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Da Carta del 25 aprile 2008

Sulle strade del nordest

“Sì, è successo due settimane fa, un treno in manovra ha investito un camion. No, nessuno si è fatto male. Il fatto è che i camionisti stranieri, per la maggior parte romeni, ungheresi o dell’ex-jugoslavia, non rispettano la fila, né i segnali. Hanno sempre fretta. Noi sui treni comunichiamo via radio, e abbiamo tutti accesso al comando per togliere l’aria ai freni, ma sai… questi bestioni ci mettono un po’ a fermarsi… Ma che fai, scrivi?! Non metterai mica il mio nome, eh?!”. 
Scene di ordinaria insicurezza in uno degli interporti veneti, dove si realizza il trasporto “intermodale” delle merci. Cioè a dire che negli interporti (in genere consorzi a capitale misto pubblico-privato) arrivano i camion, presi in consegna dagli operai dei consorzi che sistemano i container sui treni. E arrivano i treni dai quali si scaricano i container con le merci che poi gli autotreni portano a destinazione nel raggio degli ultimi 100-200 chilometri.
Il due terzi circa dei camion che si vedono in circolazione sulle strade percorrono tratte brevi come queste. Come ebbe a sottolineare un rappresentante di categoria all’indomani della rimozione dei blocchi che lo scorso dicembre misero in ginocchio lo Stivale, “la funzione dei ‘camion’ nella nostra economia è ineliminabile”. Un segretario di categoria di un’associazione degli artigiani si spinse ben oltre, mandando a dire ai governanti, che erano appena scesi al tavolo delle trattative: “Non pensiate che nel breve periodo si possano trasferire quote significative del trasporto merci da gomma a rotaia perché le percentuali adesso sono dell’80% in favore della gomma e dell’8% in favore del treno. Considerando lo stato pietoso delle ferrovie italiane…”.


1.

Poche battute che danno uno spaccato di quello che è la logistica nel nord-est e non solo. Un settore elevato negli ultimi decenni a scienza di amministrazione del ciclo produttivo frammentato, basato sul just in time. In Veneto su circa 13 mila imprese che operano in questo settore (per inciso, l’Istat non lo riconosce come settore autonomo: le cifre vengono ottenute attraverso elaborazioni periodiche dell’Osservatorio logistico regionale) ben 12 mila, pari al 92%, sono imprese di trasporto merci su strada. Ovvero camionisti e corrieri che nell’84% dei casi sono lavoratori autonomi: i cosiddetti padroncini. 
Ma a parte la vittoria dello scorso dicembre, la strada per loro è ancora in salita, se non altro perché il governo a cui avevano chiesto e dal quale avevano ottenuto sgravi fiscali sul costo dei carburanti, esploso in questi ultimi anni, è decaduto. “Io fatturo 11 mila euro al mese, ma quello che alla fine mi resta in tasca è poco più di quello che guadagnavo da dipendente” protesta Franco un camionista di Verona. I conti sono presto fatti. Con un litro di gasolio (a 1,3 euro al litro) una motrice non fa più di 1,5 chilometri, mentre le tariffe oscillano tra gli 80 centesimi e l’1,20 euro al chilometro. Tolte le spese (400 euro per un pneumatico, decine e decine di litri di olio ad ogni “tagliando”) il margine è davvero stretto. 
La loro massima preoccupazione è concentrata sulla concorrenza sleale degli operatori esteri: “Ci sono imprese italianissime, emigrate in Europa dell’Est 15 anni fa, che continuano a fare lo stesso lavoro che facevano prima pagando salari, gasolio, e tasse, in particolare l’Iva, rumene o ungheresi o polacche”. I quattro-cinque milioni di lire netti al mese che una volta guadagnava il camionista in Italia oggi sono diventati 1.500-1.600 euro al mese. Buoni per vettori stranieri dell’Europa dell’Est ma troppo pochi per vettori italiani che prima di sentire la stretta del gasolio e del dumping sociale, riuscivano a mantenere il potere d’acquisto. 


2.

L’analisi della distribuzione degli addetti ci permette di aprire lo sguardo anche sul resto della logistica veneta. Gli addetti al trasporto su strada, che come abbiamo visto rappresentano la prima voce del settore, sono 34 mila su un totale regionale di 54 mila. Ovvero il 63% degli addetti. Con 8 mila operatori, Padova detiene il primato in questo comparto, seguita da Verona (6.800), Treviso (6.700), Vicenza (5.500) e Venezia (4.800).

La seconda voce più consistente del settore è invece rappresentata dalla movimentazione delle merci, che annovera circa 12 mila addetti. Qui il primato è detenuto da Verona che con il solo interporto del Quadrante Europa, lo scalo merci della stazione di Porta Nuova e il nuovo mercato ortofrutticolo, occupa quasi 5 mila addetti. Davanti a Venezia che ne occupa 2.400. La città lagunare ha ovviamente un punto di eccellenza nei trasporti marittimi, nelle operazioni doganali e nelle attività di interscambio, ma il baricentro della logistica si situa nel Veneto occidentale, con Verona che occupa il 24% del totale degli addetti, seguita da Padova con il 19% e da Venezia, appunto con il 17%. 

Nell’interporto Quadrante Europa di Verona si realizza il 30% di tutto il traffico combinato italiano e il 50% di quello destinato oltre frontiera. Nel 2007 vi sono transitate 7,2 milioni di tonnellate di merci su ferrovia e oltre 20 milioni di tonnellate su gomma. In particolare sono trattati i traffici merci internazionali provenienti o diretti al centro-nord Europa attraverso il Brennero, i traffici da e per la Francia e la Spagna e per i Paesi dell’Est europeo. La struttura occupa una superficie di oltre 2,5 milioni di metri quadrati dove trovano posto circa 100 aziende per un totale di 4 mila addetti. Cuore dell’interporto è il terminal trasporti combinati che si estende su una superficie di 800 mila metri quadri (attualmente occupata per meno della metà, ma 500 mila metri quadri saranno a breve destinati per integrare lo scalo merci ferroviario della stazione di Porta Nuova, che è sul punto di chiudere e trasferirsi). Tra tutte le aziende la parte del leone è giocata dalla Volkswagen Italia, il cui centro logistico occupa una superficie di 150 mila metri quadri. Forse non è un caso che nel 60% dei casi la destinazione dei treni che partono dal Quadrante Europa sia la Germania. Tra gli operai, si evidenzia il solito dualismo tra chi lavora in subappalto, per lo più da precario, e i dipendenti diretti del consorzio o delle principali aziende che lo compongono. 


3.

Secondo alcune ricerche, circa il 20% delle imprese della logistica, accanto al tradizionale servizio di trasporto, offrono servizi “integrati”, vale a dire che si occupano di outsourcing, per lo più nel campo della gestione dei magazzini aziendali. Si tratta, per la maggior parte di imprese estere insediatesi in Italia durante gli anni Novanta, come ad esempio Tnt e Dhl. Che hanno contribuito a svecchiare l’offerta della logistica italiana. Per un altro verso, però, si sono innestate organicamente nel tessuto locale, entrando in simbiosi col sistema, talvolta truffaldino, delle cooperative. Il giochetto è stato scoperto e battuto dalle vertenze condotte negli ultimi mesi dal sindacato Adl Cobas: la multinazionale appalta la gestione dei magazzini ad un consorzio di cooperative che a sua volta gestisce gli appalti tra i suoi associati in modo che gli operai (per la maggior parte migranti) non abbiano mai a maturare diritti (tredicesima, ferie) e non abbiano mai a rivendicare miglioramenti salariali. Appena si profila lo spettro della rivendicazione, l’appalto va ad una nuova cooperativa e gli operai vengono riassunti ex-novo, o sostituiti. E’ successo alla Tnt di Padova e alla Dhl di Veronella, in provincia di Verona, che attraverso un consorzio gestiva i magazzini della Fiamm (batterie). I picchetti e i blocchi dei magazzini orditi dai lavoratori e dai militanti dell’Adl sono riusciti però in questi casi a imprimere una svolta a queste pratiche, garantendo allo stesso tempo aumenti salariali agli operai. Intervistato durante la sua presenza in prefettura, a Verona,dove era stato convocato per le pratiche di conciliazione, il rappresentante di uno di questi consorzi si è giustificato: “La pratica sarebbe truffaldina? Non lo so. So solo che con i costi non ci stiamo dentro”. O forse sono troppi gli intermediari che vivono sulle spalle dei lavoratori.

Michele Marcolongo