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da Il Piccolo di Trieste del 13 luglio 2008

Senegalesi, sit-in di protesta in piazza Unità

La raccolta firme contro lo sfratto da Ponterosso ha raggiunto quota 3500

«Rivendichiamo il nostro diritto al lavoro. Dopo 12 anni siamo senza soldi, ma con famiglie da mantenere». Gridavano tutto questo gli striscioni che ieri, tra le 17 e le 20, hanno campeggiato in piazza Unità. Gli ambulanti senegalesi – che hanno dovuto abbandonare Ponterosso dopo la trasformazione della piazza in mercato dei prodotti orto-floro-vivaistici regionali – hanno infatti organizzato un sit-in nel salotto buono della città, piazzandosi con uno stand e distribuendo volantini tra la fontana e il Municipio. Quello stesso palazzo verso cui indirizzano la loro rabbia, incassando il sostegno di sempre più triestini.
Le firme alla petizione con cui chiedono di poter tornare in Ponterosso (o almeno in una zona del centro) ha raggiunto quota 3.500. Le firme verranno raccolte anche la prossima settimana (da martedì a sabato, dalle 10 alle 13, in Ponterosso) e forse saranno consegnate all’amministrazione municipale durante una seduta del Consiglio. «È la dimostrazione che i triestini capiscono la nostra sofferenza – ha commentato ieri uno degli ambulanti, Mame Thierno Cisse -. È la prova che questa città ci accetta ed è tollerante. L’unica ad aver sbagliato è l’amministrazione comunale, che ci ha presi in giro buttandoci in strada senza darci alternative valide. Vorrebbero chiuderci nel Mercato coperto – ha aggiunto – ma sarebbe solo un modo per finire nell’isolamento».
A colpire ieri era la curiosità suscitata dai manifestanti tra i triestini. Ad avvicinarsi non sono stati solo ragazzi (quelli che, se l’abito fa il monaco, sono tradizionalmente vicini a tematiche «arcobaleno»), ma anche la «Trieste bene»: persone di mezza età vestite di tutto punto, che si sono avvicinate decise per chiedere informazioni sulla petizione. Altri si sono limitati a prendere un volantino. Rarissimo il rifiuto secco. Sono stati inoltre legati dei braccialetti di tessuto rossi intorno ai polsi dei sostenitori della causa. «In Senegal – hanno spiegato – è un modo per protestare contro i governanti».
(e.c.)