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Venezia – I respingimenti verso la Grecia condannano alla tortura. Lo dice anche la Corte europea di Strasburgo

Comunicato della Rete tuttiidirittiumanipertutti di Venezia

7 febbraio 2010 – Comunicato della Rete di Associazioni veneziane Tuttiidirittiumanipertutti

In occasione dell’incontro del vicesindaco di Venezia con due giornalisti e profughi afghani

Quando abbiamo saputo che il vicesindaco di Venezia avrebbe incontrato due giornalisti afghani fuggiti dal loro paese e riusciti ad ottenere asilo politico in altri Stati, siamo stati felici di questa nuova occasione di racconto diretto di una guerra terribile e complessa come quella afghana.

Ci siamo anche sentiti in dovere, però, come rete di associazioni che da anni si batte contro i respingimenti illegali operati al porto di Venezia e a tutti gli altri dell’Adriatico, di ricordare tutti quegli altri giovani profughi afghani e di tante parti del mondo che non riescono neppure a chiedere asilo politico e vedono violati tutti i giorni in Europa i loro diritti fondamentali, anche quello alla vita.

Lo scorso 25 gennaio, il Corriere del Veneto raccontava come, citiamo testualmente, “quattro giovani afghani hanno rischiato di morire schiacciati da pesanti imballaggi di carta, dopo un viaggio durato mesi e iniziato in Afghanistan. (…) si erano nascosti nel rimorchio di un camion imbarcato sul traghetto partito dal porto di Patrasso in Grecia e destinato a Venezia”. Sono stati salvati dagli operatori della nave ma poi, “I poliziotti (…) li hanno accompagnati agli uffici di polizia di frontiera” e “Per i quattro profughi in fuga dal conflitto in Afghanistan, come prevede la norma, sono state avviate le procedure di respingimento. Torneranno in Grecia con il traghetto da cui erano sbarcati”.

Ma quale norma prevede questi respingimenti? Non certo quelle internazionali e comunitarie che prevederebbero invece la possibilità per queste persone di chiedere asilo in Italia e solo in seguito la valutazione della loro domanda da parte della cosiddetta Unità Dublino che dovrebbe decidere se rimandarli o meno in Grecia e che ultimamente, in tutta Europa, sta smettendo di farlo dopo le richieste dell’Onu, e i pronunciamenti di tribunali nazionali e internazionali.

Paradossalmente, infatti, il 24 gennaio scorso, lo stesso giorno del respingimento raccontato dal Corriere come se si trattasse della più normale delle prassi, la Corte europea dei diritti umani con sede a Strasburgo condannava il governo Belga per avere rimandato un richiedente asilo in Grecia affermando che, nella Repubblica ellenica, i migranti incorrono nella violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti umani, ovvero quello che viola il divieto di trattamenti inumani e degradanti, quello usato per impedire la tortura. Speriamo adesso nell’esito del ricorso che abbiamo presentato e che quella stessa corte ha accolto due anni fa contro 37 respingimenti dai nostri porti. Il processo è ancora in corso.

Ma fino a questo momento, al porto di Venezia, lo si sa, non vale alcuna legge e alcuna sentenza. Nel silenzio, sembra che noi abitanti di questa città abbiamo accettato che questa parte del nostro territorio resti fuori dal diritto e fuori da ogni controllo. La polizia e l’autorità portuale rifiutano persino di dare i dati dei respingimenti, tanto informali e arbitrarie sono queste prassi.

E allora è certamente importantissimo accogliere oggi questi testimoni e rifugiati politici afghani, ma occorre anche chiedere a loro, alle istituzioni qui presenti e a tutte le persone che in questa città hanno a cuore i diritti umani e non vogliono essere complici dei respingimenti di tanti altri profughi verso la tortura, di prendere fortemente parola contro quel che succede tutti i giorni al porto di Venezia. I respingimenti condannano alla violenza e spesso alla morte in Grecia o nei paesi in cui la Grecia rimanda indietro le persone, come la Turchia o lo stesso Afghanistan. Chi respinge condanna alla tortura e alla morte.

Il 20 giugno scorso una grande manifestazione ha attraversato Venezia e, con Gino Strada in testa è arrivata fino al porto al grido di “Welcome. Indietro non si torna”.

La rete tuttiidirittiumanipertutti continuerà la sua battaglia in città fino a che queste parole non diventeranno una realtà.