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Maroni – L’integrazione a punti. Non accontentiamoci delle briciole

Il Ministro risponde al question time della Camera. Il testo dell'accordo alla conferenza unificata. A breve in vigore il test di lingua per il permesso di soggiorno CE

Il test di lingua per ottenere il permesso di soggiorno di lungo periodo entrerà in vigore ormai a breve, nella prima decade di dicembre. Ma è su un’altra questione, ancora più complessa che interviene il Ministro dell’Interno Maroni durante il question time alla Camera. si tratta dell’Accordo di integrazione, il sistema a punti introdotto nei confronti dei nuovi (sempre che ve ne siano) futuri ingressi per lavoro.

Come funzionerà il sistema, come verrà applicato, quali saranno i suoi punti di forza, quali le problematiche principali è una discussione che lasciamo al futuro.
Si tratta invece, ora, immediatamente, di comprendere il salto di qualità a cui l’introduzione del superamento di lingua quale obbligo per il rilascio del pds CE o per il rinnovo dell’ordinario permesso di soggiorno alludono.

Gli aspetti tirati in ballo sono molteplici. Impossibile però non sottolineare il contesto in cui Maroni è stato chiamato a rispondere. Interrogato sull’accordo di integrazione da Livia Turco (che di legge sull’immigrazione “se ne intende”) il Ministro è stato incalzato sulle modalità di finanziamento dell’accordo, sulla sua copertura finanziaria.

La questione del ruolo del volontariato e del privato sociale nella gestione e nel governo dei flussi migratori è di lunga data. Certo che spesso, troppo spesso, è stata proprio questa ricchezza diffusa, questa struttura fluida del tessuto sociale a dare risposte a bisogni che chi avrebbe dovuto non ha saputo o voluto soddisfare.
L’esempio più lampante è proprio quello dei percorsi di apprendimento della lingua italiana in favore dei migranti che hanno saputo costruire da oltre dieci anni ormai un vero e proprio sistema formativo a costo zero e contemporaneamente un vorticoso circuito di inserimento sociale, di scambio, di arricchimento culturale.
Riconoscere, anche economicamente, questo sforzo, quel lavoro vivo di cooperazione prodotto, è evidentemente giusto e sacrosanto.

Altra cosa è però accettare e credere che l’introduzione dell’accordo di integrazione, e dei test di lingua come ostacoli al cui superamento condizionare il rilascio o il rinnovo di un titolo di soggiorno, abbia qualcosa a che vedere con l’apprendimento, con il diritto alla formazione, con la costruzione di capacità soggettive di li comprensione e utilizzo della lingua, con la valorizzazione delle esperienze che fino ad oggi sono state costruite.
E’ un pò come se il Ministro, con il suo intervento alla Camera, avesse voluto sopire gli animi di chi si sarebbe potuto indignare dicendoci: “è una grande occasione per spartirvi qualche briciola ragazzi!”.

Di denaro investito nell'”integrazione”, quella vera, ce n’è un gran bisogno in effetti. Se il problema fosse stato però quello di dare linfa ai percorsi di apprendimento della lingua, sarebbe stato sufficiente riorganizzare e supportare quel grande panorama di attività che ovunque in questo paese sono state messe in campo da associazioni, enti locali, cooperative o altri soggetti.

Ma di questo non v’è traccia. Gli esami verranno organizzati, in accordo con gli enti formativi, dalle prefetture, che avranno il compito, tra un nulla osta al ricongiungimento familiare ed una pratica di sanatoria da perfezionare, di tenere le redini anagrafiche del sistema a punti. Gli enti chiamati a svolgere la preparazione saranno in sostanza i Centri Territoriali Permanenti (CTP) già pesantemente colpiti dalla riforma Gelmini, in convenzione con alcune università italiane, le uniche a poter riconoscere l’attestazione finale utile al conseguimento del titolo di livello A2. Alcuni “consorzi”, aggregati di enti formativi, hanno già stipulato accordi per entrare nel circuito.

Fino a qui nulla di male, non fosse per quel piccolo problema del test finale, da svolgere nei tempi e nei modi stabiliti dalle prefetture e soprattutto nei tempi e nei modi utili al conseguimento del titolo per il rinnovo o il rilascio del permesso di soggiorno.
Davvero crediamo che l’introduzione di un testo obbligatorio, che se non superato mette all’ordine del giorno la revoca del permesso e la conseguente detenzione/espulsione, possa in qualche modo aiutare all’apprendimento della lingua?
Gli insegnanti delle scuole sanno bene quanto l’introduzione di una valutazione esterna al percorso di formazione stravolga i risultati e ne condizioni tempi e modalità.

Certo, tutti aiuteremo a preparare la prova se questo potrà servire a qualcuno per liberarsi dell’incubo del rinnovo del permesso, ma questo non può voler dire rimanere inerti, perchè altrettanto certamente sappiamo che se di fronte a ciò che sta avvenendo non saremo in grado di esprimere la nostra indignazione, a trasformare in rabbia la passione che ci muove nell’insegnamento, allora saremo costretti a cedere su qualcosa che va ben oltre la nostra attività nelle scuole. Lasceremo per strada un pezzo di dignità, insieme alla ricchezza di una storia, quella delle scuole di italiano per migranti in questo paese, che ha saputo silenziosamente finora affermare che l’apprendimento della lingua è un diritto per tutti.

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Contro un’esistenza a punti, lettera aperta a insegnanti e scuole di italiano per migranti