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Ancora morte a Venezia, frontiera d’Europa.

Un altro morto e altri respingimenti al Porto di Venezia nel giorno in cui le Associazioni convocano una conferenza stampa.

Alle undici del mattino la notizia ha cominciato a circolare e appena mezz’ora dopo era già una certezza: ancora un morto, ancora un uomo curdo iracheno, ancora su un tir, ancora proveniente dalla Grecia.

Non è un caso, non si tratta di una macabra coincidenza, il fatto che questa morte sia avvenuta proprio nella mattina in cui quasi cinquanta associazioni di Venezia, tra cui anche Melting Pot, si erano date appuntamento per una conferenza stampa che parlasse di quell’altro ragazzo morto in quell’altro tir, appena cinque giorni prima. Non è un caso perché si tratta di eventi strutturalmente connessi con le modalità di controllo delle frontiere d’Europa, di cui il porto di Venezia è un esempio emblematico.

Ci vogliono tragedie come questa, che si susseguono senza sosta e poche volte vengono alla luce, per accendere i riflettori almeno per un attimo su queste vite e su queste morti.
Solo quando si è diffusa la notizia di questo secondo cadavere, più recente, più vicino di quell’altro già dimenticato, molti giornalisti che avevano disertato la conferenza stampa delle associazioni si sono decisi a prendervi parte.
Forse stavolta nessuno darà la notizia semplicemente tra le previsione del tempo, dicendo che a Venezia qualcuno è morto dentro un tir per il caldo asfissiante, come ha fatto il Tg1 il 22 giugno sera.

I giornalisti intervenuti hanno infatti potuto ascoltare le denunce di chi, come Edoardo Montagnani, lavora per il Consiglio Italiano Rifugiati e ha dichiarato di non riuscire a svolgere le proprie mansioni di orientamento giuridico dei migranti lì al porto, vedendo in tal modo, davanti ai propri occhi, quotidianamente, violati il diritto non solo a chiedere asilo politico di molte delle persone che vengono respinte dalla polizia di frontiera, ma anche quello alla vita e alla dignità.
“in Grecia la situazione per i migranti e i richiedenti asilo è particolarmente difficile”, ha dichiarato, “l’Acnur, ma anche la Commissione europea hanno spesso espresso preoccupazione in questo senso”.

E infatti Latif, un 17 enne afghano venuto a raccontare con coraggio la sua storia, interrogato dai giornalisti sul viaggio fatto dice, senza mezzi termini, che un solo giorno in Grecia è come una discesa all’inferno. Ammassati nei centri di detenzione, picchiati senza motivo, senza avere accesso a servizi igienici, con pochissimo cibo e nessuna possibilità di rivendicare i propri diritti.
E’ questo il paese in cui la polizia di frontiera del porto di Venezia respinge chi arriva. Anche Latif è arrivato nascosto dentro un tir. Lui che è minorenne e proviene da una zona di conflitto. Non c’è altra possibilità per quelli come lui. Non esiste alcun modo di fare ingresso legale in Italia per chi è in fuga.
Ma almeno lui ce l’ha fatta e ora può raccontare la sua storia pensando a tutti quelli che non ci sono più.

A denunciare le stesse difficoltà incontrate da chi opera al Cir nel cercare semplicemente di fare il proprio lavoro consistente nella tutela di diritti giuridicamente sanciti, anche Rosanna Marcato e gli altri operatori del Servizio Pronto Intervento Sociale del Comune di Venezia, servizio che ha rinunciato a lavorare al porto proprio per questa ragione.
A seguire le parole del Professore Bruce Leimsidor, esperto in legislazione europea dell’immigrazione e quindi particolarmente dettagliato nello spiegare quanto profondamente e pericolosamente il diritto d’asilo venga svuotato e stralciato in queste pratiche di respingimento.
E poi l’Assessore alla pace Luana Zanella, a ricordare a tutti che è davvero un triste modo di celebrare il sessantesimo anno della Costituzione italiana e della Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo, questo lasciare morire ogni giorno alle frontiere persone che dovrebbero invece essere, proprio secondo questi testi, accolte e tutelate. Zanella ha poi ringraziato le Associazioni presenti, quest’altra faccia di Venezia che cerca di immaginare ancora, veramente, una città dei diritti e dell’accoglienza.

Mentre la conferenza stampa volgeva al termine, i migranti sopravvissuti a questa ennesima giornata di morte venivano ancora una volta respinti verso la Grecia.
Solo uno e solo perché si trovava esattamente nello stesso tir dove è stato trovato il corpo senza vita del giovane curdo, per motivi giudiziari quindi, ha potuto restare e ha fatto richiesta d’asilo.

Bisogna sfiorare la morte perché diritti minimi come questo vengano garantiti.
Oppure per entrare in Italia bisogna essere già morti, come è successo già due volte nell’ultima settimana.

di Alessandra Sciurba

Vedi anche:

Le frontiere della morte. Cosa accade al porto di Venezia?
Migrazioni tra Venezia e l’Europa. Ricordando i morti della Bazzera di Mestre.
Morte al porto di Venezia – nota di Beppe Caccia al Sindaco Cacciari.
Morte al porto di Venezia – Comunicato delle Associazioni.