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La società è già multietnica, i diritti purtroppo no

Razzismo, respingimenti, sicurezza e diritti di cittadinanza

Quattro milioni di presenze regolari, circa un altro milione senza il permesso di soggiorno (anche se ovviamente le stime sono approssimative). Quasi un cittadino su dieci è straniero in questo paese che si ostina a combattere contro i mulini a vento.
Sono i numeri della società multi-etnica. E a poco servono i paragoni con Francia e Stati Uniti. Questa è l’Italia di inizio millennio, un paese dalle fattezze controverse, che si ostina a presentare l’immigrazione come un fatto nuovo, ma attraversato in pieno negli ultimi due decenni almeno, dalle migrazioni e dalle loro modificazioni.
L’Italia insomma è già multi-etnica, non siamo i soli a dirlo, non solo lo Cei, non solo il Presidente della Camera Fini, ma lo dicono le stime, i dati, la realtà delle metropoli come quella dei paesi di provincia.
Positiva o negativa, contraddittoria, attraversata da tensioni dal segno ambivalente, questa è la società con cui tutti noi dobbiamo fare i conti.

Il Premier è allora mal informato? Tutt’altro. Parla alla pancia più che alle coscienze, e poi ha a cuore come poche cose l’equilibrio di una compagine governativa che su questi temi ultimamente ha bisticciato non poco.
“Noi non vogliamo una società multietnica” – ha detto. Ma davvero Silvio Berlusconi crede di poter invertire la tendenza di un processo globale che ha ormai carattere strutturale?
Il divenire multietnico della società è cosa ormai scolpita nella storia, anche questa dell’Italia.
Se guardiamo al futuro, non possiamo che immaginarlo dipinto di molti colori, di cittadini italiani dalle più svariate provenienze, figli di migranti, tanti ed innumerevoli Balotelli. Piuttosto c’è da chiedersi se termini come multu-culturalità, multi-etnicità, siano in grado di spiegare i processi che spesso hanno a che vedere con i fenomeni migratori. La produzione di identità, la costruzione della soggettività, il rapporto con i sistemi di valori, le culture (mai monolitiche), le religioni, le tradizioni, tutto questo è estremamente attuale, assolutamente moderno, e altrettanto contraddittorio e difficile da sintetizzare.

Di cosa parla allora il Premier?
E’ la multi-etnicità dei diritti che sembra essere in discussione. Perchè nessuno è in grado di frenare i processi migratori. Si possono ostacolare, differenziare, deviare, selezionare, si possono disporre e modulare confini, si possono in qualche occasione arrestare, ma sapendo che si ridisegneranno nuove rotte, che nuovi processi, nuove spinte si metteranno in gioco.
Al legislatore, all’aspirante manager delle migrazioni non resta che il miserabile compito di gestire la drammaticità e l’efferatezza delle pratiche di governo della mobilità, della violenza sui corpi in viaggio come su quelli già presenti. Questo ci dicono i pacchetti sicurezza, i respingimenti, le ordinanze dei comuni, le discriminazioni nell’accesso al welfare e tutto quello che in questi anni e negli ultimi mesi abbiamo visto prendere forma.

Dire no alla società multi-etnica, quando è il premier ad affermarlo, significa allora sancire, decidere o riconfermare, che saranno i diritti ad essere differenziati, che i diritti non saranno multietnici, che sarà il terreno della cittadinanza, delle gerarchie dei diritti, (non lo status legale di cittadino) ad essere il campo di questa battaglia che parla di razza, di etnie certo, che non punta però a determinare la supremazia di una razza sulle altre, ma invece a stratificare la società. Ed infatti puntuale arriva la seconda battuta: “Accoglieremo chi ha il diritto d’asilo – respingendolo non si capisce come potrà essere presentata la domanda – e chi viene per lavorare”.

Si alle badanti, no a nuovi ingressi, si all’immigrazione altamente qualificata, no alla regolarizzazione dei clandestini: quante volte lo abbiamo sentito ripetere, per poi scoprire che spesso, o meglio quasi sempre, le badanti sono irregolari, i cosiddetti clandestini sono altamente qualificati, chi è altamente qualificato fatica ad entrare regolarmente ed i nuovi ingressi sono già avvenuti e si tratta di persone che vivono qui da anni senza lo straccio di un permesso di soggiorno.

Che l’Italia sia multi-etnica non è in dubbio.
Mettiamo in dubbio allora l’etnicizzazione dei diritti

Nicola Grigion, Progetto Melting Pot Europa

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