Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Perché i respingimenti verso Libia operati dalle unità navali Italiane nelle acque internazionali sono illegali

Natura cogente e extraterritorialità del principio del non respingimento (1)

Abbiamo assistito negli ultimi giorni ad una serie di respingimenti ad opera delle unità navali italiane di migranti, intercettati nelle acque internazionali, e riportati nello Stato di partenza cioè la Libia. Se è vero che dal punto di vista del diritto internazionale uno Stato sovrano ha, nel rispetto della dignità umana, la libertà di decidere delle proprie politiche migratorie, non si può dire altrettanto nei confronti del richiedente asilo o del rifugiato, di colui cioè che“ […] nel giustificato timore d’essere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza e non può o, per tale timore, non vuole domandare la protezione di detto Stato.” (2)

Sulla base dell’esperienza dei flussi migratori misti provenienti dalle coste Africane degli ultimi anni è assolutamente ragionevole ritenere che tra le persone respinte vi possano essere dei potenziali richiedenti asilo, ai quali nella circostanza in specie, l’accesso alla procedura per il riconoscimento dello status di rifugiato sarebbe stata negata.(3)

Il principio del non respingimento (non refoulement) è uno dei principi cardine del diritto internazionale del rifugiato e può essere sintetizzato come il divieto che il richiedente asilo o il rifugiato sia respinto verso luoghi ove la sua libertà e la sua vita sarebbero minacciati. Molteplici sono gli strumenti di diritto internazionale che codificano tale principio, in primis la Convenzione di Ginevra relativa allo Status dei Rifugiati del 1951 che all’art. 33 proibisce che un il richiedente asilo o il rifugiato sia espulso o respinto in alcun modo “ […] verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche.” (4) Lo stesso principio è riaffermato sia direttamente che indirettamente da numerose Convenzioni Internazionali in difesa dei diritti umani, sia a livello universale(5) che a livello regionale.(6)

Sulla scorta delle precedenti considerazioni è pacifico ritenere che il principio di non refoulement appartenga al cosiddetto diritto internazionale consuetudinario, (7) cioè appartenga a quel corpo di norme che vincolano tutti gli Stati e alle quali l’ordinamento italiano si conforma in virtù dell’art. 10 della Costituzione.(8)

E’ inoltre da ritenere che tale principio abbia raggiunto, nell’ambito delle fonti del diritto internazionale, il rango di norma cogente (jus cogens),(9) cioè “ […] una norma che sia stata accettata e riconosciuta dalla Comunità internazionale degli Stati nel suo insieme in quanto norma alla quale non è permessa alcuna deroga e che non può essere modificata che da una nuova norma di diritto internazionale generale avente lo stesso carattere”.(10) Ne consegue che qualora un’altra norma di diritto internazionale (es. trattati, norme comunitarie, etc.) o nazionale violi il non refoulement, tale norma debba ritenersi nulla ab initio in quanto in contrasto con una norma cogente e quindi con una norma di diritto internazionale gerarchicamente sovraordinata.

E’ inoltre il caso di ricordare che il principio del non refoulement (così come tutte le norme a difesa dei diritti umani fondamentali) non si applica solamente quando una persona si trovi nel territorio di uno Stato (territorio, acque territoriali e spazio aereo), ma anche quando tale persona sia assoggettata alla effettiva giurisdizione di uno Stato (come per esempio il caso di potenziali richiedenti asilo soccorsi da unità della marina militare italiana in acque internazionali). Tale principio, e cioè quello della applicazione extraterritoriale dei diritti umani è stato pacificamente affermato da numerosi organi internazionali.

La Corte Internazionale di Giustizia nel 2004 ha ritenuto che, sebbene la giurisdizione di uno Stato sia normalmente territoriale, questa possa essere eccezionalmente esercitata fuori dal territorio nazionale quando abbia ad oggetto i diritti umani.(11)
Analogamente il Comitato ONU contro la Tortura nel 2006 ha affermato che le obbligazioni di non refoulement contenute nell’art. 3 della Convenzione contro la Tortura si applicano in ogni area soggetta alla giurisdizione dello Stato contraente.(12)
Il principio dell’applicazione extraterritoriale dei diritti umani è infine affermato dalla costante giurisprudenza dalla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo.(13)

Si può quindi concludere che i respingimenti in Libia di potenziali richiedenti asilo intercettati da unità navali italiane nelle acque internazionali siano da considerarsi contrari al diritto internazionale, in quanto effettuati verso uno Stato che non garantisce assistenza idonea e protezione ai richiedenti asilo (è appena il caso di notare che la Libia non ha ratificato la Convenzione di Ginevra del 1951). Inoltre non possono essere invocati a fondamento giuridico di tali atti, né eventuali normative comunitarie o accordi bilaterali con la Libia, in quanto confliggendo con una norma di diritto cogente e quindi gerarchicamente sovraordinata sarebbero nulli ab origine; né tanto meno può essere invocato a giustificazione il fatto che i respingimenti avvengono nelle acque internazionali, dal momento che, come abbiamo visto, il principio di non respingimento trova piena applicazione anche al di fuori del territorio dello Stato.

Note:
(1) Unhcr, Advisory Opinion on the Extraterritorial Application of Non-Refoulement Obligations under the 1951 Convention Relating to the Status of Refugee and its 1967 Protocol, 2007; G. GOODWIN-GILL, The Refugee in International Law, Oxford, 2007, pp. 244-257.
(2) Art. 1A(2) della Convezione di Ginevra Relativa allo Status dei Rifugiati del 1951.
(3) L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati nel comunicato del 7/5/2009 “ritiene probabile che tra le persone respinte ci siano individui bisognosi di protezione internazionale; nel 2008 il 75% di coloro che sono giunti in Italia via mare ha fatto richiesta di asilo e al 50% di questi è stata concessa una forma di protezione internazionale”.
(4) Art. 33.1 della Convenzione di Ginevra Relativa allo Status dei Rifugiati del 1951.
(5) Art. 13 della Convenzione ONU sui Diritti Civili e Politici (1966), Art. 3 della Convenzione contro la Tortura (1984).
(6) Art. 3 della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti Umani e delle Libertà Fondamentali (1950), Art. 22 della Convenzione Americana sui Diritti Umani (1969), Art. 2 della Convenzione Africana sui Diritti dei Rifugiati (1969).
(7) Unhcr, The Principle of Non-Refoulement as a Norm of Customary International Law, Risposta al quesito posto all’ UNHCR dalla Corte Costituzionale Federale Tedesca nei casi BvR 1938/93, 2 BvR 1953/93, 2 BvR 1954/93, (1994).
(8) Art. 10.1 della Costituzione Italiana recita: “L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute.”
(9) Unhcr Executive Committee, Conclusion No. 25 (XXXIII) “General” (1982), para. (b) (reaffirming “the importance of the basic principles of international protection and in particular the principle of non-refoulement which was progressively acquiring the character of a peremptory rule of international law”).
(10) Art. 53 della Convenzione di Vienna sul Diritto dei Trattati del 1969.
(11) Advisory Opinion della Corte Internazionale di Giustizia in Legal Consequences of the Construction of a Wall in the Occupied Palestinian Territory, (2004) ICJ, 9 July 2004, par. 109: “while the jurisdiction of States is primarily territorial, it may sometimes be exercised outside the national territory. Considering the object and purpose of the International Covenant on Civil and Political Rights, it would seem natural that, even when such is the case, States parties to the Covenant should be bound to comply with its provisions.”
(12) Conclusions and recommendations of the Committee against Torture concerning the second report of the United States of America, U.N. Doc. CAT/C/USA/CO/2, 25 July 2006.
In relazione al concetto di giurisdizione il Comitato riaffermava che “ […] this includes all areas under the de facto effective control of the State party, by whichever military or civil authorities such control is exercised” and made it clear that these provisions “apply to, and are fully enjoyed, by all persons under the effective control of its authorities, of whichever type, wherever located in the world.” (Par. 15).
(13) Bankovic et al. v. Belgium and 16 other contracting States (Admissibility), Application No. 52207/99, 12 December 2001, para. 59; Loizidou v. Turkey (Preliminary Objections), Application No. 15318/89, Judgement of 23 February 1995, Series A, No. 310, para. 62; Öcalan v. Turkey (Preliminary Objections), Application No. 46221/99, Judgement of 12 March 2003, para. 93.