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Venezia – Il diritto d’asilo alle frontiere d’Europa. Tutti gli audio dell’incontro pubblico sulla guerra, i respingimenti, e la distruzione di un diritto fondamentale

Il 23 marzo scorso, nell’ambito della VII settimana antirazzista tenutasi per la prima volta a Venezia, docenti, associazioni e migranti hanno dato viat ad un incontro pubblico sui temi attualissimi della guerra e delle migrazioni, osservati soprattutto dal punto di vista dello svuotamento del diritto d’asilo in Europa.

Da una prospettiva antropologica, giuridica e politica, e attraverso immagini e testimonianze dirette, sono state così affrontate le principali violazioni subite dai profughi alle frontiere Este e Sud dell’Europa, siano esse interne o esterne: dall’isola di Lampedusa alle carceri libiche per migranti a lungo finanziate dal Governo italiano; dalle frontiere adriatiche (il porto di Venezia in testa), fino alla Grecia, condannata dalla Corte europea, nel gennaio scorso, per “trattamenti inumani e degradanti” inflitti ai richiedenti asilo.

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IntroduzioneA.Sciurba

Michel Agier, antropologo ed etnolgo all’EHESS di Parigi, ha parlato dell’evoluzione della figura del profugo, da persona in fuga verso libertà e dignità negate in patria, a soggetto istituzionalizzato in quanto richiedente asilo impigliato in umilianti iter burocratici sempre più impossibili, e vittima di una tripla esclusione giuridica, spaziale e sociale.
Agier si è concentrato sulle zone extraterritoriali nelle quali questa esclusione si concretizza: dai “campi” profughi dei paesi del Sud del mondo, a Lampedusa, a tutti i vari centri di confinamenti dove è messa in atto una sempre più pericolosa “gestione umanitaria” delle persone.

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InterventoM.Agier

Lauso Zagato, Professore di diritto internazionale e diritto dell’Unione europea alla Ca’ Foscari di Venezia, ha descritto le evoluzioni del diritto d’asilo da un punto di vista normativo, la sua “comunitarizzazione” attraverso le Direttive e i Regolamenti europei, nonché la sua attuale inadeguatezza rispetto alla reale tutela delle persone in fuga.

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InterventoL.Zagato

Nicola Grigion, del Progetto Melting Pot Europa, si è invece concentrato sugli attuali sconvolgimenti della gestione dell’asilo in Italia a partire dalla strumentalizzazione politica della crisi in Maghreb: sul gioco spietato di nuovi confinamenti subiti dai profughi e dagli sfollati a Lampedusa come nel nuovo centro di Mineo, e sui velocissimi mutamenti che stanno attraversando anche i Cie italiani. A partire da un’analisi della guerra in Libia, ha proposto di ripensare a un “diritto d’asilo europeo” che possa proteggere anche il reale diritto di cselta dei migranti. Ha poi annunciato la partenza del presidio Welcome per Lampedusa.

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InterventoN.Grigion

Sara Prestianni, coordinatrice di Migreurop, ha descritto la propria esperienza a Lampedusa nel febbraio scorso, le prassi di disumanizzazione dei migranti a cui ha assistito (e che ha fermato in alcune immagini che sono diventate una mostra fotografica presentata nell’ambito dell’incontro); e poi le testimonianze dirette delle centinaia di eritrei, somali ed etiopi ora bloccati a Bengasi e per i quali Migreurop ha chiesto a tutti gli Stati europei di aprire un canale di evacuazione umanitaria. Ha poi presentato il rapporto annuale di Migreurop: Alle frontiere d’Europa.
Controlli, detenzioni, espulsioni
, che si concentra sulle più mortifere frontiere d’Europa.

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InterventoS.Prestianni

Ali Chan, rifugiato politico afghano che adesso vive a Venezia, ha raccontato del suo viaggio dal Pakistan all’Italia, dell’inferno della frontiera greco-turca attraversata sette volte, e soprattutto del respingimento subito ad Ancona, dalla polizia di frontiera, quando ancora era minorenne.

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InterventoAliChan

Filippo Furri, dottorando in antropologia all’EHESS di Parigi e collaboratore di Migreurop e Melting Pot, ha descritto parte del rapporto Migreurop sulla frontiera adriatica tradotto e pubblicato da SOS Diritti e Melting Pot Europa presentato durante l’incontro, e ha letto e commentato proprio un’intervista fatta dal CIR al porto d’Ancona a un ragazzo poi respinto in Grecia.

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Mar Ionico e mar Adriatico. Diritti respinti tra l’Italia e la Grecia

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InterventoF.Furri

Alessandra Sciurba, SOS Diritti e Melting Pot Europa, ha moderato l’incontro e, in chiusura, ha raccontato delle interviste raccolte a Venezia, il giorno prima, a due minorenni aghani. I due ragazzini erano arrivati con due diversi gruppi di profughi nascosti su dei tir imbarcati su traghetti provenienti dalla Grecia. Il primo gruppo era arrivato il 6 marzo, ed era stato intercettato durante i controlli dei tir subito fuori dalla nave e ancora all’interno del porto. i ragazzi erano 7, tutti afghani, e sono stati portati dalla polizia di frontuera dentro un edificio del porto. lì, in maniera del tutto arbitraria, 4 sono stati rimessi a bordo della nave (due di questi erano minorenni) e tre sono stati affidati ai servizi preposti. L’interprete parlava solo prsiano, perché era iraniano, i respinti parlavano solo Pashto e sono stati costretti a firmare un foglio scritto in italiano di cui non potevano comprendere nulla. Non hanno incontrato nessun operatore sociale o membro del Cir, ma solo poliziotti. Prima di essere interrogati, a nessuno dei 7 profughi è stato dato da mangiare dopo più di venti ore di viaggio nel cassone di un tir.

Il secondo gruppo era arrivato invece il 10 marzo. Erano 8 afghani, tutti intercettati ancora sulla nave dall’equipaggio stesso. chi è riuscito a non essere respinto, un ragazzino di 15 anni che ci ha raccontato la storia, ha dichiarato:

la nave era una della Anek. l’equipaggio ci ha trovato quando siamo usciti dal tir perché nel container c’era cotone e faceva tanto caldo e due di noi erano svenuti e noi cercavamo dell’acqua per aiutarli. quando gli uomini vestiti di verde ci hanno trovato ci hanno preso i soldi e i telefoni che avevamo e poi ci hanno picchiato. ci hanno portato in una stanza della nave e lì, quando siamo arrivati in Italia, ci ha trovato la polizia di Venezia. Non ci ha chiesto perché eravamo insanguinati. Non c’era neppure un interprete ma solo poliziotti, due donne e tre uomini. ci hanno divisi: 4 di noi li hanno rimandati in Grecia e tra loro c’era mio cugino Nanghila che ha 16 anni e che era stato picchiato più forte di tutti ed era pieno di sangue. Uno dei ragazzi che è a Igoumenitsa, nella jungle, mi ha detto che sa che ora Nanghial è nel carcere del porto, lì in Grecia, quello è il carcere più brutto, e ci sono tanti bambini“.

Chi resta e chi viene respinto è stabilito solo dall’arbitrarietà delle forze dell’ordine che, a Venezia come a Lampedusa, sembrano seguire delle regole apparentemente incomprensibili e certamente non scritte, in aperta violazione con le tutele garantite ai fondamentali diritti umani (gli stessi diritti umani in nome dei quali si sganciano le bombe).