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Sentenza del Giudice di Pace di Torino n. 314 del 22 febbraio 2011

Direttiva Rimpatri - Inapplicabilità del reato di ingresso e soggiorno irregolare (art 10bis TU). Non è previsto come reato

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Sentenza del Giudice di Pace di Torino n. 314 del 22 febbraio 2011

Nr. 11/314 R.G. G.d.P. Mod. 16 bis
Nr. 11/697 R.G. P.M.

REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano

Il Giudice di Pace di Torino
Sezione Immigrati

Nella persona del dott. Polotti di Zumaglia Alberto

Alla pubblica udienza del 22 febbraio 2011 ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente

SENTENZA

Nel procedimento penale a carico di XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX nato a Port Harcourt (Nigeria) il XXXXXXXXXXX elettivamente domiciliato in Torino, c. Francia n. 147 presso lo studio del difensore di fiducia avv. Sabrina Panagin.

IMPUTATO

Del reato di cui all’art. 10 bis d.l.vo 25/7/1998 n. 286 (in relazione agli artt. 4 e 5 del medesimo testo unico) perché, quale cittadino straniero faceva ingresso illegale nel territorio dello Stato (in quanto sprovvisto di passaporto o di altro documento equipollente e/o del necessario visto di ingresso, previsti dall’art. 4 d.l.vo n. 286/98 e non versando in alcuna ipotesi di esenzione o di causa di forza maggiore) o comunque ivi si tratteneva senza conseguire il necessario permesso di soggiorno previsto dall’art. 5 d.l.vo n. 286/98.
Accertato in Torino il 5/2/2011.
Con l’intervento del Vice Procuratore Onorario dott.ssa Ester Kappelmayr, per delega 17/2/2011 e dell’avv. Edoardo Zambardi in sostituzione ex art. 97 co. 4 c.p.p. dell’avv. Sabrina Panagin

Le parti hanno concluso come segue:
Il P.M. chiede la condanna ad euro 3.500,00 di ammenda ritenute le attenuanti generiche
La difesa dell’imputato chiede l’assoluzione perché il fatto non è punibile ai sensi della direttiva comunitaria; in subordine contenersi la pena ai minimi edittali e la concessione delle attenuanti generiche.

MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO

Con provvedimento del 9/2/2011 la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino autorizzava la Polizia Giudiziaria, a sensi dell’art. 20 bis e 20 ter del d.l.vo n. 274/2000, alla presentazione immediata e contestuale dell’imputato a giudizio avanti il Giudice di Pace di Torino in relazione all’imputazione di cui in epigrafe.

All’udienza del 22/2/2011, la Procura della Repubblica produceva relata delle notifiche degli atti ed elezione di domicilio dell’imputato non comparso per cui ne veniva dichiarata la contumacia; il G.d.P. dichiarava aperto il dibattimento e con l’accordo delle parti, si acquisiva l’annotazione di P.G. nonché elenco precedenti dattiloscopici e certificato del casellario giudiziale ed alla conclusione della discussione le parti concludevano come in epigrafe.

Si rileva anzitutto che l’imputato è stato fermato il 4/2/2011 ed il 18/2/2011 veniva notificata l’autorizzazione alla sua presentazione immediata davanti a questo giudice emessa il 9/2/2011 e non risulta che, accertata l’irregolarità del suo soggiorno nel territorio nazionale, sia stata adottata nei suoi confronti una decisione di rimpatrio che fissasse un congruo periodo di durata compresa tra sette e trenta giorni per la partenza volontaria, ne risulta che di tale possibilità lo straniero sia stato informato come previsto dall’art. 7 della direttiva 2008/115/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio entrata in vigore dal 14/1/2009 e che doveva essere attuata entro il 24/12/2010. Non risulta inoltre che siano state evidenziate circostanze che impedissero la concessione del rimpatrio volontario.

Occorre rilevare che nella legislazione italiana detta decisione di rimpatrio volontario non è prevista, per cui la posizione dell’imputato potrebbe essere di irregolarità, mentre la direttiva comunitaria subordina la decisione di rimpatrio assunta dallo Stato nei confronti dello straniero ed il suo allontanamento, allo scadere del termine previsto per il rimpatrio volontario. Ed allora se ne può dedurre che il permanere dello straniero nel territorio nazionale sino allo scadere del termine per l’adozione del suo allontanamento e quindi entro il termine per il rimpatrio volontario non sarebbe irregolare in base alla direttiva mentre altrettanto non potrebbe dirsi con riferimento alla legislazione italiana ed in particolare al d.l.vo n. 286/98.

Se si considera che l’art. 10 bis del richiamato d.l.vo n. 286/98 subordina il reato ivi previsto al fatto che l’ingresso od il trattenimento dello straniero nel territorio nazionale sia in violazione delle disposizioni di detto testo unico, intendendosi chiaramente colpire l’irregolarità dell’ingresso e del soggiorno, ne consegue che per ritenere esistente o meno il predetto reato si dovrà preliminarmente accertare se il soggiorno od il trattenimento dello straniero nel territorio nazionale sia da considerarsi con riferimento a quanto disposto dalla direttiva comunitaria od a quanto disposto dalle norme del testo unico. Se, infatti, si ritenesse che la direttiva comunitaria deve prevalere sulla normativa nazionale si dovrebbe ammettere che il reato potrebbe essere riconosciuto, al massimo, solo una volta che, essendo trascorso il termine per l’allontanamento volontario, lo straniero non si sia allontanato, posto che entro tale periodo di tempo il soggiorno in Italia dello straniero sarebbe, secondo la direttiva, regolare, se invece si ritenesse che la direttiva non possa modificare o meglio sovrapporsi alla legislazione italiana, si dovrebbe ritenere che restando prevalente la legislazione italiana la permanenza dello straniero in Italia sarebbe comunque irregolare con la conseguenza della sussistenza del reato laddove lo straniero sia stato semplicemente colto in posizione di irregolarità.

Quanto appena detto non pare poter essere contraddetto dall’affermazione che il reato si concreta con l’ingresso od il trattenimento dello straniero nel territorio nazionale in violazione delle norme previste in astratto dal testo unico, perché se si considera preminente la direttiva comunitaria si arriverebbe all’assurdo di colpire un comportamento che per la legislazione successiva non è più in contrasto con la legge così creandosi un contrasto con il comma 2 dell’art 2 c.p.

Diventa allora a questo punto essenziale accertare quale possa essere la posizione
della direttiva comunitaria chiarendo in particolare se la stessa abbia o meno valore preminente sulla legislazione esistente secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di giustizia.

Come attenta dottrina ha rilevato le direttive possono contenere norme già direttamente efficaci prima ed indipendentemente dalla loro trasposizione nel diritto interno degli Stati membri, quando è inutilmente decorso il termine di recepimento, limitatamente alle norme chiare, precise e incondizionate. E la direttiva 2008/115 contiene numerose disposizioni aventi efficacia diretta, proprio perché chiare, precise e incondizionate come:
– l’obbligo di adottare una decisione di rimpatrio nei confronti di qualunque cittadino di paese terzo il cui soggiorno nello Stato membro sia irregolare (art. 6, par. 1) che prevede due deroghe e cioè a) se il cittadino del paese terzo è titolare di un permesso di soggiorno valido rilasciato da altro stato membro deve recarsi immediatamente in quello Stato e solo se non osserva questa prescrizione si applica la decisione di rimpatrio (art. 6, par. 2); b) l’obbligo di valutare la possibilità di astenersi dall’emettere la decisione di rimpatrio se il cittadino di paese terzo il cui soggiorno è irregolare ha iniziato una procedura per il rinnovo del permesso di soggiorno o un’altra autorizzazione che conferisca il diritto a soggiornare, fino al completamento della procedura (art. 6, par. 5)
– l’obbligo di privilegiare la partenza volontaria e di assegnare un congruo termine per la stessa tra 7 e 30 gg.(art. 7, par. 1), fatte salve 2 deroghe: a) l’obbligo di prorogare, ove necessario, la partenza volontaria tenendo conto delle circostanze specifiche del caso individuale (art. 7, par. 2) b) in caso di rischio di fuga o di rigetto della domanda di soggiorno perché manifestamente infondata o fraudolenta, oppure in caso di pericolo per l’ordine pubblico, la sicurezza nazionale o la sicurezza pubblica, gli Stati possono (dunque hanno una mera facoltà) astenersi dal concedere il periodo per la partenza volontaria o concedere un termine inferiore a 7 gg. (art. 7, par. 4) .

Anche in giurisprudenza si è venuta affermando una corrente per la quale si è ritenuto che il diritto dell’Unione Europea abbia uno status di primazia rispetto al diritto nazionale con la conseguenza che “… compito del giudice nelle varie controversie pendenti ( e non è esclusa la materia penale) è di dare applicazione alle fonti UE dotate di effetto diretto …nonché applicare il diritto nazionale in modo conforme alla lettera e agli scopi del diritto dell’Unione, all’occorrenza non applicando le norme interne con esso incompatibili.” (così Trib. Torino Sez. IV Penale 5/1/2011 in Guida al diritto n 5 del 29/1/2011 che ha fatto applicazione di tali principi con riferimento all’art. 14 commi 5 ter e quater del d.l.vo n. 286/98 norma ritenuta non più applicabile con la conseguente assoluzione di soggetto imputato di tale reato con la formula perché il fatto non è previsto dalla legge come reato)

Ed a tale corrente giurisprudenziale si ritiene di poter aderire anche con riferimento all’art 10 bis qui in esame con la conseguenza che detta norma diventa inapplicabile quando, come nel caso di specie, si debba riconoscere l’esistenza di comportamenti che, ove considerati punibili, finirebbero per risultare contrastanti con l’applicazione della direttiva comunitaria. In effetti l’applicazione dell’art. 10 bis almeno con riferimento all’ipotesi di trattenimento in violazione delle disposizioni del TU, pare problematica in considerazione della previsione prioritaria della partenza volontaria. Siccome il 10 bis – nella parte in cui si configura come fattispecie omissiva propria – non prevede un termine per l’adempimento, come può essere logicamente compatibile un reato in cui la condotta omissiva si perfezione nel momento in cui il soggiorno diventa irregolare, con l’obbligo di privilegiare la partenza volontaria dopo almeno 7 gg. e non immediatamente?

Anche sotto tale aspetto, l’applicazione del 10 bis almeno con riferimento all’ipotesi di trattenimento in violazione delle disposizioni del TU, diventa perciò problematica sempre in considerazione della previsione prioritaria della partenza volontaria in ordine alla quale non sono stati evidenziati elementi ostativi di rilievo. Si ritiene poi di sottolineare come la data dell’ ingresso illegale dello straniero in Italia dovrebbe farsi risalire almeno al 17/5/2001 allorché lo stesso venne identificato, ma all’epoca il reato dell’art. 10 bis non era ancora in vigore, per cui non si potrebbe contestare detto reato per un fatto che all’epoca tale non era e ciò in applicazione del comma 1 dell’art 2 c.p..

Tanto precisato e ritenuta prevalente l’applicazione della direttiva comunitaria si deve ammettere che nel caso di specie non si è provveduto nel senso da essa previsto, e cioè concedendo il dovuto termine per l’allontanamento volontario o dimostrando l’esistenza di motivi a tanto ostativi, il che consente di ritenere che al momento della contestazione del reato in epigrafe l’imputato si trovava ancora nel periodo di tempo in cui avrebbe potuto usufruire di tale termine per la partenza volontaria il che esclude che la sua presenza nel territorio nazionale fosse in contrasto con le norme di legge consentendo così di escludere anche la presenza del reato per cui si ritiene di poter assolvere l’imputato stesso proprio perché il fatto non è previsto come reato.
Per la complessità e novità delle argomentazioni svolte e per il carico di lavoro eccessivo in questo periodo, non è stato possibile depositare la motivazione della sentenza nei termini previsti

P.Q.M.

Visto l’articolo 530 c.p.p.
Assolve XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX dal reato a lui ascritto perché il fatto non è previsto come reato.

Torino 22 febbraio 2011