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Cpt e Direttiva rimpatri – Mobilitazioni in Spagna

Il 21 giugno giornata di azioni in diverse città. Un breve report dalla Coordinadora de Inmigrantes di Malaga

L’Europa è al centro di un dibattito che si spinge oltre le coste dell’Atlantico, dopo l’approvazione della Direttiva Rimpatri avvenuta il 18 giugno, a soli due giorni dalla Giornata Mondiale del Rifugiato.

La direttiva, che con il proposito di armonizzare la normativa europea ha messo insieme alcune tra le peggiorni pratiche messe in campo dai singoli Stati, riporta alla ribalta, oltre alla questione delle espulsioni, dei diritti dei minori e delle garanzie processuali, la questione del trattenimento nei centri di permanenza temporanea, prolungato fino a 18 mesi.

Il 21 giugno in Spagna, dopo i diversi appelli e presidi che hanno avuto luogo in tutta Europa, proprio in riguardo all’approvazione della Direttiva, è in vista una una mobilitazione generalizzata che insieme alla questione della nuova normativa europea affronterà il tema della chiusura dei centri di detenzione, particolarmente crudeli nella realtà iberica.
Il portavoce della Coordinadora de Inmigrantes di Malaga, ci racconta di questa giornata che avrà luogo in diverse città, da Madrid a Barcelona e ancora Valencia,
Tenerife e Málaga.

E’ già da quasi 2 anni che in Spagna ci si organizza nella creazione di una rete per rispondere a questa politica migratoria che sta prendendo forma in Europa e ovviamente anche in Spagna. E’ stata convocata questa mobilitazione per il 21 giugno, scenderemo per le strade sperando di raggiungere un gran numero di persone per manifestare contro questa direttiva della vergogna, che consideriamo intollerabile…

D: …intollerabile questa direttiva come intollerabile è il sistema dei centri di detenzione. In Spagna qualcuno è stato chiuso grazie alla pressione dei movimenti, qualche altro invece continua ad essere teatro di situazioni drammatiche. Com’è la situazione dei centri di permanenza in Spagna?

R: I centri di internamento in Spagna talvolta sono peggio delle carceri perchè non avendo un regolamento che li regola, la vita al loro interno non dipende direttamente da nessun tipo di legislazione. Il personale armato che sorveglia le entrate gode di ampia discrezionalità. Ovviamente nessun delegato delle organizzazioni sociali come nessun giornalista può entrare.
Un immigrato può rimanere detenuto nel CPT al massimo per 40 giorni, nei quali però, a causa di questa mancanza di informazione, molto spesso si verificano casi di abusi e violenze.
Nel caso particolare bisogna citare il CPT di Capuchinos a Malaga, tristemente famoso per ripetuti casi di violazione dei diritti umani.
E’ anche per questo che in Andalucia stiamo lottando da tempo affinchè un provvedimento definitivo, preso a livello territoriale, porti alla chiusura di questo centro della violenza.

Intervista a cura di Nicola Grigion, Progetto Melting Pot Europa