Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Il CIR – I report di Melting Pot confermano le ombre sui respingimenti da Venezia

Comunicato stampa del 25 marzo 2010

Da circa un anno l’accoglienza degli stranieri in condizione irregolare fermati al valico di frontiera di Venezia sembrava seguire prassi migliori rispetto agli anni precedenti. Nell’ultimo anno il C.I.R, che gestisce su Convenzione con la Prefettura di Venezia il Servizio al valico di frontiera, veniva regolarmente contattato dalla polizia di frontiera in caso di arrivi e svolgeva colloqui con gli stranieri. Per i minori non accompagnati si provvedeva direttamente all’affidamento ai Servizi sociali del Comune di Venezia. Anche se al CIR veniva impedito – a differenza dell’analogo servizio nel porto di Ancona – di intervenire direttamente e di salire a bordo delle navi e che sia stata imposta una riduzione dell’orario del servizio, si era trovato un modus vivendi che permetteva di svolgere il ruolo di protezione e di informazione.

Le migliori prassi si innestavano in un contesto in parte mutato, che registra tra l’altro nuove modalità di arrivo degli stranieri, un aumento del numero di famiglie, diverse nazionalità di provenienza, non solo afghani, iracheni, iraniani, ma anche somali, eritrei, sudanesi, circostanza dovuta molto probabilmente dall’apertura di nuove rotte in corrispondenza della chiusura di quelle del sud del Mediterraneo.

Non si può pensare che un valico come quello di Venezia non tenga presente questi mutamenti e queste nuove rotte, con ciò che questo comporta anche in ordine all’aumento dei rischi e all’aggravamento dei costi umani di chi sta fuggendo dalla persecuzione e da situazioni di guerra come l’Afghanistan, l’Iran e l’Eritrea.

Cosa sta accadendo oggi invece alla frontiera di Venezia?
Dai reportage pubblicati recentemente su Melting Pot non solo si sollevano dubbi in relazioni al numero di riammissioni verso la Grecia, ma si ha conferma che tra il 5 e il 6 marzo sarebbero stati riammesse 30 persone dal porto di Venezia (iracheni, palestinesi, afgani, somali, siriani ed eritrei), come attesterebbero documenti della polizia di frontiera di Igoumenitsa.

Ma mentre il 6 marzo la polizia di Igoumenitsa registrava la riammissione in Grecia, cosa accadeva solo il giorno prima, 5 marzo, alla frontiera di Venezia?

Il 5 marzo, verso le 12.45, l’operatore CIR in servizio è stato contattato dalla polizia di frontiera perché erano state trovate alcune persone a bordo di un camion sbarcato dal traghetto proveniente dalla Grecia, arrivato la mattina alla Stazione Marittima, alcune delle quali condotte in ospedale per accertamenti.

Giunto presso gli uffici di polizia l’operatore, però, non poteva svolgere alcun colloquio con gli stranieri rintracciati, la maggior parte dei quali, come appreso solo successivamente, riammessi in Grecia sullo stesso traghetto.

Il giorno seguente, l’operatore veniva a conoscenza che quattro persone, due uomini e due donne, erano state accolte come richiedenti protezione internazionale, ricevendo conferma anche dalla polizia di frontiera con 2 fax nei quali veniva comunicato la ricezione della domanda di protezione internazionale di due cittadine eritree, di un cittadino iracheno, di un palestinese e l’accoglimento di due minori non accompagnati.

Come è possibile che il giorno stesso del rintraccio l’operatore non solo non abbia potuto svolgere un colloquio con le persone fermate, ma anche che il colloquio con gli stranieri non sia avvenuto con l’ausilio dell’operatore del Servizio, che oltre ad avere le competenze richieste è lui stesso mediatore linguistico-culturale?
Perché l’operatore non è stato informato subito che ben quattro persone erano state accolte per fornire loro nell’immediato tutta l’assistenza prevista?

Il Servizio di Accoglienza, si trova quindi di fronte a nuove modalità operative e di intervento in relazione agli stranieri irregolari fermati presso il valico di frontiera?
Domande alle quali il servizio sembra non poter più rispondere, nonostante sia il Servizio di Accoglienza tenuto a svolgere il colloquio con i potenziali richiedenti asilo e a fornire a loro assistenza.
Così, almeno è quanto espressamente prevede l’art. 2 del decreto del Ministro dell’Interno adottato di concerto con il Ministro per la Solidarietà Sociale il 22 dicembre 2000, “I servizi di accoglienza sono rivolti a stranieri che intendano presentare domanda di asilo, a quelli che entrano in Italia per motivi diversi dal turismo e comunque a stranieri per i quali si rendano necessarie forme di assistenza in attesa della definizione degli accertamenti connessi al loro ingresso in Italia” e la Circolare del Ministero dell’Interno del 2 maggio 2001, laddove indica come destinatari del servizio “i richiedenti asilo e gli stranieri la cui permanenza in Italia possa protrarsi per un periodo superiore a tre mesi. In particolare tale dizione intende ricomprendere, oltre a tutti coloro che abbiano chiesto o intendano chiedere asilo, anche quegli stranieri che possano ricevere comunque protezione a titolo umanitario e/o temporaneo. Attenzione prioritaria dovrà essere in ogni caso rivolta alle persone più vulnerabili quali tra gli altri: i minori non accompagnati, anziani, malati, donne vittime di violenza ed ogni altro straniero in stato di bisogno”.