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Firenze – Iniziativa contro la costruzione di un Cie a Sant’Angelo a Lecore

Lo scorso sabato la protesata nell'area del demanio militare

Prima iniziativa contro la decisione governativa di costruire un CIE (ex CPT) a Sant’Angelo a Lecore nell’area del demanio militare.
Una decisione che non trova assolutamente terreno favorevole nella zona, nè tra gli abitanti e neppure nelle istituzioni. Una decisione che non ha futuro.
Un enorme campo da bonificare, in passato poligono di tiro per esercitazioni militari, un bacino di esondazione dove si vuol costruire questo nuovo lager.
Sabato 8 novembre la popolazione della zona ha avuto un’anteprima di quello che sarà se il governo intenderà attuare questo progetto segregante: una zona militarizzata ed oggetto di continue iniziative di protesta.

Questo il testo distribuito dai manifestanti
NO o al lager per migranti previsto a Sant’Angelo

Il governo ha stanziato 78 milioni di euro per 10 nuovi CPT, i vecchi Centri di Permanenza Temporanea ora denominati CIE, Centri di identificazione ed espulsione, e per l’adeguamento degli esistenti, con l’obiettivo di raddoppiare i 1.160 posti attualmente a disposizione.
I CPT furono inventati all’interno della legge 40/ 1998 Turco-Napolitano durante il governo D’Alema.
Uno dei 10 nuovi CPT è previsto in Toscana, regione che fino a oggi ha rifiutato questi lager, localizzato in un’area del demanio militare precedentemente adibita a poligono di tiro e popolarmente denominata “hangarone” ubicata nel comune di Campi Bisenzio, in prossimità di Sant’Angelo di Lecore.
Una zona che potrebbe essere più utilmente impiegata per dare un tetto e una sistemazione decente ai tanti uomini e donne, immigrati e non, che vivono sul nostro territorio in situazione di estrema difficoltà.
Sbaglia chi afferma che i CPT vanno chiusi perché in questi anni non hanno funzionato. I CPT devono essere chiusi, cancellati dalla legislazione e dalla storia, perché purtroppo hanno funzionato benissimo.

L’introduzione della detenzione amministrativa, senza reato e senza processo, per i migranti in condizione “irregolare” è infatti servita a ridefinire in termini di discriminazione e di esclusione lo statuto della cittadinanza e dei diritti-doveri ad essa collegati, non solo nel nostro Paese, ma nell’intero spazio politico e giuridico della cosiddetta “Fortezza Europa”.
L’istituzione dei Centri detentivi è servita a reintrodurre la possibilità giuridica e materiale di interdire la libera circolazione e di deportare, in forma sia individuale che collettiva, donne e uomini privati di ogni fondamentale diritto.

Le violenze e gli abusi, che costellano la quotidiana gestione di questi luoghi dello “stato d’eccezione”, sottratti a qualsiasi forma di controllo democratico, dove anche molti avvocati e molti parlamentari hanno avuto impedimenti a entrare, non sono incidenti di percorso, ma le prevedibili conseguenze dell’arbitrarietà poliziesca ad essi connaturata.
Inoltre il “salto di qualità” che oggi osserviamo attorno all’istituzione totale CPT/CIE è evidente: oggi essi costituiscono un dispositivo di disciplinamento del precariato migrante, quindi insistono, con estrema violenza, sulla volontà di controllo e regolazione della forza lavoro che attraversa l’Europa.
Oggi, in Italia, non esiste praticamente alcun metodo “legale” per entrare nel paese godendo dei diritti MINIMI di cittadinanza che consentano l’accesso a una casa e a un lavoro dignitosi.
All’inizio del 2008 erano tra i 3,8 e i 4 milioni gli immigrati regolari in Italia, con una incidenza del 6,7% sul totale della popolazione, contribuendo per il 9% alla creazione del Prodotto interno lordo. A questa situazione non si risponde con i lager, ma con politiche di nuova cittadinanza.
La lotta contro i CPT non rappresenta unicamente il giusto ed umano rifiuto di una inciviltà: essa è anche un nodo fondamentale della lotta generale del precariato sociale contro uno dei meccanismi più autoritari e violenti di sfruttamento messi in campo dal neoliberismo globale. La lotta contro i CPT non è quindi solo una lotta antirazzista. E’ una battaglia contro lo sfruttamento di tutt@.
Sono clandestini perchè lavorano senza contratto (sotto costo e senza garanzie).
Divengono clandestini ogni volta che finisce un contratto di lavoro.
Il licenziamento, la fine di un lavoro, l’assenza di una casa adeguata, significano la revoca, o il mancato rinnovo, del permesso di soggiorno.
Per non rischiare il permesso di soggiorno accettano tutte le forme di sfruttamento e di violazione dei diritti del lavoro e della dignità della persona, molti di loro muoiono o restano mutilati sugli incidenti del lavoro. Li vogliono clandestini, o a rischio di clandestini,tà per poterli sfruttare. Oggi è clandestina gran parte della manodopera che in molti settori dell’economia produce quella ricchezza che invece di distribuirsi nella società si concentra nelle mani di imprenditori e banche dell’Unione Europea.

I CPT/CIE sono:
Disumani, perché non viene garantito il rispetto e la dignità dovuta ad ogni essere umano.
Inefficaci, perché non hanno nessun effetto comprovato nella lotta contro “il crimine”, come il discorso propagandistico sta cercando di affermare
Antieconomici: perché una giornata di un immigrato in un Cpt costa allo stato 70 euro, che finiscono nelle tasche della Croce Rossa, della Misericordia, della Lega delle cooperative che gestiscono questo business “umanitario”.
I CPT oggi CIE hanno un’unica funzione il “trattenimento” ai fini del rimpatrio forzato.
I CPT oggi CIE trasformano il “trattenimento” in prigionia all’interno di veri e propri campi di concentramento.
I CPT oggi CIE sono lager dove vengono rinchiusi, fatto peraltro illegale, minori.
I CPT oggi CIE impediscono ai detenuti ogni possibilità di usufruire di tutela legale, compresa l’impossibilità di presentare domande per la richiesta di asilo.
Questi CIE non hanno ragione di esistere se non quello di rappresentare un monito per i “clandestini” che denunciano le violazioni

Nessuna persona è illegale

No ai CPT/CIE, No ai lager, per una nuova cittadinanza

L’assemblea metropolitana delle realtà antirazziste, contro l’apertura di nuovi campi di concentramento per migranti (C.I.E.)