Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Sanatoria 2009 – Nuova sentenza del Consiglio di Stato: Il reato di cui all’art. 14, comma 5 ter è ostativo alla regolarizzazione

a cura dell'Avv. Dario Belluccio

Con una interpretazione letterale dell’art. 1 ter, co. 13, del D.L. 78/2009 il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 7209 del 29.09.2010 torna nuovamente sulla questione relativa alla ostatività (o meno) alla ammissione alla procedura di emersione delle condanne inflitte agli istanti condannati ex art. 14, comma 5 ter del D.Lgs. 286/98 s.m.i.
Andando di contrario avviso rispetto all’Ordinanza del Consiglio di Stato n. 4066 del 2 settembre 2010, ma ribadendo quanto deciso con la precedente Sentenza n. 5890 del 18 agosto 2010 i Giudici del Collegio romano sembrano volere chiudere la strada alla regolarizzazione della posizione giuridica e lavorativa di molti cittadini stranieri.
Diversamente anche da quanto stabilito da molte ordinanze di sospensione dei provvedimenti impugnati da parte dei Giudici amministrativi di primo grado (si veda, da ultimo,  Ordinanza del Tar Puglia n. 737 del 7 ottobre 2010, Ordinanza del Tar Puglia n. 738 del 7 ottobre 2010 ) la condanna per la fattispecie criminosa relativa al mancato allontanamento dal territorio nazionale a seguito dell’ordine questorile pare essere divenuta circostanza definitivamente ostativa all’emersione.

In questo senso la pronuncia allegata conferma la decisione del TAR Umbria – Perugia, Sezione I, che aveva respinto il ricorso di una cittadina straniera avverso il rigetto dell’istanza di regolarizzazione precedentemente avanzata. Altresì viene confermata l’interpretazione fornita dal Ministero dell’Interno, che ha diramato la circolare del 17.03.2010, n. 1843 a firma del Capo della polizia Manganelli secondo la quale “rientra nell’ambito dell’art. 381 c.p.p. la prima figura di reato prevista dall’art. 14 comma 5 ter che punisce con la reclusione da uno a quattro anni, lo straniero che senza giustificato motivo permane illegalmente nel territorio dello Stato in violazione dall’ordine impartito dal Questore di allontanarsi dal territorio nazionale entro cinque giorni”.

Ai fini della solo comprensione della questione (non del’analisi complessiva della fattispecie, per la quale allo stato si rimanda agli scritti successivamente citati), occorre prendere le mosse dall’art. 1 ter, comma 13, del D.L. 1 luglio 2009, n. 78, convertito, con modifiche, in legge n. 102 del 3 agosto 2009, a mente del quale: “non possono essere ammessi alla procedura di emersione prevista dal presente articolo i lavoratori extracomunitari:………….c) che risultino condannati, anche con sentenza non definitiva, compresa quella pronunciata anche a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei reati previsti dagli articoli 380 e 381 del medesimo codice”.
D’altra parte il delitto previsto e punito dall’art. 14, co. 5 ter, del D.lgs. 286/98 s.m.i., stabilisce: “lo straniero che senza giustificato motivo permane illegalmente nel territorio dello Stato, in violazione dell’ordine impartito dal questore ai sensi del comma 5-bis, è punito con la reclusione da uno a quattro anni se l’espulsione o il respingimento sono stati disposti per ingresso illegale nel territorio nazionale ai sensi dell’articolo 13, comma 2, lettere a) e c), ovvero per non aver richiesto il permesso di soggiorno o non aver dichiarato la propria presenza nel territorio dello Stato nel termine prescritto in assenza di cause di forza maggiore, ovvero per essere stato il permesso revocato o annullato”.

In merito sono state sollevate molte critiche (prima alla norma e poi alle decisioni di primo grado che sono intervenute negando la richiesta regolarizzazione) nei confronti di una interpretazione letterale dell’art. 1 ter, co. 13 D.L. 78/09.
Si è, tra l’altro, sostenuto che il reato di cui all’art.14, co. 5 ter del d.lgs. n.286/1998 non sembra riconducibile agli artt. 380 e 381 c.p.p. in quanto non ricadente né fra i casi di arresto obbligatorio li indicati nè tra i casi di arresto facoltativo; ancora, si è fatto notare, l’interpretazione sistematica della legge rivolta alla emersione dei cittadini stranieri impiegati quali “colf” ovvero badanti escluderebbe una interpretazione che possa avere ricadute negative sui lavoratori stranieri che, gioco forza, si trovano in situazione di irregolarità giocando esclusivamente sulla circostanza che essi siano stati nuovamente attinti dalle forze dell’ordine o meno.
Ancora è stato sottolineato che “se ragioniamo nei termini della ricerca di una giustificazione sostanziale dell’inapplicabilità della procedura di regolarizzazione ai cittadini condannati per i reati ex 380 e 381 c.p.p. è facile comprendere che si tratta di scelta motivata dalla pericolosità penale dei soggetti colpiti dalla anzidetta condanna, pericolosità che va costruita ed accertata alla luce delle previsioni sostanziali di reato e, quindi, della definizione della fattispecie criminosa di cui trattasi. Di per sé la misura edittale della pena non offre argomenti sostanziali per estendere il divieto di regolarizzazione ai comportamenti puniti con l’art. 14.5 ter del D. Lgs. 286/98, salva l’assimilabilità della pena.

Di per sé la previsione di pene simili non è necessariamente sintomo di eguale pericolosità sociale (e coincidenza degli interessi sociali lesi) in una situazione come la presente in cui le previsioni di reato vengono in rilievo non per la loro intrinseca pericolosità di per sé ma in funzione dell’ammissione o meno delle persone interessate al procedimento di regolarizzazione”
.
Per approfondire:
S. Bartolo, in Regolarizzazione 2009: L. 102/09 – non sussistenza di ragioni ostative connesse alla condanna per il reato di cui all’art. 14.5 ter del D. Lgs. 286/98
G. Savio, in Regolarizzazione Colf e Badanti: le ragioni per contrastare la circolare Manganelli.

Ma per il Consiglio di Stato, Sesta Sezione in commento, ciò che rileva è esclusivamente la circostanza che si ricada in un’ipotesi prevista, tra l’altro, dalla fattispecie penale.
Il Consiglio di Stato, infatti, con la decisione da ultimo assunta, ha affermato: “Al riguardo, non può che ribadirsi che ciò che rileva, nel richiamo operato dal legislatore – con l’art. 1 ter, comma 13, del d.l. n. 78/2009 – all’art. 381 c.p.p., non è la circostanza afferente all’arresto (facoltativo o obbligatorio che esso sia) ad incidere sull’esclusione o meno dalle procedure di emersione, quanto, essenzialmente e centralmente, il fatto che si tratti di “reati previsti”, tra l’altro, dall’art. 381 cit., per i quali – come nel caso in esame – la pena edittale sia stabilita in misura superiore, nel massimo, a tre anni”.
Un duro stop, dunque, alla regolarizzazione di quei tanti che avevano sperato di potere regolarizzare il proprio status giuridico e la propria condizione di lavoro. Salvo ulteriori ripensamenti dei Giudici amministrativi, eventualmente sorretti da ulteriori tesi allo stato non ancora rappresentate in udienza a Roma.

 
Avv. Dario Belluccio

 
In allegato:
–  Sentenza del Consiglio di Stato n. 7209 del 29 settembre 2010