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Quale sanzione per l’inadempimento integrale dell’Accordo di integrazione?

di Paolo Fasano, Centro Immigrati Comune di Ravenna

Il 10 marzo è entrato in vigore l’Accordo di integrazione previsto dall’art. 4 bis del dlgs. 286/98. Da questa data il cittadino di Paese Terzo che fa ingresso in Italia sottoscrive un accordo con lo Stato che prevede impegni reciproci finalizzati al raggiungimento di determinati obiettivi di integrazione. Assumono particolare rilevanza l’apprendimento della lingua italiana e l’educazione civica, come strumenti di facilitazione della convivenza civile, nel rispetto dei valori sanciti dalla Costituzione italiana.

I Ministri degli Interni e per la Cooperazione internazionale e l’Integrazione hanno spiegato molto bene nelle linee guida emanate il 2 marzo il valore, non solo simbolico, di questo patto tra cittadino immigrato e Stato.
Nell’ipotesi di inadempimento integrale dell’accordo, i Ministri stabiliscono saggiamente che per le categorie escluse dalla sanzione della revoca del permesso di soggiorno e notifica dell’espulsione amministrativa, il Prefetto non debba procedere alla verifica dell’accordo, non essendo applicabile l’effetto della norma, in virtù di ovvie “ragioni di semplificazione e di economicità amministrativa”.

Bene, ma quali sono i cittadini che godono di questa particolare eccezione?
Vi rientrano i titolari di permesso di soggiorno per asilo, per richiesta di asilo, per protezione sussidiaria, per motivi umanitari, per motivi familiari, di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, di carta di soggiorno per familiare straniero di cittadino dell’Unione europea, nonchè dello straniero titolare di altro permesso di soggiorno che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare.
Si tratta di categorie protette da norme europee. La ratio di tale scelta da parte del legislatore nazionale risiede nella consapevolezza che l’Unione non ama gli automatismi, in quanto possono produrre effetti sproporzionati in violazione di uno dei principi fondamentali del diritto dell’Unione, il principio di proporzionalità. Gli automatismi normativi  impediscono di compiere un esame corretto del singolo caso concreto, in quanto non fanno altro che stabilire un mero collegamento tra una situazione ed una conseguenza prevista. In passato la Corte di Giustizia dell’Unione aveva già espresso la sua contrarietà agli automatismi normativi. Ricordiamo la sentenza C-503/2003 con la quale aveva condannato gli automatismi del Sistema Informativo Schengen, in base ai quali la semplice segnalazione nel sistema comportava il rifiuto automatico del visto di ingresso, sempre con riferimento a categorie protette da disposizioni europee, in questo caso i familiari non UE di cittadini dell’Unione.
 
La direttiva 98/2011 sul permesso unico per lavoro, che gli Stati membri dovranno recepire entro il 25/12/2013, interviene finalmente sulla categoria dei lavoratori migranti, stabilendo una procedura unica di rilascio/rinnovo e un corpo di diritti (sociali, economici, etc.) per i cittadini che chiedono o sono stati ammessi a soggiornare per motivi lavoro oppure per motivi diversi, ma con autorizzazione a lavorare.
Pertanto dal momento del recepimento della direttiva e comunque non oltre il 25/12/2013, anche la categoria dei lavoratori migranti, la più numerosa, sarà protetta dalle garanzie e dai principi del diritto dell’Unione.
A nostro avviso, pertanto, la parte della norma che prevede la grave sanzione della perdita del permesso e dell’espulsione, così formulata, non sarà applicabile nemmeno a questi ultimi, che si aggiungeranno agli altri soggetti esclusi. I primi accordi sottoscritti dovrebbero scadere tra 2 anni, quando sarà già in vigore la direttiva europea sul permesso unico per motivi di lavoro.
 
Se così è, allora è bene dirlo, in quanto abbiamo l’occasione di valorizzare la parte migliore dell’Accordo – l’impegno reciproco tra Stato e cittadino straniero per la realizzazione di utili percorsi di autonomia – e di eliminare gli effetti più deteriori e penalizzanti della norma, con conseguenze positive anche sul piano delle risorse impiegate, venendo meno la necessità di sottoporre ad ulteriori sovraccarichi funzionali gli Uffici preposti alla verifica dell’Accordo.