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Alcune riflessioni sul pacchetto sicurezza e in particolare sulla possibilità di varare una sanatoria per badanti e colf.

Il pacchetto sicurezza è legge e già nella maggioranza cominciano i distinguo, i “si però dipende” o i “si però adesso vediamo come sanare la situazione di alcuni”. La scure repressiva si è abbattuta come mai prima d’ora, attraverso un provvedimento di stampo razzista e segregazionista, ma da subito ci si accorge che i 500.000 badanti e colf che accudiscono i nostri familiari (presenti anche e forse soprattutto nei feudi elettorali del partito del ministro dell’interno) potrebbero essere espulsi e addirittura creare problemi legali ai nostri anziani.
Il Ministro Giovanardi dà voce allora a una proposta: una regolarizzazione per gli extracomunitari che sono già in Italia senza permesso di soggiorno, ma con un rapporto di lavoro in corso. Secondo il Ministro non si tratterebbe di una sanatoria, perché non indiscriminata ma rivolta ai cittadini extracomunitari già in Italia e il cui datore di lavoro sia disponibile ad assumerli e quindi regolarizzarli.
La Lega (dapprima con Calderoli poi con altri esponenti) risponde che non se ne parla neanche perché l’Unione europea, attraverso l’adozione del Patto per l’immigrazione e l’asilo del 16 ottobre scorso ha posto un divieto di regolarizzare in massa.
Poi giungono dei commenti ancor più interessanti: Bonaiuti, Capezzone e infine Maroni precisano che “il reato di clandestinità non è retroattivo” dunque nessun problema per chi si trova già in Italia: secondo queste affermazioni il reato si applicherebbe solo a chi entrerà in futuro sul n ostro territorio.

Non sappiamo come il Governo uscirà dal pantano in cui si è cacciato. Possiamo però cercare di chiarire la situazione normativa e politica, sgombrando il campo da una serie di interpretazioni pindariche diffuse in queste ore.

1. In primo luogo, è completamente falso affermare che il reato di clandestinità non si applica a chi già risiede nel territorio.
Certo, la legge penale non è retroattiva: anche il più pischello degli studenti di giurisprudenza lo confermerà. Ma occorre almeno leggerla quella legge che il Senato ha adottato: essa prevede che “lo straniero che fa ingresso ovvero si trattiene nel territorio dello Stato” è punito con un’ammenda da 5 a 10 mila euro. Ora non occorre essere eminenti penalisti per capire che il reato appena istituito viene commesso da tutti gli stranieri residenti irregolarmente nel momento stesso in cui non lasciano il nostro paese. Non andarsene è già reato, per il passato il presente e il futuro.
Questo è ciò che dice la legge naturalmente.
Ma poiché siamo in un paese in cui la legge prescrive cose che interessano solo ad alcuni e soprattutto non ai Ministri del Governo, il titolare del Viminale assicura: «Nessuna colf o nessuna badante già in Italia, anche se entrata irregolarmente, sarà espulsa». In pratica il Ministro detta linee interpretative della legge: la legge è uguale per tutti, ma si applicherà solo a certe categorie. Auguriamo fortuna ai poliziotti che dovranno fare i controlli e soprattutto alle badanti, colf e agli anziani gettati nell’incertezza, perché è imprevedibile il caos che questa norma e la sua interpretazione genereranno.

2.In secondo luogo non è corretto affermare che l’Europa impedisce al Governo di ricorrere a regolarizzazioni.
Il 16 ottobre scorso l’Unione europea ha approvato il Patto europeo sull’immigrazione e l’asilo, che effettivamente al suo punto II a) concorda di “limitarsi a delle regolarizzazioni caso per caso e non generali, nel quadro delle legislazioni nazionali, per motivi umanitari o economici”.
Occorre precisare che il Patto europeo sopracitato è un impegno politico e non legge immediatamente applicabile. Si tratta, per dirla con le parole delle conclusioni del Consiglio europeo di quel 16 ottobre (punto 19) “di un impegno”, di una “base per le politiche comuni”, di “principi”. La forza obbligatoria delle sue disposizioni risiede perciò più nell’impegno politico che nel valore di legge.
D’altro canto è il Patto stesso a precisare che solo le regolarizzazioni generali non sono ammesse, mentre sono possibili comunque quelle effettuate “caso per caso”: nulla impedirebbe dunque al Governo di verificare la situazione delle singole badanti e regolarizzare la situazione di chi ha un datore di lavoro disponibile.
Ma tutto questo ragionamento potrebbe essere reso superfluo dall’utilizzo dell’abituale mezzo di regolarizzazione adoperato dai governi italiani di ogni colore: l’ipocrita decreto flussi. Ufficialmente, infatti, il decreto flussi regola le quote dei nuovi ingressi, e non delle regolarizzazioni. Sappiamo però che attraverso una finzione collettiva esso viene di fatto utilizzato per regolarizzare chi già lavora e risiede in Italia: la Bossi-Fini impone infatti ufficialmente allo straniero di tornare in patria per poi rientrare regolarmente nel nostro paese con un contratto di lavoro.
Morale della storia: se c’è la volontà politica, il Governo può trovare il modo di far emergere la situazione di tutti i lavoratori irregolari senza che l’Europa possa bloccarlo. Sentiremo probabilmente qualche rimbrotto dei vicini di casa francesi o tedeschi, ma non sarebbe il primo e nemmeno – ahinoi – il più grave dei rimbrotti ricevuti in Europa da questo governo.

Chiara Tamburini