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Venezia – Comunicato della rete veneziana tuttidirittiumanipertutti sulle polemiche innescate dalle parole di Don Dino Pistolato

La Rete tuttiidirittiumanipertutti ha seguito con tristezza e indignazione il dibattito degli ultimi giorni, scatenato dalle affermazioni di importanti esponenti della Caritas veneziana, sulla presenza dei lavoratori migranti in Italia e sulla riaperturaa delle quote di ingresso.

Pur consapevoli del fatto che le parole di Don Dino Pistolato sono state prontamente strumentalizzate da chi non perde occasione per alimentare odi etnici e allarmismi irresponsabili, sentiamo però il bisogno di fare alcune precisazioni che effettivamente bisogna rendere pubbliche per non prestare il fianco a queste facili manipolazioni.

In Italia esistono centinaia di migliaia di nuovi schiavi costretti a lavorare a nero da anni a causa di leggi ipocrite e crudeli come la Bossi-Fini. Questa realtà, stando anche alle statistiche ufficiali non appare modificata nella sua sostanza neppure a seguito della crisi economica e finanziaria i cui meccanismi, anzi, richiedono sempre di più una forza lavoro flessibile a cui possono essere strappati anche i più elementari diritti e sulla base delle cui condizioni potere poi ricattare anche i lavoratori italiani formalmente più tutelati.

Questa realtà è raccontata più di mille parole dalle terribili vicende di Rosarno o dalle proteste dei migranti di Brescia, di Milano e delle altre città italiane, che hanno fatto sentire la propria voce contro la sanatoria truffa e le vessazioni che subiscono quotidianamente.

Le attuali leggi sull’immigrazione, è bene dirlo ancora una volta, non permettono alcuna regolarizzazione di chi è già presente sul territorio e qui lavora da anni. Lo sanno bene tutte le persone che hanno in casa colf e badanti che sostituiscono un welfare fallito, che magari vorrebbero poterle assumere regolarmente, e che invece vivono costrette all’illegalità.

Su questo punto ha ragione chi dice che vanno riconosciuti, immediatamente e senza alcun compromesso o discriminazione, i diritti dei lavoratori migranti già presenti in Italia e sfruttati nel settore della cura, nell’agricoltura, nell’edilizia e in tutte le altre occupazioni in cui il loro lavoro risulta indispensabile.

Bisogna aggiungere a questo, però, che da quasi 10 anni, i decreti flussi e le quote di ingresso da essi stabiliti, hanno rappresentato semplicemente delle sanatorie nascoste. Chiunque ha potuto vedere con i propri occhi gli stessi migranti che avrebbero dovuto teoricamente trovarsi nei loro paesi d’origine e lì venire raggiunti da una chiamata del datore di lavoro, fare le file davanti la posta per consegnare i propri dossier. E chi, del resto, assumerebbe mai qualcuno che non ha mai consociuto prima?

Si è arrivati al paradosso di persone costrette a uscire dall’Italia clandestinamente per poi rientrarvi su falsa chiamata e tornare a occupare i posti di lavoro che già avevano prima, dopo avere rischiato la vita in viaggi a ritroso pericolosissimi.

Non si può parlare delle nuove quote di ingresso, quindi, senza dire anche che esse rappresentano in gran parte la sola maniera per decine di migliaia di persone per regolarizzare la propria posizione. Questa ipocrisia è sotto gli occhi di chiunque voglia vederla. Quasi tutti i migranti che oggi hanno un permesso di soggiorno sono stati costretti ad attraversare anni di irregolarità in questo paese, di umiliazioni e ricatto.

Il problema non è quindi, che « gli immigrati ci rubano il lavoro » o altre affermazioni grottesche, populiste e a sfondo razzista, che i dati oggettivi possono smentire in ogni momento, ma è piuttosto quello di smascherare un sistema di cose che si regge sulla finzione e che è volto alla creazione di una categoria di popolazione da schiavizzare e sfruttare.

Le quote sono state riaperte perché i migranti hanno inizato a denunciare questa realtà e perché chi è al potere ha avuto paura dell’esplosione della loro legittima rabbia.

Quel che si deve chiedere, e quello che la Rete tuttiidirittiumanipertutti di Venezia chiede, è quindi non solo che venga avviata una regolarizzazione permanente di tutti i lavoratori migranti spogliati dei loro diritti e già presenti sul territorio italiano, ma anche che vengano strutturalmente previsti dei canali di ingresso legali che sono il solo modo per evitare le criminali tratte di esseri umani, la morte alle frontiere, lo sfruttamento lavorativo di tantissimi uomini e donne.

La Rete chiede inoltre di ricordare che tanti richiedenti asilo in fuga da guerre e persecuzioni vengono di fatto respinti alle nostre frontiere e ricacciati nelle mani dei loro carnefici e che ciò è permesso anche e soprattutto grazie ad una visione repressiva ed economicista delle migrazioni.

Il fenomeno migratorio va preso sul serio, questo è certamente vero, ma è ora di dire basta alla strumentalizzazione costante che di esso viene fatta e di parlarne solo sulla base di dati reali.