contatto con i coetanei e più ci giocano insieme più sono motivati a imparare l’italiano e lo apprendono velocemente, per cui quest’idea non è neanche da prendere in considerazione. Per quelli più grandi sarebbe necessario immaginare qualcosa per imparare le basi dell’italiano nei primi mesi con delle persone preparate a questo.
In realtà cosa succede nella scuola italiana? che danno dei soldi perchè il Ministero della Pubblica Istruzione si è accorto dell’esistenza di questo problema, dà dei soldi per finanziare dei corsi, dei laboratori di L2 (lingua seconda) ma possono fare questi corsi solamente insegnanti che sono già dentro la struttura scolastica. Quindi si tratterebbe di fare degli straordinari per insegnare ai ragazzi stranieri la lingua italiana e contemporaneamente i ragazzi stranieri devono comunque essere inseriti nella classe a seconda dell’età che hanno. E’ evidente che c’è un disagio. In parte perchè gli insegnanti non tutti sono preparati per insegnare L2: bisogna essere motivati, conoscere un metodo, c’è una metodologia da seguire e non la si può inventare e secondo viene chiesto un plus lavoro che non tutti possono accettare di fare. Se istituzionalmente facessero, a gruppi di scuole superiori, dei corsi di introduzione all’italiano farebbero perdere anche meno tempo a questi ragazzi.
La legge dice che devono essere inseriti in base all’età, in realtà il primo anno lo perdono, sono regolarmente bocciati perché non possono avere le stesse competenze dei coetanei italiani, esempio non possono imparare Dante! Mentre su altre materie, lo stiamo dimostrando, probabilmente sono anche più preparati degli italiani, esempio i cinesi sono bravissimi in matematica. Forse una volta superato il problema della lingua non ci sarebbero molte altre difficoltà da parte degli alunni stranieri. Bisogna aiutarli, bisognerebbe che ci fosse un’uguaglianza di punto di partenza, per cui insegnare L2 prima dell’inserimento nella classe sarebbe molto importante, è un po’ quello che fanno in Inghilterra (lo straniero frequenta di corsi con personale preparato ad insegnare l’inglese)

D. Quando si parla di inserimento scolastico, un caso eclatante che ha fatto discutere è quello di Milano, ricordiamo che lo scorso Dicembre il Comune di Milano ha emesso una circolare sulle iscrizione alle scuole dell’infanzia che prevede nuove regole rispetto all’accesso dei bambini stranieri precludendole ai figli di immigrati senza documenti. Ma quando parliamo di scuola, esiste un diritto all’educazione e all’istruzione. Cosa ne pensi tu?

R. Penso che sia una cosa fuori legge. Da parte del Ministero della Pubblica Istruzione ci sono stati dei piani normativi che sono molto avanzati rispetto a ciò, promuovendo l’inserimento dei bambini, proprio dei più piccoli. Esiste una circolare in materia emessa due anni fa che è molto avanzata. Tutto ciò che va al di fuori di questo è assurdo e fuori legge, nemmeno da prendere in considerazione. Avere tanti bambini stranieri in classe diventa un problema perchè è difficile l’insegnamento in classi dove si hanno 18 alunni stranieri e 2 italiani. Ma tutto ciò non è impossibile, esistono realtà, anche di colleghe, che riescono nell’insegnamento dell’italiano, anche in provincia di Treviso e con risultati che arricchiscono un po’ tutti alla fine. E’ difficile e necessario superare molti pregiudizi.
Se viene emessa una circolare in cui si dice che non si possono inserire più di 10-15% bambini stranieri in ogni classe, ci chiediamo dove mettiamo gli altri; se vengono utilizzati dei pulmini per portare gli alunni stranieri in scuole più lontane dove ci sono più alunni italiani, benissimo, è molto meglio avere tre stranieri per classe che averne 15 in una classe. Si può organizzare il pulmino che fa il giro di porta ad esempio e non negare l’iscrizione. Il fatto che ci siano bambini stranieri non regolarmente soggiornanti credo che siano pochissimi, almeno qui a Treviso.