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Da Repubblica Bari.it del 20 marzo 2009

Test al centro immigrati metà sono positivi alla Tbc

Il prefetto Carlo Schiraldi Escluso ogni rischio di epidemia, anche se i primi test registrano il 50 per cento di positività agli anticorpi della tubercolosi fra le oltre mille persone esaminate finora. Massima attenzione alle informazioni e alla prevenzione, con screening approfonditi e radiografie su tutti gli ospiti e i dipendenti del Cara, ma nessun allarmismo. Il comitato per l’ordine e la sicurezza, riunito ieri in Prefettura, cerca di ammorbidire i toni sulla questione Tbc a Bari. Dopo la morte per collasso polmonare di Joy Johnson, la 25enne nigeriana stroncata due settimane fa da una forma acuta della malattia, e la positività al test di una interprete della Questura entrata in contatto con la ragazza lo scorso novembre, adesso si pensa anche a imporre un trattamento sanitario obbligatorio a chiunque si presenti in ospedale con i segni di patologie contagiose. «La ragazza nigeriana poi stroncata dalla Tbc era risultata positiva nel corso di un controllo al Di Venere poche settimane prima della morte» spiega il prefetto Carlo Schilardi. «La sua fuga ha impedito di approfondire la diagnosi e curarla: un caso limite che non deve ripetersi, a costo di richiedere l’eventuale intervento dell’autorità giudiziaria».

Nelle stesse ore in cui la Prefettura ospitava il vertice con il questore Giorgio Manari, il comandante provinciale dei carabinieri Antonio Bacile e della guardia di finanza Gianluigi D’Alfonso, nei laboratori di analisi della Asl di Bari arrivavano i primi risultati sui test della tubercolina, che indica la presenza di anticorpi specifici per un contatto pregresso dell’organismo con il germe. Sui primi 870 immigrati e 180 dipendenti del Centro accoglienza richiedenti asilo di Palese da cui era passata Joy Johnson, i primi dati scrutinati registrano un 50 per cento degli esaminati positivo al test. Da oggi partiranno nel Cara le radiografie al torace su tutti i richiedenti asilo presenti nella struttura, grazie a un mezzo mobile in dotazione alla Asl, mentre il personale della questura potrà recarsi nel centro di pneumotisiologia territoriale.

I test sono stati estesi anche ad altri agenti, soccorritori e interpreti che hanno avuto contatti con la ragazza. «Ogni mestiere ha i suoi rischi» riflette il prefetto Schilardi. «Questo mi sembra un pericolo meno grave di altri: se anche una tubercolosi conclamata, va ricordato che è una malattia curabile». Fra poliziotti e mediatori culturali analizzati c’è anche l’interprete di origine marocchina che due giorni fa è risultata positiva al test cutaneo. La radiografia succesiva ha escluso la presenza di focolai polmonari: la donna non dovrebbe aver contratto la malattia. «L’infezione è diversa dal contagio» precisa Schilardi al termine del vertice in Prefettura. «I test stanno rilevando la presenza di anticorpi a una malattia che è endemica in Africa: non significa che la malattia sia stata contratta». Il Cara resta una comunità protetta anche dal punto di vista sanitario. «Ha un servizio medico robusto in ingresso e uscita: finora gli screening su oltre mille persone ne ha trovate 11 affette da sindromi tubercolari e solo per tre si è resa necessaria la terapia: numeri minimi, per cui la massaia di Enziteto o quella di Poggiofranco non ha nulla da temere» conclude il prefetto.

Francesca Savino