Se il Veneto riesce ad avere un alto tasso di produttività lo deve anche agli immigrati. Lo dicono tra le righe i dati del Dossier 2008, a cura dell’Osservatorio regionale sull’immigrazione, presentato ieri mattina a Padova. Il rapporto, che contiene dati relativi al 2007, calcola in 166 mila gli stranieri lavoratori (l’8% del totale) e sottolinea che, ad oggi, un assunto su 4 è straniero. Con l’allargamento dell’Unione europea dello scorso anno, inoltre, il numero di lavoratori romeni ha subito un’impennata. Positivo anche il dato dell’imprenditoria, al 6%. I disoccupati, invece, sono 19mila e altre 15mila persone costituiscono il gruppo delle “forze di lavoro potenziali”.
Il fatto che il Veneto sia la seconda regione dopo la Lombardia per numero di stranieri (382mila presenze) ormai è risaputo. Meno noto invece è il fatto che gli immigrati che lavorano sono il 69%, un dato superiore di due punti rispetto alla media nazionale: “Particolarmente elevato – si legge nel rapporto – e’ il tasso di occupazione dei maschi (89%), mentre quello delle donne risulta più contenuto rispetto alla media nazionale”.
Fra gli stranieri l’incidenza del lavoro autonomo è più bassa che fra gli italiani (a lavorare in proprio è il 12% degli immigrati contro il 27% degli autoctoni). Ma il peso dei migranti è notevole specialmente nell’industria: “pesano” per il 10% sull’occupazione manifatturiera e per il 19% sulle costruzioni. “Il principale settore di occupazione – prosegue il rapporto – è quello industriale, dove lavorano circa 66mila immigrati; 33 mila sono impiegati nelle costruzioni e 63 mila nei servizi. Il Veneto si caratterizza per il peso dominante delle figure operaie specializzate (42%)”. Tra le aziende venete, se ne contano circa 100mila che ogni anno assumono lavoratori dipendenti: nel 2007, circa 40mila di queste hanno assunto lavoratori stranieri.
Notevole anche il dato sugli imprenditori non italiani, che sono passati in un anno dal 3% al 6%. “Sono evidenti – spiega il Dossier – alcune specializzazioni settoriali come quella dei cinesi nel tessile e nella ristorazione, dei marocchini nel commercio, nelle costruzioni e nei trasporti. Ma anche di serbi, albanesi, macedoni e bosniaci nelle costruzioni; mentre bangladesi, nigeriani e senegalesi prevalgono di nuovo nel commercio”.
Un capitolo a parte è quello relativo alle assistenti familiari, per le quali l’offerta di lavoro da qui al 2020 dovrebbe aumentare in modo esponenziale, visto che le proiezioni stimano un aumento del 50% degli over 75. La domanda di assistenza crescerà quindi tanto da far temere un “esaurimento” dei soggetti disponibili alla migrazione.
Lo stesso problema, anche se al contrario, lo avranno presto i Paesi d’origine degli immigrati, ha spiegato l’assessore regionale ai Flussi migratori, Oscar De Bona: “L’esodo verso l’Italia e altri Paesi sta impoverendo di manodopera le nazioni d’origine che cercano ora di frenare questo flusso. Siamo di fronte quindi a uno scenario che in futuro potrà cambiare, soprattutto dal punto di vista delle nazionalità che migrano”. L’assessore ha ricordato anche il Programma 2007-09 sull’immigrazione che “consente di pianificare delle politiche valide grazie alla certezza delle risorse in campo”.