Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Progetto di legge per la modifica del Testo Unico sull’immigrazione

Pds per ricerca lavoro, conversione del visto turistico, riduzione del divieto di reingresso

Iniziativa dell’Onorevole Luigi Bobba, Cesare Damiano, Franco narducci, Savino pezzotta, Marco Malgaro, Andrea Sarubbi, Jean Leonard Toudai, Pier Paolo Baretta, Donato Mosella, Paola Binetti

Modifiche al Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di ingresso e soggiorno per inserimento nel mercato del lavoro

Relazione

Onorevoli Colleghi! L’alto tasso di irregolarità dell’immigrazione in Italia è un fenomeno grave, ormai al centro della cronaca quotidiana.
Da oltre vent’anni, a partire, cioè dalla legge n. 943 del 1986, si è imposto al datore di lavoro, che voglia assumere un lavoratore straniero, di esercitare tale facoltà quando il lavoratore ancora risiede all’estero.
L’impossibilità di un incontro direttamente sul nostro territorio nazionale tra domanda e offerta di lavoro, certamente necessario per tutti i lavori a bassa qualificazione e/o di cura, porterebbe ad azzerare quasi completamente i flussi migratori per lavoro. Ma tale disposizione viene diffusamente aggirata mediante il meccanismo dell’“overstaying” (ingresso per turismo, incontro diretto domanda-offerta, costituzione del rapporto di lavoro in nero e prolungamento illegale del soggiorno fino alla prima occasione di emersione: regolarizzazione o decreto-flussi). D’altra parte se si considera che il differenziale tra le richieste di lavoratori stranieri da parte delle imprese e delle famiglie e i quantitativi dei flussi approvati dal Governo nell’anno 2008 – è stato pari a più di 500.000 persone – non si può non dedurne che la via dell’ingresso o della permanenza illegale nel nostro Paese, rimangono il canale principale di inserimento nel mercato del lavoro italiano. Una clandestinità ben diversa da quella alimentata da poteri criminali che sfruttano la disperazione di chi non ha altra speranza che tentare il “viaggio della speranza”. Non di meno la clandestinità subita e alimentata da perversi meccanismi legislativi e da ritardi burocratici nella concessione dei permessi di soggiorno, del tutto indegni per un Paese civile, viene spesso superata mediante sanatorie e regolarizzazioni, come quelle che si sono puntualmente verificate negli ultimi 15 anni. Infine, un altro modo per superare l’impossibilità dell’incontro tra domanda ed offerta di lavoro, consiste nell’effettuare un periodo di lavoro in nero in attesa di poter entrare nel prossimo decreto flussi.
L’aggravio delle sanzioni contro l’immigrazione illegale certamente rende più difficile questo percorso, ma paradossalmente, nel caso in cui fosse efficace, impedirebbe allo stesso tempo ogni via di accesso al flusso regolare di cittadini immigrati che aspirano ad un inserimento legale nella società italiana.

Se si vuole liberare questo flusso fisiologico dalle forche caudine dell’illegalità obbligata occorre prevedere che l’incontro tra domanda e offerta di lavoro e la costituzione del rapporto di lavoro possano aver luogo alla luce del sole. Nell’elaborare questo testo ci si è avvalsi del contributo di giuristi ed esperti in materia di immigrazione e si sono raccolte le sollecitazioni delle ACLI, che sono una delle realtà più significative che operano nella tutela dei diritti degli immigrati.

L’ingresso per ricerca di lavoro
Una soluzione possibile è quella di ammettere l’ingresso nel Paese di lavoratori immigrati nella fase di ricerca di lavoro, imponendo condizioni tali da garantire che in tale fase il lavoratore straniero non gravi sulla assistenza pubblica e prevenire gli effetti negativi di un eventuale scivolamento nell’illegalità. Tali condizioni potrebbero corrispondere al deposito preventivo di:
– 1) una somma atta a coprire le spese di sostentamento (cui il lavoratore potrebbe attingere periodicamente entro limiti prefissati);
– 2) la somma necessaria a coprire le eventuali spese di rimpatrio;
– 3) le impronte digitali o altro dato biometrico utile ad una identificazione certa;
– 4) copia del documento di viaggio.
Il lavoratore disporrebbe di un tempo definito per inserirsi nel mercato del lavoro e, in questa ricerca, potrebbe essere opportunamente indirizzato da organismi pubblici e privati. Scaduto tale termine:
– a) otterrebbe la stabilizzazione come soggiornante per lavoro, in caso di successo;
– b) dovrebbe rimpatriare, in caso di insuccesso.
Il lavoratore straniero che eluda l’obbligo di cui al punto b) potrebbe essere, appena intercettato dalle forze dell’ordine, rimpatriato senza indugio e senza oneri per lo Stato.
In un primo periodo gli ingressi per ricerca di lavoro potrebbero essere limitati numericamente nell’ambito della programmazione dei flussi annuali. Inizialmente, anzi, dovrebbe essere ammessa in Italia una piccola quota di stranieri in cerca di inserimento lavorativo, procedendo ad un attento monitoraggio del loro percorso, in modo da verificare la praticabilità e l’efficacia di tale meccanismo per poi poter apportare eventuali e appropriati correttivi.

La conversione turismo-lavoro
Un’alternativa alla previsione dell’ingresso per ricerca di lavoro potrebbe consistere nel consentire che la domanda di un datore di lavoro possa riguardare uno straniero già legalmente presente
in Italia ad altro titolo, anche per breve periodo; in particolare, per turismo. Questa misura potrebbe essere adottata anche a normativa invariata, dal momento che le disposizioni del Testo unico, di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998 (in particolare, articolo 3 comma 4 e articolo 21 comma 1), disciplinano la possibilità che tali stranieri siano stati già ammessi nel territorio dello Stato per altri motivi. Inoltre neppure la esclude l’articolo 22 dello stesso Testo unico, in quanto si limita a definire gli adempimenti necessari nel caso in cui l’assunzione riguardi un lavoratore residente all’estero, non pretendendo però di esaurire l’intera casistica; si pensi, per esempio, all’assunzione a tempo pieno di uno straniero già soggiornante in Italia per motivi di studio.
Ammettere il rilascio di permessi per lavoro a stranieri legalmente soggiornanti ad altro titolo potrebbe essere una misura sufficiente ad evitare il fenomeno dell’overstaying e l’illegalità che lo caratterizza, anche riguardo allo svolgimento del rapporto di lavoro, a condizione che essa non si infranga contro la lentezza delle operazioni richieste per la definizione delle quote. La soluzione
più semplice – anche questa compatibile con la normativa vigente – consiste nel permettere l’accoglimento delle domande di assunzione, portando il numero dei permessi conseguentemente
rilasciati in detrazione alle quote per l’anno successivo, in analogia con quanto disposto, ad esempio, dagli articoli 14, comma 5, e 27 comma 3 bis, del regolamento di attuazione del citato testo unico, di cui al decreto del presidente della Repubblica n. 294 del 1999.

Il contrasto dello sfruttamento lavorativo degli immigrati
Lo stretto collegamento tra esistenza di un’attività lavorativa e possibilità di rinnovare il permesso di soggiorno rende di fatto assai debole la posizione del lavoratore immigrato regolare, di fronte al datore di lavoro che eluda, riguardo alle condizioni di lavoro, i vincoli imposti dalla legge o dalla
contrattazione collettiva. Questo fatto vanifica, di fatto, il principio di parità tra lavoratore straniero legalmente soggiornante e lavoratore nazionale sancito dalla Convenzione dell’ Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) n. 143 del 1975. Per il lavoratore straniero, infatti, il tentativo di far valere, nei modi stabiliti dalla legge, i propri diritti nel rapporto di lavoro comporta, nella gran parte dei casi, il rischio concreto di rimanere disoccupato e di non riuscire a rinnovare il permesso di soggiorno.
Si restituirebbe forza contrattuale ai lavoratori stranieri legalmente soggiornanti prevedendo che il permesso di soggiorno per lavoro sia rinnovato anche quando risulti pendente un accertamento giudiziario dell’esistenza di un rapporto di lavoro o della legittimità di un licenziamento.

Le espulsioni
Una riduzione dei costi, umani ed economici, associati alla detenzione degli immigrati da espellere si otterrebbe prevedendo, in conformità alla direttiva comunitaria sul rimpatrio degli stranieri illegalmente soggiornanti, approvata il 18 giugno 2008, una condizione di favore per lo straniero che rimpatri volontariamente o che comunque collabori con le autorità all’acquisizione dei documenti necessari per il rimpatrio. Tale condizione di favore potrebbe consistere in forme di aiuto al reinserimento in patria, certamente meno costose di una prolungata detenzione o, per lo straniero che non rappresenti una minaccia per la sicurezza pubblica, in una riduzione del divieto di reingresso, commisurata all’efficacia e alla prontezza della collaborazione.

Proposta di legge

Art. 1
1. Il secondo periodo del comma 14 dell’articolo 13 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286, e successive modificazioni, di seguito denominato “testo unico” di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998″ è sostituito dal seguente: ” Tale termine è ridotto a:
a) un anno, nei casi in cui lo straniero, espulso per la prima volta, esibisca un documento valido di viaggio o attestante la sua identità e nazionalità;
b) tre anni, nei casi di cui lo straniero, espulso per la prima volta, si adoperi utilmente per la certificazione della propria identità e nazionalità.”

Art. 2
1. All’articolo 22 del Testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998 e successive modificazioni sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 8 è sostituito dal seguente:
“8. La richiesta di nulla-osta al lavoro di cui al comma 2 lettera a) può riguardare anche un cittadino straniero legalmente presente in Italia ad altro titolo. Si applica la medesima procedura di cui ai commi 2, 4 e 5, fatta eccezione per la verifica dei limiti numerici di cui al citato comma 5. Le quote d’ingresso definite nel decreto di cui all’articolo 3, comma 4, sono decurtate in misura pari al numero dei permessi di soggiorno per motivi di lavoro rilasciati ai sensi del presente comma durante l’anno solare precedente a quello cui il decreto si riferisce.”
b) al comma 11 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Il permesso di soggiorno per motivi di lavoro è rinnovato anche quando risulti pendente l’accertamento giudiziario circa la sussistenza di un rapporto di lavoro o la legittimità del licenziamento intimato dal datore di lavoro.”

Art. 3
1. Dopo l’articolo 22 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, come da ultimo modificato dall’articolo 2 della presente legge, è inserito il seguente:
“Art. 22 bis (Ingresso e soggiorno per inserimento nel mercato del lavoro)
.
1. Il visto di ingresso per motivi di inserimento o di ricerca nel mercato del lavoro è rilasciato, su richiesta, nel rispetto dei limiti fissati con il decreto di cui all’articolo 3, comma 4, al lavoratore straniero che soddisfi le condizioni per il soggiorno in Italia e dimostri la disponibilità effettiva in Italia, per l’intero periodo di soggiorno:
a) di idonea sistemazione alloggiativa o di mezzi sufficienti per provvedervi nella misura indicata dal decreto di cui all’articolo 3, comma 4;
b) di mezzi sufficienti a coprire le spese di rimpatrio;
c) di mezzi di sostentamento in misura non inferiore, per ciascun mese, all’importo mensile dell’assegno sociale o al diverso importo stabilito dal decreto di cui all’articolo 3, comma 4;
d) della somma necessaria al pagamento del contributo previsto per l’iscrizione al Servizio sanitario nazionale ovvero di polizza assicurativa per le cure mediche urgenti o comunque essenziali anche a carattere continuativo valida per il territorio nazionale.
2. La disponibilità delle risorse di cui al comma 1 si considera dimostrata se l’importo corrispondente è stato versato in apposito Fondo per l’ingresso da istituirsi con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, che individui anche le forme di restituzione delle somme prestate, nel caso in cui lo straniero trovi adeguata posizione lavorativa, ai sensi del comma 5 del presente articolo. Alla dimostrazione dei requisiti di cui al comma 1 può concorrere o sostituirsi la garanzia o la prestazione stessa da parte di un cittadino italiano o di un cittadino straniero titolare di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, ovvero di carta di soggiorno per familiare di cittadino comunitario, ovvero di enti locali, regioni, province autonome o associazioni, di sindacati e patronati.
3. Il visto di ingresso per motivi di ricerca o inserimento nel mercato del lavoro ha durata pari al periodo per il quale è stata dimostrata la disponibilità degli elementi di cui al comma 1, ma comunque non superiore a un anno, e deve essere utilizzato entro tre mesi dalla data di rilascio. All’atto del rilascio del visto di ingresso per inserimento nel mercato del lavoro lo straniero è sottoposto immediatamente ai rilievi fotodattiloscopici o ad altri rilievi biometrici.
4. Allo straniero che fa ingresso per motivi di ricerca o inserimento nel mercato del lavoro è rilasciato un permesso di soggiorno per gli stessi motivi, della durata indicata dal visto di ingresso, alle condizioni di cui al comma 1. Nel caso in cui lo straniero non risulti svolgere attività lavorativa, alla scadenza del termine e all’uscita dall’Italia è tenuto a riconsegnare il permesso di soggiorno alle autorità competenti, pena segnalazione al Sistema dell’informazione Shengen, previsto dall’accordo di Shengen del 14 giugno 1985, reso esecutivo dalla legge 30 settembre 1993, n. 388.
5. Il titolare di permesso di soggiorno per motivi di ricerca o inserimento nel mercato del lavoro ha facoltà di svolgere ogni attività. Ai fini retributivi e contributivi si applicano, in caso di prestazioni occasionali, le disposizioni sulle prestazioni occasionali di lavoro accessorio, di cui all’articolo 72 del decreto legislativo 10 Settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni.
6. Il permesso di soggiorno per motivi di ricerca o inserimento nel mercato del lavoro è convertito su richiesta, in presenza dei requisiti di cui al comma 1 e qualunque sia la durata per la quale è stato rilasciato, in un permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato o autonomo o di lavoro stagionale.”