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da La Nuova Venezia del 17 Gennaio 2008

Venezia – La carica di sessantamila immigrati

Sono 15.000 in più rispetto all’ultimo rilevamento della Caritas

Gli ultimi 3.000 arriveranno grazie al decreto flussi approvato dal governo.
Gli albanesi sono i più numerosi in provincia Mentre in città prevalgono i bengalesi

Quella Veneziana è una provincia sempre più multiculturale, sempre più multirazziale. Il boom di residenti stranieri nel 2007 e, in previsione, nel 2008, è a dir poco sorprendente. Dati alla mano, con l’ultimo decreto flussi che nel territorio lagunare contempla l’ingresso di altri 3 mila immigrati, nel corso di quest’anno gli stranieri toccheranno quota 60 mila. Proprio così. 15 mila in più dell’ultimo rilevamento della Caritas, datato 31 dicembre 2006. Con un balzo percentuale che supera il 30 per cento. Si tratta in parte di veri e propri nuovi arrivi, chiamati da datori di lavoro italiani e non. In parte, invece, questa cifra comprende un numero elevato di persone che emergono dalla clandestinità, diventando regolari. Sia quel che sia, l’incidenza degli immigrati sul totale della popolazione veneziana è ormai sempre più marcata. Adesso, infatti, ogni 100 cittadini della provincia, sette sono stranieri. A fine 2006 il rapporto era di 5 a 100. Per quanto riguarda le nazioni di provenienza, nel territorio lagunare la popolazione più numerosa è ancora quella albanese. Nel capoluogo, dominano sempre i bengalesi.
Restano perplessità sull’ultimo decreto flussi: le quote riservate ai moldavi, che svolgono per lo più il lavoro di badante, sono esigue: 164. Le richieste d’ingresso, invece, sono circa un migliaio. Destano invece preoccupazione gli inserimenti nelle scuole elementari di bambini che non conoscono una parola della nostra lingua. «Bisogna investire molto in mediatori culturali e pensare a una politica seria per affrontare questa grande trasformazione», dice Claudio Borghello, consigliere comunale a Ca’ Farsetti.

Il boom. I residenti stranieri in provincia, insomma, sono ormai 60 mila. 15 mila in più di quelli rilevati dalla Caritas a fine 2006. D’altro canto, la situazione è chiara. I due decreti flussi che hanno caratterizzato il 2007 hanno di fatto regolarizzato e introdotto in laguna 6 mila cittadini extracomunitari. A questi, bisogna aggiungere i circa 1.500 ricongiungimenti che, ogni anno, caratterizzano la nostra Provincia. E i 3 mila e 500 rumeni neocomunitari, molti dei quali lavoravano nel sommerso fino all’entrata in Europa.
Fra questi 3 mila e 500, dicono i sindacati, ci sono di sicuro anche alcuni moldavi con il doppio passaporto (romeno-moldavo). A fine 2007, insomma, come ricordato di recente da un aggiornamento della Caritas presentato a Padova, gli stranieri in provincia sono 56 mila. Il 25 per cento in più di quelli rilevati un anno prima. Ma a questi bisogna aggiungere anche i prossimi ingressi previsti dall’ultimo decreto flussi. E i disagi non mancano.
Problema scuola. Infatti, il boom di residenti stranieri in provincia apre molte questioni legate soprattutto all’istruzione. «I problemi maggiori si verificano soprattutto nelle scuole elementari – spiega Claudio Borghello, consigliere comunale di Venezia – e in particolare con i bambini immigrati non accompagnati. Servono investimenti e mediatori culturali».
Quota 3 mila. Intanto, la ripartizione per Provincia delle quote relative all’ultimo decreto sono state comunicate, in via ufficiosa, lunedì. In realtà la Regione, che ha competenza in materia, ha distribuito il 70 per cento degli «ingressi» disponibili. Un altro 30 per cento verrà definito nei prossimi giorni, a seconda delle esigenze. In ogni caso, per il Veneziano le quote riservate superano di gran lunga le previsioni. Le domande di ingresso pervenute al sistema ministrale da patronati, associazioni datoriali e privati nel mese di dicembre (il 15, il 18 e il 21) si attestano a 14 mila e 600. Secondo quanto comunicato dalla direzione regionale, le quote concesse in provincia sono per ora 2.847. 897 riguardano lavoratori che provengono da Paesi cosiddetti riservatari. Quelli, cioè, che hanno formalizzato con l’Italia dei precisi accordi bilaterali. Albania, Algeria, Bangladesh, Filippine, Egitto, Ghana, Marocco, Moldavia, Nigeria, Pakistan, Senegal, Somalia, Sri Lanka, Tunisia e altre Nazioni che hanno concluso accordi finalizzati alla regolamentazione dei flussi di ingresso e delle procedure di riammissione. Altre 1.760 quote si riferiscono all’ingresso di lavoratori con cittadinanza diversa rispetto a quella indicata prima, da impiegare in qualità di domestici o assistenti alla persona (leggi, badanti). Le ultime 190 quote contemplano le «conversioni»: da studio a lavoro, da contratti stagionali a contratti a tempo indeterminato.
Le badanti. L’invio telematico delle domande deciso nell’ultimo decreto flussi ha creato il caos. Nei primi 30 minuti tutte le richieste sono in pratica esaurite. Per quanto concerne i cittadini moldavi, in 12 minuti le quote previste a livello nazionale erano complete. Guardando ai numeri, per certi versi si resta perplessi. Le cittadine moldave «chiamate» in Italia dalle famiglie veneziane in cerca di una badante (o desiderose di regolarizzare la collaboratrice già presente in casa) sono state circa un migliaio. Ma solo 164 domande verranno accolte. Le altre lavoratrici saranno per lo più costrette alla clandestinità.
Il caos. Per i bangladeshi, la comunità più presente nel comune di Venezia, la situazione è ancora peggiore.
Le domande di ingresso, partite dalla provincia a dicembre erano circa 1.500. Ma i posti disponibili sono ridotti al lumicino: 120. Ai cingalesi, poi, il sistema informatico ha riservato davvero brutte sorprese. La loro domanda di ingresso è stata accolta solo verso le 15 del pomeriggio, ovvero tardissimo.
Motivo? Nella loro domanda la dicitura del Paese di provenienza, lo Sri Lanka, è accompagnata dalla specificazione «Cylon» inserita fra parentesi.
Peccato che il sistema del ministero non legga proprio le parentesi.