Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Sul rogo di via Appia, Roma

di Giulietta Poli, insegnante di scuola primaria - Padova

Che questo paese abbia, da tempo, alcuni centimetri di pelo sullo stomaco è cosa nota a tutti; che il senso di orrore scuota poco o punto le coscienze è altrettanto risaputo.
Raul, Fernando, Patrizia e Sebastian, neanche trent’anni in quattro, bambini rom rumeni arsi vivi in una qualsiasi notte romana.
Una gelida sensazione di malessere, un nuovo “ingombro” per le coscienze di tutti.

A poche settimane dalla morte nella civilissima e opulenta Bologna di Devid, solo 23 (ventitré!) giorni ucciso dal freddo, le Erodiadi ritornano in un’Italia tutta presa da scandali e da gossip tenebrosi.
Siamo un paese del tutto privo di una politica per il sostegno sociale e per il riconoscimento dei diritti umani; siamo un paese che non ha saputo e voluto attuare nessuna politica di difesa dell’infanzia.

Siamo un paese che ha perso del tutto la faccia, dove la lista delle piccole vittime, degli abusati e dei marginalizzati bambini è lunga, ormai in maniera raccapricciante.
“Siamo tutti responsabili” ha dichiarato, giustamente, il presidente dell’Unicef Italia.

Bambini insicuri nelle proprie città, nelle proprie scuole, nelle proprie famiglie, in quei luoghi, in teoria, deputati a difenderli e a tutelarli.
Infelice è quel paese che non sa difendere il proprio futuro. Infelice è questo paese in cui c’è dato di vivere, nostro malgrado; un arido deserto dove la gente spesso non sa più immaginare o emozionarsi, fino a quando la vittima è un bambino. Forse! (corre voce che un consigliere leghista lombardo non si sia alzato in piedi durante la “commemorazione” al Pirellone ….)
Ma …. Ci sono ben dei distinguo, appunto …… Ma … Devid era il figlio di due snaturati sbandati. Ma …. le piccole vittime del rogo romano erano figli di rom, nomadi, zingari che non hanno a cuore le condizioni di vita dei proprio figli.
Genitori degeneri, incapaci, da privare, subito, della patria potestà!
Nel dicembre scorso è stato presentato il rapporto “ Report Card 9 -Bambini e adolescenti ai margini” compiuto da Unicef – Centro di Ricerca Innocenti; la ricerca, con un respiro piuttosto ampio, mirava verificare i parametri di salute, istruzione, benessere materiale per comprendere le disuguaglianze in 24 paesi dell’OSCE, in maggioranza europei attraverso degli indicatori.
I dati sortiti non sono del tutto confortanti, specie per noi; l’Italia, infatti, si trova spesso negli ultimi posti per benessere materiale, istruzione, salute.
Nei paesi con disuguaglianze più elevate i bambini più svantaggiati sono ovviamente “a rischio di esclusione, a rischio di rimanere ai margini della società in cui vivono e restare lontani dai livelli di benessere normali per il loro paese”.
La minaccia della disuguaglianza, sottolinea la ricerca, porta con sé una lunga lista di costi pratici e di conseguenze negative non solo per i bambini ma anche per l’intera società, sotto forma di aumentare pressioni sui servizi sanitari od ospedalieri, sul welfare e la protezione sociale.
Non è questo, purtroppo, il nostro caso; una volta ancora abbiamo superato tutti i limiti consentiti.
Report Card 9 ricorda, impietosamente, che per un bambino patire ”battute d’arresto nelle fasi più formative dello sviluppo è una violazione del principio più basilare della Convenzione sui Diritti dell’Infanzia, quello secondo cui ogni bambino ha il diritto di sviluppare pienamente il proprio potenziale”.
È comunque preoccupante che l’Unicef si sia dovuta occupare, stante le gravi emergenze planetarie, anche di un quadro comparativo sulla disuguaglianza nel benessere dei bambini nei paesi ricchi. Questo è indicativo di come, anche nei paesi sviluppati, sia, di fatto, assente una politica condivisa per l’infanzia.
Ragionare sui diritti dei minori significa un’attenzione da un punto di vista culturale, sociale, economico e politico.

Ma il nostro è un paese nel quale si vieta a delle maestre e a delle operatrici scolastiche di destinare il proprio buono pasto ad una bambina di 4 anni, altrimenti esclusa dall’accesso alla mensa, in quanto si ipotizzerebbe un “danno per l’erario”!!!!!
Il nostro è un paese nel quale la miseria, ancorché affligga un bambino, diventa sinonimo di reato. È un crimine or dunque esser poveri, un misfatto ancor più grave se l’indigente è un bambino. Delitto così grave da richiedere la peggiore delle pene: quella capitale!
Che cosa potremo mai dire, in un improbabile elogio funebre collettivo, a Raul, Fernando, Patrizia e Sebastian che, se pur nel loro maleodorante e infernale “campo” (sostantivo d’infausta memoria), qualche piccolo volo l’avevano forse tentato?

Che cosa potremo mai dire, a Devid che, invece, a volare non aveva ancora imparato?
Quali balbettanti scuse potranno pronunciare le nostre bocche di adulti, tutti ugualmente colpevoli, per questi angeli caduti in volo? Quale ipocrita costernazione potrà manifestare chi, per il proprio sguaiato e spietato protagonismo, ha fatto nell’inosservanza dei più elementari diritti una feroce bandiera?
Che la terra, matrigna, sopra la quale per poco, pochissimo, avete provato a volare, vi sia lieve.
Come una calda, soffice coperta; quella che non avete avuto nella vostra inconcepibilmente breve e pur importantissima, per noi tutti, esistenza.