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Decreto Legislativo 19 novembre 2007, n.251

Rifugiati e protezione sussidiaria: dal 19 gennaio in vigore importanti novità

Il 4 gennaio 2008 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il testo definitivo, che entrerà in vigore il 19 gennaio, del Decreto Legislativo 251, del 19 novembre 2007, emanato in recepimento della Direttive Europea 2004/83/CE sulle norme minime per l’attribuzione della qualifica di rifugiato e della protezione sussidiaria.

Il Decreto fissa nuove regole e requisiti per il riconoscimento della protezione internazionale, in attesa del decreto di recepimento della direttiva 2005/85 CE del 1 dicembre 2005, che modificherà radicalmente le procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria.

La prima rilevante modifica è l’introduzione della qualifica di protezione sussidiaria, riconosciuta dalla Commissione qualora non sussistano i requisiti per il riconoscimento della qualifica di rifugiato, e caratterizzata da essere uno status, come la qualifica di rifugiato, non più una forma di protezione arbitraria e scarsamente regolamentata come era prima la protezione umanitaria: non status riconosciuto alla persona, ma permesso concesso allo straniero su raccomandazione della Commissione per il riconoscimento dello status di rifugiato e rilasciato a discrezione della Questura ai sensi dell’art. 5 co.6 del TU.

L’art. 2, infatti, definisce:
“e) “rifugiato”: cittadino straniero il quale, per il timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o opinione politica, si trova fuori dal territorio del Paese di cui ha la cittadinanza e non può o, a causa di tale timore, non vuole avvalersi della protezione di tale Paese, oppure apolide che si trova fuori dal territorio nel quale aveva precedentemente la dimora abituale per le stesse ragioni succitate e non può o, a causa di siffatto timore, non vuole farvi ritorno, ferme le cause di esclusione di cui all’articolo 10;
f) “status di rifugiato”: il riconoscimento da parte dello Stato di un cittadino straniero quale rifugiato;
g) “persona ammissibile alla protezione sussidiaria”: cittadino straniero che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel Paese di origine, o, nel caso di un apolide, se ritornasse nel Paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno come definito dal presente decreto e il quale non può o, a causa di tale rischio, non vuole avvalersi della protezione di detto Paese;
h) “status di protezione sussidiaria”: il riconoscimento da parte dello Stato di uno straniero quale persona ammissibile alla protezione sussidiaria; […]”

Lo status di rifugiato
Il decreto negli articoli successivi stabilisce quali debbano essere i fatti esaminati e definisce gli atti di persecuzione, nei quali viene inserita anche la violenza sessuale e le sanzioni giudiziarie sproporzionate, nonché, altro elemento di interesse, le azioni giudiziarie in conseguenza del rifiuto di prestare servizio militare in un conflitto, qualora questo possa comportare il fatto di commettere crimini di guerra o contro l’umanità. Per ottenere la qualifica di rifugiato gli atti di persecuzione devono essere riconducibili ai motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un particolare gruppo sociale, opinione politica.
L’art. 9 definisce i motivi di eventuale cessazione dello status, che deve sempre essere dichiarata “sulla base di una valutazione individuale della situazione personale dello straniero.”
E all’art.10 vengono stabiliti i criteri di esclusione, che fanno riferimento alla Convenzione di Ginevra. Si aggiunge però il preoccupante riferimento a reati commessi, che nella direttiva europea sono definiti come gravi e “particolarmente crudeli” nel decreto di recepimento invece la gravità viene valutata tenendo conto della pena prevista per il reato che va da un minimo di quattro a un massimo di dieci anni.

La protezione sussidiaria
L’art. 14 del Decreto Legislativo 251 del 19 novembre 2007 definisce cosa si debba intendere per danno grave:

“a) la condanna a morte o all’esecuzione della pena di morte;
b) la tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante ai danni del richiedente nel suo Paese di origine;
c) la minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale.”

Lo status può essere cessato qualora vi siano modifiche significative e durature alla situazione che ha determinato la richiesta e il riconoscimeto della protezione internazionale.

Contenuto della protezione internazionale
Il punto più interessante e che introduce un elemento di novità sostanziale è la tutela del nucleo familiare per entrambi i tipi di protezione.
I familiari dei beneficiari di protezione, qualora non venga loro estesa la protezione, potranno essere ricongiuti, o, se si trovano già in Italia, avere un permesso per motivi di famiglia.
La possibilità di effettuare il ricongiungimento è attaulmente un diritto al quale hanno accesso solo i rifugiati e non i titolari di permesso per protezione umanitaria, di fatto sostituito dalla protezione sussidiaria, come definito dall’art.22 co.4 “Lo straniero ammesso alla protezione sussidiaria ha diritto al ricongiungimento familiare ai sensi e alle condizioni previste dall’articolo 29 del citato decreto legislativo n. 286 del 1998. Si applica l’articolo 29-bis, comma 2, del medesimo decreto legislativo n. 286 del 1998.”
Secondo quanto previsto dall’art. 22 co.4 il titolare di protezione sussidiaria, a differenza del rifugiato, dovrà dimostrare di possedere i requisiti per il ricongiungimento familiare, previsti dall’art.29, alloggio e reddito minimo derivante da fonti lecite, mentre il titolare di status di rifugiato è esentato dal possesso di questi requisiti,
ma, come per i rifugiait, con facilitazioni per quanto riguarda l’accertamento della parentela.

Il permesso di soggiorno per protezione umanitaria, rilasciato ai sensi dell’art.5 co.6 non scomparirà, ma è prevedibile che divenga numericamente residuale e sia riferito a situazioni in cui non sussiste né persecuzione né pericolo di danno grave, ma comunque non si ritenga opportuno non concedere un permesso di soggiorno ed eseguire così l’espulsione.

I permessi di soggiorno avranno durata superiore a quella attuale: 5 anni quello per rifugiato e tre anni, rinnovabile, quello per protezione sussidiaria.

Un’altra importante novità è l’accesso al pubblico impiego per i titolari di status di rifugiato, introdotto dall’art. 25 co.2 “E’ consentito al titolare dello status di rifugiato l’accesso al pubblico impiego, con le modalità e le limitazioni previste per i cittadini dell’Unione Europea.”.
Entrambe le qualifiche garantiscono l’accesso all’occupazione e all’istruzione. L’assistenza socio-sanitaria è garantita a parità con il cittadino italiano.

Importanti disposizioni per gli attuali beneficiari di protezione umanitaria?
Il decreto, nelle disposizioni transitorie e finali, art. 34, dispone che “Allo straniero con permesso di soggiorno umanitario di cui all’articolo 5, comma 6, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, rilasciato dalla questura su richiesta dell’organo di esame della istanza di riconoscimento dello status di rifugiato, prima dell’entrata in vigore del presente decreto, è rilasciato al momento del rinnovo il permesso per protezione sussidiaria di cui al presente decreto.
5. Ai titolari del permesso di soggiorno umanitario di cui al comma 4 sono riconosciuti i medesimi diritti stabiliti dal presente decreto a favore dei titolari dello status di protezione sussidiaria.”

Alcune considerazioni
Queste misure forniscono una prima parziale risposta al vuoto normativo che non consente di fatto di rendere operativa quella parità tra rifugiato e cittadino italiano che viene garantita sulla carta dalla Convenzione di Ginevra.
Rimangono inalterati numerosi problemi come quello del riconoscimento del titolo di studio o delle qualifiche professionali o, banalmente, della patente di guida.

Un aspetto che desta preoccupazione è che la tortura sia considerata danno grave e non evidenza di persecuzione, o fondato timore di persecuzione laddove viene praticata con sistematicità. Tre corti internazionali in tre sentenze relative a domande di asilo presentate, e rigettate, da cittadini eritrei – Corte di appello degli Stati Uniti (Nuru v. Gonzales, 404 F.3d 1207 (9th Cir.), Corte Europea dei Diritti dell’uomo (Said v. the Netherlands, Application no. 2345/02), Tribunale d’Appello del Regno Unito (Appeal No: Eritrea CG [2005]UKIAT 00106) – hanno riconosciuto lo status di rifuigiato a eritrei disertori proprio alla luce del fatto che se fossero tornati sarebbero stati torturati, e questo costiuisce un evidente timore di persecuzione.

Redazione Progetto Melting Pot

Vai al testo della circolare emanata dal Ministero dell’Interno il 6 marzo 2008