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Nuova rivolta a Rosarno. Esplode ancora la rabbia degli africani

In contrada Spartimento, nei pressi dell`ex Opera Sila di Gioia Tauro che ospita centinaia di raccoglitori di arance, due africani sono stati feriti con un fucile ad aria compressa. E` accaduto nel pomeriggio di ieri. Uno di loro è un rifugiato politico del Togo con regolare permesso di soggiorno. Le condizioni delle persone ferite portate nell`ospedale di Gioia Tauro non sarebbero gravi.

“Lo so che adesso daranno tutta la colpa a noi. E quei ragazzi che si divertivano a utilizzarci come tiro al bersaglio chissà dove sono a spassarsela”, dice un lavoratore marocchino alla Repubblica. E racconta: “Ridevano, tre ragazzi su una macchina scura. Ridevano e urlavano: `Oggi non si lavora?`. Dalla statale la macchina ha cominciato ad accelerare e dai finestrini due si sono messi a sparare”. “Siamo qui solo per lavorare”, urla un giovane del Ghana con l`accento bergamasco.

Dopo gli attentanti, alcune centinaia di africani hanno iniziato a protestare bruciando dei copertoni. Stessa reazione, appena si è diffusa la notizia dei ferimenti, c`è stata nell`ex fabbrica Rognetta di Rosarno. Più tardi, in serata, sono state danneggiate diverse auto nella cittadina della Piana. Dopo l`arrivo dei rinforzi di polizia e carabinieri, si è cercata una mediazione. La trattativa si è svolta in un clima di grande tensione. Gli abitanti di Rosarno avevano inveito contro gli immigrati mentre questi, nel loro tragitto, danneggiavano tutto ciò che incontravano sulla loro strada. In tarda serata, a Gioia Tauro è stata bloccata la nazionale.

Nella Piana ci sono alcune centinaia di immigrati che lavorano nella raccolta delle arance. La maggior parte di loro sono bulgari e rumeni, che sembrano invisibili perché – da quando sono diventati neocomunitari – possono andare e venire in base all`offerta di lavoro, affittare un appartamento, vivere in condizioni decenti. Gli africani no. Sono il prodotto delle leggi razziste, sono gli scarti della politica della Lega. Vivono da settimane in due strutture abbandonate, la Rognetta nel centro di Rosarno e l`ex Opera Sila nei pressi Gioia Tauro. La prima è una ditta per la produzione di succo, fallita da anni. La seconda doveva distillare ottimo olio calabrese, ma è abbandonata da tempo. Gli africani dormono, lì, nei silos di metallo. Sono l`ultimo anello di un sistema malato.

In estate è stata sgomberata e murata la “Cartiera”, altra ex fabbrica abbandonata che per anni ha ospitato la comunità africana. Erano stati promessi interventi strutturali ed altri per fronteggiare l`emergenza umanitaria che ogni inverno riecheggia in tutto il mondo. Non è stato fatto nulla, se non progetti astratti (infopoint, orientamento al lavoro), proposte ridicole (villaggio della solidarietà, museo dell`agricoltura), piccoli interventi (bagni chimici installati e poi tolti, cisterne inviate e ritirate). Maroni, da ultimo, ha stanziato 930 mila euro del Pon Sicurezza per il “recupero urbano delle aree degradate”. Gli africani sono “poverissimi in un mare di soldi”, al pari dei calabresi costretti all`emigrazione.

Una filiera mafiosa che penalizza i lavoratori, un sistema di norme feroci che impedisce loro di vivere in maniera dignitosa. Nel corso degli anni sono sempre stati vittime di atti di violenza. L`anno scorso hanno detto basta, dopo il ferimento di due di loro. Sembrava fosse chiara la determinazione della comunità africana a non accettare ulteriori atti di violenza nei loro confronti. Ed invece, è accaduto ancora una volta. “Quello che è successo è il frutto del clima di intolleranza xenofoba e mafiosa”, ha dichiarato subito il presidente della Regione Loiero.

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