Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da "Città Meticcia" febbraio/marzo 2008

Ravenna – Se il pericolo viene dal lavoro

I lavoratori migranti come anello più debole, spesso non formati e troppo ricattabili

Lavora dal lunedì al sabato compresi e racconta una storia triste, molto triste, ma purtroppo per certi versi emblematica. «Vivo giorno per giorno, come se fosse l’ultimo. Ricordo che qualche mese dopo essere arrivato in Italia, mentre lavoravo sono caduto da un’impalcatura e due amici mi hanno portato al pronto soccorso. Abbiamo detto che sono caduto dal tetto di casa mentre aggiustavo l’antenna. La frattura non era grave, ma sono rimasto due mesi senza lavoro e senza paga. In cantiere mi hanno subito sostituito».

È di questi giorni la notizia che la manifestazione nazionale dei sindacati confederali del primo maggio si terrà a Ravenna e sarà dedicata alla sicurezza, un tema che riguarda tutti i lavoratori e, i dati dicono, tantissimi lavoratori immigrati. I dati Inail del 2006 sulla provincia di Ravenna parlano di 1.826 infortuni denunciati da lavoratori stranieri su un totale di 12.355. Un numero, c’è ragione di credere, che in realtà potrebbe essere molto parziale, perché sono tanti a fare come Mustapha quando si trovano davanti al medico. Certo, è vero che spesso i migranti sono impiegati nei settori più a rischio, come l’edilizia. Ma esistono altri fattori che incidono sull’alta percentuale di infortuni?
«I lavoratori stranieri sono più ricattabili perché spesso hanno contratti precari – spiega Franco Garofalo del sindacato Cisl – per non parlare dell’innumerevole esercito degli invisibili, lavoratori in nero che non hanno nessun diritto. Non a caso cresce il disagio sociale e le fasce più colpite sono sempre i cittadini stranieri. E anche per quelli in regola, non è un segreto che, se perdono il lavoro, perdono anche il permesso di soggiorno. Questo fa sì che i datori di lavoro possono derogare alle norme con più facilità, perché non temono di essere denunciati. E poi c’è un problema di informazione. La legge 626 dice: “Il datore di lavoro assicura che “ciascun” lavoratore riceva una formazione sufficiente e adeguata in materia di sicurezza e salute con particolare riferimento al proprio posto di lavoro e alle proprie mansioni.” Questo non si verifica quasi mai, soprattutto non si fa la contro verifica che il lavoratore abbia percepito l’informazione data».
Un’analisi, questa, condivisa anche da Renzo Brunelli, della Uil, che aggiunge: «Il tema della sicurezza sul lavoro è un’emergenza nazionale e tutti devono assumersi le proprie responsabilità. Noi ci battiamo per un lavoro in sinergia con tutte le organizzazioni deputate al controllo e prevenzione degli incidenti sul lavoro, ma spesso manca una cultura della tutela della salute. Anche i media potrebbero contribuire di più a sensibilizzare l’opinione pubblica in questo senso».
Ada Assirelli della Cgil ha le idee chiare sulle ragioni del maggior rischio per i lavoratori immigrati e rivolge loro un invito. «Purtroppo gli stranieri sono l’anello più debole della catena; sono loro che compiono i lavori più rischiosi con una minima formazione, con l’aggravante di non capire la lingua. La formazione non si deve esaurire nel dare al lavoratore un opuscolo multilingue da leggere. I lavoratori stranieri non devono aver timore di denunciare un datore inadempiente in questo campo: la legge tutela “il lavoratore” senza distinguo».
Ma è chiaro che, oltre alla repressione e alla punizione, imprescindibile è l’aspetto della prevenzione. Da qui il ruolo cruciale dell’Ausl, uno degli organismi preposti alla salute dei cittadini e dei lavoratori. Malgrado l’organico ridotto (in questi ultimi anni non sono stati infatti sostituiti i lavoratori andati in pensione), il servizio preposto dell’azienda sanitaria cerca di proporre interventi mirati nei settori più critici, come l’edilizia e la macelleria.
«Abbiamo organizzato un corso di formazione pilota – racconta Marco Broccoli, dirigente medico del servizio – Prima di tutto, abbiamo cercato di capire le loro esigenze, facendoci raccontare la loro esperienza lavorativa nel paese d’origine e la loro vita. Ci siamo aiutati, poi, con filmati fatti da loro stessi sul posto di lavoro. In questo modo abbiamo potuto individuare insieme gli atteggiamenti scorretti, rischiosi. è stata un’esperienza di gran lunga soddisfacente, nella nostra verifica a distanza di un anno abbiamo constatato che non si è registrato nemmeno un infortunio fra questi lavoratori!»
Naturalmente, progetti come questi sono possibili quando i lavoratori non sono eccessivamente mobili, se non precari. Anche per questo motivo troppo spesso il ruolo dell’Ausl si riduce a un potere d’ispezione a disgrazia accaduta.
Edilizia, agricoltura, porto e metalmeccanico sono gli ambiti più tenuti sotto controllo dall’Ispettorato del lavoro, rivela il direttore della Direzione provinciale del lavoro Nicolò Carbone. «Le anomalie più comuni sono legate alla scarsa conoscenza delle normative nel campo della sicurezza». L’anno scorso esplose con un certo clamore la notizia della mancanza di mezzi e fondi (perfino per la benzina e le fotocopie) di questi uffici, compreso quello di Ravenna. Fortunamente, la legge 123 del 2007 prevede, a breve, l’arrivo di tre nuovi ispettori. Questi, dopo l’opportuna formazione (da non dare per scontata), dovranno cimentarsi anche con una nuova realtà emergente: quella degli imprenditori stranieri che danno lavoro a connazionali o semplicemente ad altri migranti. E che non sempre rispettano le norme.
«La formazione che riceve il lavoratore al momento dell’assunzione – spiega Francesco Lucci, direttore dell’Inail – non è sufficiente. Serve una formazione continua per verificare quanto abbia percepito e capito i reali rischi delle mansioni da svolgere. La formazione continua non può riguardare soltanto i rappresentanti dei lavoratori. Le aziende devono valutare con obiettività i rischi e organizzare il lavoro con la massima attenzione alla sicurezza per esempio organizzando i turni in modo equo fra i lavoratori (stranieri e non). La mobilità tra i reparti, per esempio, implica dover ri-formare il personale, perché certamente i rischi cambiano… Le aziende cominciano a capire che le iniziative di prevenzione degli infortuni non sono soldi sprecati: meno infortuni, si traduce in più giorni lavorati, più produttività e, soprattutto, dobbiamo mettere al primo posto che la salute del cittadino di qualsiasi nazionalità è un bene prezioso da salvaguardare a ogni costo! Infatti L’Inail intende appoggiare, anche finanziariamente, i progetti delle imprese in tema della sicurezza nei posti di lavoro». Finalmente una bella notizia. Speriamo che il primo maggio ravennate serva a portarne presto altre. «Abbiamo organizzato un corso di formazione pilota – racconta Marco Broccoli, dirigente medico del servizio – Prima di tutto, abbiamo cercato di capire le loro esigenze, facendoci raccontare la loro esperienza lavorativa nel paese d’origine e la loro vita. Ci siamo aiutati, poi, con filmati fatti da loro stessi sul posto di lavoro. In questo modo abbiamo potuto individuare insieme gli atteggiamenti scorretti, rischiosi. è stata un’esperienza di gran lunga soddisfacente, nella nostra verifica a distanza di un anno abbiamo constatato che non si è registrato nemmeno un infortunio fra questi lavoratori!»
Naturalmente, progetti come questi sono possibili quando i lavoratori non sono eccessivamente mobili, se non precari. Anche per questo motivo troppo spesso il ruolo dell’Ausl si riduce a un potere d’ispezione a disgrazia accaduta.
Edilizia, agricoltura, porto e metalmeccanico sono gli ambiti più tenuti sotto controllo dall’Ispettorato del lavoro, rivela il direttore della Direzione provinciale del lavoro Nicolò Carbone. «Le anomalie più comuni sono legate alla scarsa conoscenza delle normative nel campo della sicurezza». L’anno scorso esplose con un certo clamore la notizia della mancanza di mezzi e fondi (perfino per la benzina e le fotocopie) di questi uffici, compreso quello di Ravenna. Fortunamente, la legge 123 del 2007 prevede, a breve, l’arrivo di tre nuovi ispettori. Questi, dopo l’opportuna formazione (da non dare per scontata), dovranno cimentarsi anche con una nuova realtà emergente: quella degli imprenditori stranieri che danno lavoro a connazionali o semplicemente ad altri migranti. E che non sempre rispettano le norme.
«La formazione che riceve il lavoratore al momento dell’assunzione – spiega Francesco Lucci, direttore dell’Inail – non è sufficiente. Serve una formazione continua per verificare quanto abbia percepito e capito i reali rischi delle mansioni da svolgere. La formazione continua non può riguardare soltanto i rappresentanti dei lavoratori. Le aziende devono valutare con obiettività i rischi e organizzare il lavoro con la massima attenzione alla sicurezza per esempio organizzando i turni in modo equo fra i lavoratori (stranieri e non). La mobilità tra i reparti, per esempio, implica dover ri-formare il personale, perché certamente i rischi cambiano… Le aziende cominciano a capire che le iniziative di prevenzione degli infortuni non sono soldi sprecati: meno infortuni, si traduce in più giorni lavorati, più produttività e, soprattutto, dobbiamo mettere al primo posto che la salute del cittadino di qualsiasi nazionalità è un bene prezioso da salvaguardare a ogni costo! Infatti L’Inail intende appoggiare, anche finanziariamente, i progetti delle imprese in tema della sicurezza nei posti di lavoro». Finalmente una bella notizia. Speriamo che il primo maggio ravennate serva a portarne presto altre.

Angelica Morales