Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Da Carta del 11 febbraio 2008

Sconfitta in tribunale la circolare razzista di Letizia Moratti

I figli dei migranti «irregolari» potranno andare alla scuola materna anche nel Comune di Milano. Ci voleva la parola di un giudice per mettere al palo un’ovvietà tanto scontata, ma non a Milano. Il giudice della prima sezione civile del tribunale milanese, Claudio Marangoni, ha accolto il
ricorso presentato da una donna marocchina che si era vista rifiutare l’iscrizione della figlia alla scuola materna in base alla circolare razzista del dicembre 2007 che vieta l’iscrizione ai figli di migranti senza permesso di soggiorno o in attesa del rinnovo. Il giudice ha detto che la circolare è discriminatoria. Ma non solo, ha anche scritto che in Italia, un minore, «gode del diritto di rimanere sul territorio nazionale e di avere tutti i diritti di assistenza che ciò comporta, a prescindere dalla condizione di regolarità o irregolarità dei genitori». Formalmente, il giudice ordina così al comune di cancellare la parte discriminatoria della circolare o comunque modificarla nel senso.

Il ricorso era stato presentato il 15 gennaio scorso. La storia della donna è emblematica: 37 anni, mamma, migrante e lavoratrice precaria. L’avvocato Alberto Guariso ci racconta che meno di due anni fa, durante la maternità, la donna, essendo precaria, fu licenziata senza problemi. Perse così il lavoro e in base alla Bossi-Fini il permesso di soggiorno. Poi il calvario per cercare un altro impiego, difficile per una donna italiana in maternità, figurarsi per una marocchina a Milano. Il ricorso contro il Comune–continua il legale–si è basato sul Testo unico sull’immigrazione e sul presupposto giuridico che la condizione dei genitori non può influire sui diritti dei figli. «Secondo questo regolamento –dice Guariso–il minore non è mai clandestino. La convenzione internazionale sui diritti del fanciullo di New York, poi, spiega che lo Stato deve sempre prendere decisioni a vantaggio del bambino». E così è stato.

La sindaca Letizia Moratti e la sua giunta hanno sempre difeso a spada tratta la circolare, anche a costo di rimetterci i soldi del ministero dell’istruzione. Il ministro Giuseppe Fioroni, infatti, a fine gennaio, aveva minacciato di togliere la parità scolastica alle scuole materne milanesi e quindi tagliare i quasi 8 milioni di euro di finanziamenti se il comune non avesse cambiato la circolare. «Senza quei fondi dovremo tagliare molti posti. Il ministro se ne assuma la responsabilità» aveva risposto seccata Moratti. La questione era finita anche a Bruxells grazie
all’europarlamentare Vittorio Agnoletto che, insieme ad altri trenta eurodeputati, aveva presentato a inizio gennaio un’interrogazione parlamentare nella quale si chiedeva alla Commissione europea di prendere posizione. Secondo Agnoletto la circolare non rispettava alcuni principi della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in particolare gli articoli 14 e 24.

Il 26 gennaio, poi, durante la giornata di azione globale del forum sociale mondiale, la circolare razzista era stata la protagonista della giornata milanese. Un grande girotondo impertinente aveva circondato Palazzo Marino, sede del comune di Milano. Una catena umana fatta da bambini e genitori, insieme alle associazioni e ai movimenti milanesi. Un caloroso abbraccio simbolico a quelle istituzioni che non hanno mostrato un minimo ripensamento rispetto alle politiche sociali e di integrazione di questi ultimi anni. Come oggi. «Un gioco alla strumentalizzazione» l’ha definito l’assessore alle politiche sociali Mariolina Moioli appena avuta la notizia del ricorso accettato. «Non c’era bisogno di rivolgersi alla magistratura, avremmo accolto la figlia comunque». Un punto, questo, sul quale insistono molto gli avvocati. «Bisogna chiarire se parliamo di diritti oppure no» dice Guariso. «Per noi, ed ora anche per il giudice, è
un diritto, non un favore o una scelta discrezionale che può fare questo o quell’assessore».

Roberto Maggioni