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They wont budge – A New York una mostra fotografica sulla vita dei migranti in Europa

Africani in Europa. Tra i rigori del controllo sull'immigrazione e gli interstizi della società europea, mentre negoziano la loro cittadinanza all’interno e contro molteplici spazi politici e culturali

Le loro storie sono numerose, alcune molto simili, altre caratterizzate da lotte in specifici ambiti del malcontento. Soprattutto, i loro comportamenti sono di testarda caparbietà, speranza e sopravvivenza, in ambienti disperati per il loro lavoro, ma senza risentimento per la loro presenza. A differenza dei loro predecessori, che emigrarono in Europa per avere un’ educazione migliore, questi immigrati si assumono rischi inauditi per il lavoro nelle aziende e nelle fabbriche e sono stati sotto la lente d’ ingrandimento degli studi sull’immigrazione.

Con più di 100 fotografie e video dalla Spagna, Portogallo, Italia, Francia, Germania, Olanda, Repubblica Ceca e Ragno Unito, “They wont budge…Afrincans in Europe”, la mostra sulle migrazioni e gli immigrati in Europa della New York University, segue qualche immigrato visibilmente risentito per il suo soggiorno incerto, o su improvvisate barche da pesca provenienti dall’Africa occidentale, fra i rigori del controllo sull’immigrazione europeo, fra gli interstizi della società europea.

Le opere d’ arte che compongono l’esposizione sono state realizzate da fotografi, foto-giornalisti e attivisti dei diritti umani in giro per l’ Europa, fra cui Juan Medina (Spagna), Alfredo Muňoz de Oliveira (Portogallo), Francesco Cocco, Angelo Aprile, Elisa Cozzarini, Marco Ambrosi, Matteo Danesin, Aldo Sodoma e Stefano Renna (Italia).

Le foto catturano i residenti post-coloniali europei – vecchi e giovani, uomini e donne, in salute e in malattia, cristiani pentecostali, cristiani copti e mussulmani murid – mentre negoziano la loro cittadinanza all’interno e contro molteplici spazi politici e culturali. Vivide, intime e spesso sorprendenti, queste immagini testimoniano le numerose vie attraverso cui gli africani rivendicano i loro percorsi migratori ed un benessere comune, come diritti umani fondamentali.

Cambiamenti in economie globali che continuano a marginalizzare il continente africano, complicano le eredità imperialiste delle relazioni neo-coloniali fra le emergenti nazioni africane e i loro precedenti dominatori, a seguito delle lotte africane per l’ indipendenza.
La terra africana, mentre va in scena l’esposizione, è oggetto di acquisto da parte di paesi europei e mediorientali nel nome della sicurezza alimentare, quindi appropriandosi di maggiori terre ed espropriando i loro legittimi proprietari, proiettandoli in un insicuro e inarrivabile mercato del lavoro nel continente. Le ultime forme di immigrazione sono guidate dal muoversi dei popoli africani da una situazione di stagnazione economica radicata nel caos post-coloniale e dalle guerre civili, per ridefinire gli spazi politici decolonizzati nel loro proprio continente, come anche dalla promessa di vita migliori all’estero.

I migranti quindi sono in Europa per realizzare i loro sogni e nonostante il razzismo non si muoveranno.
Sarebbe sbagliato pensare che loro semplicemente lascino l’Africa e rompano i rapporti con le loro case. Le loro risorse finanziarie continuano ad arrivare in molti modi.
Finanziariamente, le loro “rimesse ai paesi d’origine” sono più importanti degli aiuti internazionali e culturalmente, il loro impatto sulle nuove comunità diasporiche, come il pentecostalismo, è molto rilevante.
In Europa le loro vocazioni sono varie. Negozianti e venditori ambulanti, agricoltori, operai, insegnanti ed infermieri sono le posizioni che questi africani occupano, nonostante le aspettative.

Il titolo della mostra è ”Non si muoveranno”, tratto dalla canzone omonima di Salif Keita, a sua volta scelto da Manthia Diawara come titolo di un celebre libro sugli africani in Europa.

La mostra è suddivisa in 6 aree tematiche: passaggi, lavori, devianza, religione, spazi e ritratti, è in esposizione dal 22 aprile fino al 30 giugno allo Schomburg Center for Research in Black Culture nella New York Library, 135th Street e Lenox Avenue.