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Rivolte e proteste dei migranti nel CIE contro la detenzione fino a 18 mesi

Contro la criminalizzazione delle proteste, diritto di ingresso nei Cie

A soli 5 giorni dal passaggio alla Camera del Decreto Legge n. 89/2011, che attua la Direttiva Rimpatri nell’ordinamento interno e allunga fino a 18 mesi la detenzione amministrativa, già si verificano nei Centri di Detenzione ed Identificazione italiani (Milano, Modena, Trapani) le prime reazioni.

Nella mattinata di oggi, infatti, è scoppiata una rivolta all’interno del CIE di Bologna, dove i detenuti si sono ribellati con incendi ed atti di protesta, dopo che pochi mesi fa in questo lager etnico già si erano verificati tentativi di fuga, incendi e sommosse repressi dalla polizia e terminati con denunce per devastazione.

A Bologna fa caldo, siamo in piena estate e gli uomini e le donne presenti all’interno del centro non sopportano più di soffrire senza una ragione, considerando inoltre che dalla data di entrata in vigore del decreto 89/2011 il periodo di detenzione si è allungato fino a 18 mesi e la reclusione è diventata ormai una condizione permanente.

Molti di loro vengono dal Nord Africa, sono tunisini, da quando hanno fatto ingresso in Italia hanno conosciuto solo la negazione della libertà. Hanno ricevuto un decreto di respingimento differito ai sensi dell’art.10 c. 2 T.U. e sono stati smistati nei centri di detenzione di tutta Italia, tra cui quello di Bologna.

Scappare per la democrazia e per la libertà e trovarsi in una gabbia senza via di scampo, privi di ogni diritto o tutela, produce ribellione, quando non autolesionismo e tentativi di suicidio, come accaduto nei giorni scorsi nel CIE di Via Corelli, dove ancora una volta un migrante ha optato per questa forma di rivolta interiore ad una insopportabile ed ingiustificata privazione di libertà.

Rivolte e proteste, spesso agite contro grate, cancelli, sbarre, o con gli incendi di materassi e lenzuola, sono l’unico modo che i detenuti hanno per affermare il rifiuto ad un intero assetto normativo di controllo e repressione che li esclude dalla speranza di una vita degna.
Non devono essere denunciati, ma essere messi nella condizione di poter comunicare la propria disperazione, di denunciare la propria condizione, di raccontare le loro storie.

Rompiamo il loro isolamento, rivendichiamo la possibilità di accedere ai CIE, a partire da
Lunedì 25 luglio, quando giornalisti e parlamentari reclameranno il diritto di ingresso nei Cie per rivendicare la necessità di verificare quanto accade all’interno dopo che la detenzione è diventata permanente.