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L’allontanamento dal territorio dello Stato dello straniero extracomunitario in generale

Scheda a cura di Guido Savio e Paolo Bonetti, Asgi

1. Quadro generale

– 2. I respingimenti: tipologia, presupposti, modalità di esecuzione ed effetti

  • 2.1. Il respingimento alla frontiera
  • 2.2. Il respingimento differito disposto dal questore
  • 2.3. Obblighi del vettore
  • 2.4. I divieti di respingimento
  • 2.5. Assistenza e categorie vulnerabili
  • 2.6. La tutela giurisdizionale

– 3. Espulsioni in generale: tipologia, presupposti, modalità di esecuzione (incluso accompagnamento o l’eventuale concessione del termine per la partenza volontaria e le misure coercitive) ed effetti (incluso il divieto di rientro)

  • 3.1. I provvedimenti amministrativi di espulsione
  • 3.1.1. Le espulsioni ministeriali
  • 3.1.2. Le espulsioni disposte dal prefetto
    a) Le espulsioni per irregolarità dell’ingresso
    b) Le espulsioni per irregolarità del soggiorno
    c) Le espulsioni per motivi di pericolosità sociale
    d) Le espulsioni dello straniero espulso o respinto che non ottempera entro il termine massimo fissato nell’ordine di allontanamento disposto dal questore
    e) L’espulsione in attuazione di una decisione di allontanamento adottata da altro Stato membro dell’Unione europea
    f) Espulsione adottata alla scadenza del termine per impugnare le decisioni di rigetto, di estinzione e di inammissibilità della domanda di protezione internazionale
    g) Particolari cautele nell’adozione delle espulsioni prefettizie
    h) Forme di regolarizzazione
  • 3.2. Espulsione a titolo di misura di sicurezza
  • 3.3. Espulsione a titolo di sanzione sostitutiva della pena
  • 3.4. Espulsione a titolo di misura alternativa alla detenzione

– 4. I divieti di espulsione e respingimento

– 5. L’esecuzione dei provvedimenti di espulsione. L’accompagnamento alla frontiera dello straniero espulso, il termine per la partenza volontaria e gli incidenti di esecuzione: l’accompagnamento, la convalida, il trattenimento nei CIE (e la proroga) o le misure alternative, l’ordine del questore

  • 5.1. I casi di esecuzione dell’espulsione con accompagnamento alla frontiera
  • 5.2. Casi e modi per l’esecuzione dell’espulsione con concessione di un termine per la partenza volontaria
  • 5.3 La convalida dell’accompagnamento alla frontiera
  • 5.4 Gli ostacoli all’accompagnamento immediato alla frontiera e gli incidenti di esecuzione nella procedura di accompagnamento alla frontiera
    5.4.1. Il trattenimento nei Centro di identificazione ed espulsione
    5.4.2. Le misure alternative al trattenimento
    5.4.3. L’ordine di allontanamento del questore

– 6. I reati connessi alle espulsioni

  • 6.1. I reati di inottemperanza all’ordine del questore di allontanarsi dal territorio dello Stato impartito allo straniero espulso o respinto
  • 6.2. I reati connessi alle violazioni delle misure imposte nel caso di concessione del termine per la partenza volontaria e in alternativa al trattenimento
  • 6.3. I reati di reingresso illegale dello straniero espulso
  • 6.4. I reati di trasgressione all’ordine di espulsione a titolo di misura di sicurezza

– 7. I programmi di rimpatrio assistito

1. Quadro generale

I provvedimenti con cui lo Stato italiano dispone l’allontanamento dal suo territorio dei cittadini di Paesi non appartenenti all’Unione europea e degli apolidi – di seguito indicati come stranieri, secondo la definizione normativa (art. 1, co. 1, del testo unico delle leggi sull’immigrazione emanato con D. Lgs. 286/1998, di seguito definito “T.U.”)– che non hanno titolo per soggiornarvi, si suddividono in due grandi categorie: i respingimenti e le espulsioni.
A) I respingimenti (art. 10 T.U.) sono disposti dall’autorità amministrativa di pubblica sicurezza e possono essere di due tipi
A1) respingimento alla frontiera disposto dalla polizia di frontiera immediatamente eseguito al valico di frontiera
A2) respingimento disposto dal Questore e differito nel tempo

B) Le espulsioni sono quattro diversi tipi di provvedimenti che sono disposti
B1) dall’autorità amministrativa di pubblica sicurezza nei confronti di stranieri che siano in posizione di soggiorno irregolare o che siano ritenuti pericolosi per la sicurezza pubblica o per l’ordine pubblico o per la sicurezza dello Stato (provvedimenti amministrativi di espulsione: art. 13 T.U.)
B2) dall’autorità giudiziaria, in conseguenza di procedimenti penali:
a) espulsione a titolo di misura di sicurezza, che è disposta nei confronti del condannato straniero socialmente pericoloso: art. 15 T.U., codice penale e altre leggi
b) espulsione a titolo di misura alternativa alla detenzione che riguarda il detenuto straniero negli ultimi due anni di esecuzione della pena: art. 16 T.U.,
c) espulsione a titolo di sanzione sostitutiva della pena, che riguarda lo straniero
in situazione di soggiorno irregolare che deve essere condannato per un reato punito con la pena della reclusione inferiore a due anni: art. 16 T.U.

Effetto tipico e scopo comune sia dei respingimenti, sia delle espulsioni è l’effetto ablativo, cioè l’obbligo dello straniero di lasciare il territorio dello Stato dal territorio nazionale e tale obbligo è quasi sempre eseguito immediatamente in modo coercitivo, con il provvedimento di accompagnamento immediato alla frontiera da parte delle forze di polizia, disposto dal Questore e convalidato entro 48 ore dall’autorità giudiziaria, mentre soltanto per i provvedimenti amministrativi di espulsione sono previste ipotesi residuali in cui l’espulsione è differita o si concede un termine per la partenza volontaria.
Qualora sussistono impedimenti temporanei, materiali o legali, all’effettiva esecuzione immediata dell’accompagnamento alla frontiera dello straniero respinto o espulso l’autorità di pubblica sicurezza può disporre il trattenimento dello straniero respinto o espulso in appositi centri di identificazione od espulsione per uno o più periodi successivi per un massimo di 18 mesi o anche altre temporanee misure coercitive alternative ovvero, qualora non sia possibile il trattenimento ovvero il periodo di trattenimento non sia stato sufficiente per rimuovere gli ostacoli all’effettivo accompagnamento alla frontiera, emana un ordine allo straniero respinto o espulso di allontanarsi dal territorio dello Stato entro i successivi 7 giorni, la cui trasgressione senza giustificato motivo è punita penalmente.

Invece soltanto le espulsioni oltre ad esigere l’effettivo allontanamento dello straniero espulso dal territorio dello Stato producono ulteriori effetti nelle ipotesi in cui sono corredate da un divieto di reingresso dello straniero espulso per un determinato periodo successivo alla loro esecuzione, divieto che riguarda sia l’Italia, sia tutti gli altri Stati membri dell’area Schengen o dell’Unione europea, anche mediante la segnalazione al SIS (Sistema informativo Schengen) ai fini della non ammissione.

Le fonti disciplinanti i sistemi di allontanamento sono sia interne che sovranazionali.
Tra le fonti interne, oltre la Costituzione, la disciplina organica è il “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero” ( D.Lgs. 286/98 e successive modifiche) di seguito denominato T.U.(artt.10, 13, 14, 14 ter, 15, 16, 19) ed il capo terzo del suo regolamento di attuazione (D.P.R. 394/1999). Altre ipotesi di espulsione sono previste nel codice penale (artt. 235, 312), nel Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti (D.P.R. 309/1990, art. 86) e nella L. n. 155/2005 (art. 3).
Tra le fonti comunitarie, oltre alla nota direttiva 2008/115/CE sul rimpatrio degli stranieri in situazione irregolare (c.d. direttiva rimpatri) recepita con L. 129/2011, vanno menzionate la direttiva 2001/40/CE, relativa al riconoscimento reciproco delle decisioni di allontanamento dei cittadini di Paesi terzi, recepita con D. Lgs. 12/2005, la direttiva 2003/110/CE, relativa all’assistenza durante il transito nell’ambito di provvedimenti di espulsione per via aerea, recepita con D. Lgs. 24/2007, il regolamento CE 15.3.2006, n. 562/2006 (codice frontiere Schengen).
Tra le fonti internazionali sono rilevanti gli artt. 3 e 5 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (C.E.D.U.) ratificata e resa esecutiva con L. 848/1955, l’art. 4 (divieto di espulsion i collettive di stranieri) del Protocollo IV alla CEDU , firmato a Strasburgo il 16 settembre 1963 , ratificato e reso esecutivo con D.P.R. 14 aprile 1982, n. 217, e l’art. 1 del Protocollo VII alla CEDU, ratificato e reso esecutivo con legge 28 agosto 1997, n. 296, che prevede le garanzie procedurali in caso di espulsioni.

Tutti i provvedimenti di espulsione e di respingimento hanno la forma del decreto e devono essere motivati in fatto e in diritto (art. 13,co. 3, T.U., art. 3 L. 241/1990), sono immediatamente esecutivi, anche se sottoposti a gravame o impugnativa. Sono atti recettizi, cioè producono i loro effetti dopo la loro notificazione, e, al pari di ogni altro atto concernente l’ingresso o il soggiorno, sono comunicati all’interessato unitamente all’indicazione delle modalità di impugnazione e ad una traduzione in lingua conosciuta allo straniero ovvero, ove ciò non sia possibile, in lingua inglese, francese o spagnola, secondo la preferenza indicata dall’espellendo (art. 13, co. 7, T.U. ; art. 3, co. 3,4, D.P.R. 394/1999).

Si illustrano di seguito in generale i singoli provvedimenti.

2. I respingimenti: tipologia, presupposti, modalità di esecuzione ed effetti

2.1. Il respingimento alla frontiera
Il respingimento alla frontiera è l’atto con il quale la polizia di frontiera respinge gli stranieri che si presentano ai valichi di frontiera privi dei requisiti richiesti dal T.U. per l’ingresso nel territorio dello Stato (art. 10, co. 1, T.U.).
L’esecuzione di questo tipo di provvedimento di respingimento è immediata, nel senso che il competente ufficio di polizia di frontiera dopo il controllo al valico di frontiera rinvia immediatamente lo straniero respinto nello Stato da cui proviene, così impedendogli l’ingresso nel territorio dello Stato.
Presupposto del respingimento alla frontiera è la mancanza da parte dello straniero di uno dei requisiti per l’ingresso previsti dall’art. 4 T.U., commi 1, 3, 6, e dagli artt. 5 e 13 del Codice frontiere Schengen (Regolamento CE 15 marzo 2006, n. 562/2006):
a) possesso di passaporto valido o documento equipollente;
b) possesso di un visto d’ingresso, salvo i casi di esenzione, qualora sia prescritto (art. 4. co. 1, T.U.);
c) possesso di idonea documentazione atta a confermare lo scopo e le condizioni del soggiorno;
d) disponibilità di mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del soggiorno e, fatta eccezione per i titolari di permesso di soggiorno per motivi di lavoro, per il ritorno nel Paese di provenienza;
e) non essere segnalato nel SIS (Sistema informativo Schengen) ai fini della non ammissione;
f) non essere considerato una minaccia per l’ordine pubblico o per la sicurezza dello Stato ovvero per l’ordine pubblico, la sicurezza interna, la salute pubblica o le relazioni internazionali di uno degli Stati membri;
g) non essere destinatario di un provvedimento di espulsione;
h) non essere destinatario di un divieto di rientro in quanto espulso, salvo che abbia ottenuto dal Ministero dell’interno l’apposita autorizzazione prevista dall’art. 13 T.U.

Il provvedimento di respingimento alla frontiera di per sé non comporta alcuna forma di divieto di reingresso (rinvio), né comporta la segnalazione – ai fini della non ammissione futura – nel Sistema d’informazione Schengen: pertanto lo straniero respinto alla frontiera per difetto di taluno dei requisiti richiesti per l’ingresso nel territorio nazionale, può in qualsiasi momento successivo fare regolare ingresso, a condizione che sia in possesso dei requisiti in precedenza mancanti.
Il respingimento alla frontiera non è un mero comportamento, ma un provvedimento scritto e motivato adottato dall’ufficio di polizia di frontiera: l’art. 13, par. 2 del Codice frontiere Schengen prevede che il respingimento possa essere disposto solo con un provvedimento motivato che ne indichi le ragioni precise e che sia notificato all’interessato e l’art. 3, comma 3 del regolamento di attuazione del T.U. approvato con D.P.R. n. 394/1999 prevede che il provvedimento che dispone il respingimento è comunicato allo straniero mediante consegna a mani proprie o notificazione del provvedimento scritto e motivato, contenente l’indicazione delle eventuali modalità di impugnazione, effettuata con modalità tali da assicurare la riservatezza del contenuto dell’atto; se lo straniero non comprende la lingua italiana, il provvedimento deve essere accompagnato da una sintesi del suo contenuto, anche mediante appositi formulari sufficientemente dettagliati, nella lingua a lui comprensibile o, se ciò non è possibile per indisponibilità di personale idoneo alla traduzione del provvedimento in tale lingua, in una delle lingue inglese, francese o spagnola, secondo la preferenza indicata dall’interessato.
Lo straniero destinatario di un provvedimento di respingimento alla frontiera non commette il reato di ingresso illegale (art. 10 bis, T.U., si veda l’apposita scheda) proprio perché non si verifica l’ingresso nel territorio nazionale.

2.2. Il respingimento differito disposto dal Questore
Il respingimento non è immediato, ma differito nel tempo, quando lo straniero è entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera, ed è fermato all’ingresso o subito dopo – in una condizione analoga alla quasi flagranza – , ovvero quando lo straniero, pur essendo privo dei requisiti per l’ingresso, è stato temporaneamente ammesso nel territorio dello Stato per necessità di pubblico soccorso (art. 10, co. 2, T.U.). In queste ipotesi il respingimento è eseguito dal questore con accompagnamento alla frontiera in un momento successivo e non si applicano le disposizioni per la concessione di un termine per la partenza volontaria (art. 13, co. 5, T.U.).
La differenza tra il respingimento immediato e quello differito è questa: nel primo caso lo straniero non fa ingresso nel territorio dello Stato, mentre nel secondo supera la frontiera, entra fisicamente in Italia, ma viene immediatamente intercettato, oppure è ammesso temporaneamente per ragioni di soccorso.
Il respingimento differito per essersi lo straniero sottratto ai controlli di frontiera è istituto che trova larga applicazione nella prassi, anche recentemente in occasione degli sbarchi a Lampedusa.
Un punto di estrema criticità è dato dalla possibile sovrapponibilità di questa ipotesi di respingimento con quella dell’espulsione disposta dal prefetto, caso per caso, nei confronti dello straniero che è entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera, senza, appunto, essere stato respinto (art. 13, co. 2, lett. a), T.U.): in entrambi i casi le condotte sono simili, trattandosi di ingresso illegale, ma, mentre nel caso dell’espulsione l’ingresso irregolare si è perfezionato da tempo, nel respingimento lo straniero è colto in situazione di ingresso irregolare subito dopo l’ingresso, cioè in prossimità della frontiera. Il punto è che non essendo possibile definire uniformemente il concetto temporale e spaziale di quando inizia e quando finisce il “subito dopo” l’avvenuto ingresso dello straniero nel territorio nazionale, consegue che l’autorità di pubblica sicurezza goda di una certa discrezionalità nel disporre l’espulsione o il respingimento in casi assolutamente simili tra loro.

Al pari del respingimento alla frontiera, anche il respingimento differito non è corredato da un divieto di reingresso, ma tra i due istituti differisce la fase esecutiva: immediata in un caso, con accompagnamento alla frontiera da parte del questore, nel secondo. In tale ultima ipotesi troveranno applicazione gli istituti dell’accompagnamento alla frontiera, del trattenimento in un C.I.E. e dell’ordine del questore.

A differenza delle ipotesi di respingimento immediato, lo straniero destinatario di un provvedimento di respingimento disposto dal Questore risponde della contravvenzione di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato (art. 10 bis, T.U.).

2.3. Obblighi del vettore
Il vettore che ha condotto alla frontiera uno straniero privo dei documenti per l’ingresso (art. 4, T.U.) ha l’obbligo di ricondurlo nello Stato di provenienza o in quello che ha rilasciato il documento di viaggio a sue spese (art. 10, comma 3 T.U.).

2.4. I divieti di respingimento
Le disposizioni sui respingimenti non si applicano ai richiedenti asilo politico, il riconoscimento dello status di rifugiato ovvero le misure di protezione temporanea per motivi umanitari (art. 10, co. 6 T.U.). In nessun caso può disporsi il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, sesso, lingua, cittadinanza, religione, opinioni politiche, condizioni personali o sociali, ovvero possa essere rinviato verso altro Stato in cui non possa essere protetto dalla persecuzione (art. 19, co. 1, T.U.).

2.5. Assistenza e categorie vulnerabili
La legge prevede che agli stranieri respinti sia fornita l’assistenza necessaria presso i valichi di frontiera (art. 10, co. 5, T.U.), peraltro senza alcuna ulteriore specificazione: trattasi della minima assistenza materiale rispetto alle esigenze prioritarie ed urgenti.
Si prevede altresì che il respingimento di persone vulnerabili sia effettuato con modalità compatibili con le specifiche condizioni personali, ove siano debitamente accertate (art. 19, co. 2 bis, T.U.).

2.6. La tutela giurisdizionale
L’individuazione dei mezzi di tutela giurisdizionale esperibili avverso i provvedimenti di respingimento (sia immediati che differiti) è problematica perché il T.U. non li indica espressamente.
Peraltro il Codice frontiere Schengen (art. 13, co. 3) prevede che le persone respinte abbiano diritto di presentare ricorso, pur senza efficacia sospensiva automatica, conformemente alla legislazione nazionale.
Poiché dunque la legislazione statale non individua la giurisdizione competente, dottrina e giurisprudenza sono divise tra un orientamento che propende per la giurisdizione amministrativa e un altro che propende per la giurisdizione ordinaria.
Milita a favore della prima tesi – ricorso al T.A.R. – la constatazione della natura di atto amministrativo del decreto di respingimento, che, stante il principio di tassatività delle impugnazioni, ricade nel perimetro della giurisdizione amministrativa, in assenza di diverse indicazioni normative derogatorie al principio generale. Viceversa, i fautori della giurisdizione ordinaria ritengono che il provvedimento di respingimento alla frontiera rappresenti, per omogeneità contenutistica e funzionale, una species rispetto al genus provvedimento di espulsione rientrante nella giurisdizione del giudice ordinario (T.A.R. Sicilia, 6. aprile 2009, n. 668; T.A.R Calabria 20 aprile 2006, n. 432; T.A.R Campania 3 luglio 2007, n. 6441).
In via teorica peraltro se si argomenta a partire dalle situazioni giuridiche soggettive lese è evidente che il respingimento alla frontiera potrebbe spettare alla giurisdizione amministrativa trattandosi di un provvedimento che, al più, limita un mero interesse legittimo dello straniero ad entrare sul territorio nazionale, mentre la competenza sarebbe della giurisdizione ordinaria sia nei confronti del respingimento disposto dal Questore, che comunque comporta l’accompagnamento, cioè una misura coercitiva della libertà personale, sia nei respingimenti alla frontiera allorché sia leso un diritto soggettivo dello straniero, come p. es. il diritto d’asilo o il diritto all’unità familiare o la libertà di circolazione e soggiorno del familiare extracomunitario di cittadino comunitario.
La questione, rilevantissima nella prassi, è ancora aperta finché le sezioni unite della Corte di cassazione non si pronunzieranno in merito, a seguito di proposizione di ricorso per regolamento di giurisdizione.

3. Espulsioni in generale: tipologia, presupposti, modalità di esecuzione (incluso
accompagnamento o l’eventuale concessione del termine per partenza volontaria e le misure coercitive) ed effetti (incluso il divieto di rientro)

Le espulsioni sono i provvedimenti, scritti e motivati, con cui l’autorità amministrativa di pubblica sicurezza o l’autorità giudiziaria dispongono l’allontanamento dal territorio dello Stato degli stranieri che non hanno, o hanno perso, il diritto di soggiornarvi.

Lo schema generale delle espulsioni è il seguente:
– A) Provvedimenti amministrativi di espulsione
A1. Provvedimento amministrativo di espulsione disposto dal Ministro dell’Interno
a) per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato
b) per motivi di prevenzione del terrorismo

A2. Provvedimento amministrativo di espulsione disposto dal Prefetto
a) per motivi di prevenzione del terrorismo
b) per ingresso in condizione irregolare
c) per soggiorno in condizione irregolare
d) per violazione di un ordine del Questore precedentemente imposto allo straniero respinto o espulso di lasciare il territorio nazionale
e) per motivi di presunta pericolosità sociale
f) per esecuzione di una decisione di allontanamento adottata da altro Stato membro dell’Unione europea

B) Espulsione a titolo di misura di sicurezza

C) Espulsione a titolo di sanzione sostitutiva della pena

D) Espulsione a titolo di misura alternativa alla detenzione

Le diverse tipologie espulsive trovano il loro fondamento in differenti presupposti.
a) Le espulsioni che trovano maggiore applicazione nella prassi sono i provvedimenti amministrativi di espulsione disposti dal Prefetto nei confronti dello straniero che si trova in posizione di soggiorno irregolare, che, a loro volta, si suddividono in ulteriori tipologie in ragione dei limiti al potere espulsivo connessi a specifiche situazioni ritenute dal legislatore meritevoli di distinta disciplina, come, ad esempio, l’espulsione dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare, l’espulsione conseguente alla revoca del permesso di soggiorno, l’espulsione dell’inottemperante all’ordine del questore, e così via.
b) Altre espulsioni, invece, prescindono dalla posizione di regolarità dell’ingresso o del soggiorno e sono motivate da esigenze di tutela e prevenzione della sicurezza e dell’ordine pubblico.
Anche questa categoria, però, si frammenta in diverse tipologie in funzione degli obiettivi perseguiti:
così oltre alle espulsioni disposte direttamente dall’autorità nazionale di pubblica sicurezza (provvedimenti amministrativi di espulsione disposti dal Ministro dell’interno per motivi di ordine pubblico o sicurezza dello Stato o per motivi di prevenzione del terrorismo), ve ne sono altre di emanazione prefettizia che si fondano sugli stessi presupposti delle misure di prevenzione.
c) Sono previste infine espulsioni disposte direttamente dall’autorità giudiziaria penale o in funzione deflattiva della popolazione carceraria, o sostitutiva della sanzione penale, o fondate su presunzioni di pericolosità sociale: eppure alcune di queste tipologie presuppongono anche una posizione di irregolarità amministrativa del destinatario.
Si tratta perciò di un sistema in cui i presupposti amministrativi e di pericolosità spesso si confondono e sovrappongono, il che non consente – sotto un profilo sistematico – di suddividere omogeneamente le varie tipologie di espulsioni sulla base dei rispettivi presupposti.
In linea molto generale alla base di tutti i tipi di espulsione, amministrativa o giudiziaria, c’è una valutazione – operata dal legislatore in termini generali e astratti – di non meritevolezza della permanenza dello straniero sul territorio.
La potestà espulsiva è rigidamente vincolata dalla legge e l’iter di formazione della volontà dell’amministrazione ( o del giudice) deve risultare chiaramente dall’atto espulsivo che, nelle espulsioni amministrative, ha la forma del decreto scritto e motivato in fatto e in diritto.
Le espulsioni amministrative sono immediatamente esecutive, anche se sottoposte a impugnazione, e devono essere notificate all’interessato preferibilmente a mani proprie o comunque in modo tale da garantire la riservatezza del contenuto.
Quanto alle modalità di esecuzione delle espulsioni, in linea generale si osserva come, nonostante la Direttiva 2008/115/CE sul rimpatrio degli stranieri in situazione di soggiorno irregolare privilegi la concessione di un termine per la partenza volontaria degli stranieri sottoposti a provvedimenti di rimpatrio per la loro situazione di soggiorno irregolare, la legislazione nazionale
continua a privilegiare l’accompagnamento alla frontiera coattivo di tutti gli stranieri espulsi, incluso lo straniero espulso con provvedimento amministrativo di espulsione del Prefetto, relegando ad un ruolo marginale la possibilità per lo straniero espulso di chiedere e ottenere un termine per la partenza volontaria, che è possibile soltanto nelle ipotesi in cui sia già stato escluso un rischio
di fuga, nel qual caso allo straniero espulso sono contestualmente imposte anche misure per garantire l’adempimento dell’obbligo di allontanamento nel termine prescritto, la cui violazione, oltre che comportare l’accompagnamento coatto dell’espulso alla frontiera, costituisce reato.
Nelle numerose ipotesi in cui non è possibile eseguire immediatamente l’accompagnamento immediato alla frontiera dello straniero espulso a mezzo della forza pubblica – che si configurano come incidenti di esecuzione dell’iter espulsivo – la legge consente al Questore di disporre il trattenimento dello straniero espulso nei Centri di identificazione ed espulsione, per periodi di 30 giorni, prorogabili per una durata massima complessiva di diciotto mesi, che svolge una funzione affatto eccezionale nel sistema espulsivo italiano. Se nemmeno il trattenimento può essere attuato o se non ha consentito l’effettivo accompagnamento alla frontiera il Questore può disporre l’ordine allo straniero espulso di lasciare il territorio dello Stato entro 7 giorni, che appare lo strumento esecutivo più utilizzato, corredato di sanzioni penali per la sua violazione, anche reiterata.
Tutte le espulsioni sono corredate da un divieto di reingresso dello straniero espulso, decorrente dalla data di esecuzione del provvedimento, per un periodo non inferiore a tre anni e non superiore a cinque, ma nelle ipotesi di espulsione connotate da pericolosità sociale il divieto può essere superiore.
Solo nel caso di concessione del termine per la partenza volontaria e di suo rispetto da parte dello straniero, costui potrà chiedere la revoca del divieto di reingresso subito dopo il suo rientro in patria.

3.1. I provvedimenti amministrativi di espulsione

3.1.1. Le espulsioni ministeriali
A) Per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, il Ministro dell’interno ha facoltà di disporre l’espulsione dello straniero, anche non residente nel territorio dello Stato (art. 13, co. 1, T.U.). La natura di atto politico, altamente discrezionale, di questa tipologia espulsiva è sottolineata dall’obbligo per il Ministro di dare preventiva comunicazione dell’adozione del provvedimento
al Presidente del Consiglio dei ministri ed al Ministro degli affari esteri. Il decreto
deve essere scritto e motivato ed è eseguito con accompagnamento immediato alla frontiera da parte delle forze di polizia.

B) il Ministro dell’interno o, su sua delega il prefetto, può disporre l’espulsione dello straniero in presenza di fondati motivi per ritenere che la sua permanenza nel territorio dello Stato possa, in qualsiasi modo, agevolare organizzazioni o attività terroristiche internazionali (art. 3, L. 155/2005).

3.1.2. Le espulsioni disposte dal prefetto
La potestà espulsiva del prefetto deve essere sempre esercitata, nei casi previsti dall’art. 13, comma 2 T.U., caso per caso, cioè tenendo conto delle situazioni e delle esigenze specifiche di cui è portatore l’espellendo. Questo peculiare onere di valutazione cui è soggetto il prefetto, si riverbera, come vedremo tra poco, soprattutto nelle modalità di esecuzione dell’espulsione (rinvio). Cionondimeno la potestà espulsiva è rigidamente vincolata alla legge, e la valutazione caso per caso si attua sul piano istruttorio i cui risultati debbono risultare nella motivazione del
provvedimento.

A) Le espulsioni per irregolarità dell’ingresso
Il prefetto dispone – previa valutazione caso per caso – l’espulsione dello straniero che è entrato nel territorio nazionale sottraendosi ai controlli di frontiera, senza essere stato respinto (art. 13, co.2, lett. a), T.U.).
I presupposti di questo tipo di provvedimento amministrativo di espulsione sono due, uno positivo e l’altro negativo:
1) l’ingresso nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera,
2) la mancata adozione di un decreto di respingimento.
Per stabilire quando l’ingresso è irregolare, occorre far riferimento alle disposizioni del T.U. che lo regolano: l’ingresso nel territorio dello Stato è consentito allo straniero in possesso di valido passaporto o documento equipollente e del visto d’ingresso, salvo i casi di esenzione, di documentazione atta a dimostrare le condizioni e i motivi del soggiorno, di disponibilità di mezzi di sostentamento e che non si trovi in una delle condizioni ostative al soggiorno previste dall’art. 4 T.U. e l’ingresso può avvenire soltanto attraverso i valichi di frontiera appositamente istituiti, salvi i casi di forza maggiore (art. 4, co. 1, T.U.).

La prova della regolarità dell’ingresso è fornita dal timbro datario apposto sul passaporto dello straniero dalla polizia di frontiera (art. 7, co.2, D.P.R. 394/1999); a seguito dell’abolizione dei controlli alla frontiere interne degli Stati aderenti all’area Schengen e poiché le frontiere interne possono essere attraversate in qualunque luogo senza che sia effettuato il controllo delle persone (art. 20, Reg. 2006/562/CE), la prova della regolarità dell’ingresso è fornita dal timbro apposto
sul passaporto dalla polizia della frontiera esterna del Paese membro attraverso cui è stato effettuato l’ingresso in area Schengen ovvero su apposito foglio separato.

Inoltre, l’avvenuta adozione di un decreto di respingimento per il medesimo ingresso irregolare impedisce l’adozione del provvedimento di espulsione.

Lo straniero che entra illegalmente nel territorio dello Stato , salvo che sia richiedente asilo o si trovi in altra situazione consentita dalla legge, oltre a trovarsi in condizione di soggiorno irregolare che comporta il provvedimento amministrativo di espulsione, commette il reato contravvenzionale di ingresso illegale (art. 10 bis, T.U.), ovvero, qualora sia stato precedentemente già espulso senza essere stato autorizzato al rientro prima della scadenza del divieto di reingresso, lo specifico reato di reingresso illegale di straniero già espulso (art. 13, co. 13, 13 bis, T.U.).

B) Le espulsioni per irregolarità del soggiorno
Il prefetto dispone – previa valutazione caso per caso – l’espulsione dello straniero che si trovi in una delle seguenti situazioni (art. 13, co. 2, lett. b), T.U.):
a) si è trattenuto nel territorio dello Stato in assenza della comunicazione prevista (art. 27, co. 1 bis, T.U.) in caso di distacco di lavoratore straniero, dipendente da datore di lavoro avente sede all’estero, autorizzato ad entrare in Italia per il compimento di determinate prestazioni oggetto di contratto d’appalto;

b) si è trattenuto nel territorio dello Stato senza avere chiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto (art. 5, co. 2, T.U.) di otto giorni lavorativi dall’ingresso, salvo che il ritardo sia dipeso da forza maggiore;

c) si è trattenuto nel territorio dello Stato senza avere reso alla Questura entro 8 giorni dall’ingresso la dichiarazione di presenza prevista per i soggiorni inferiori a 90 giorni per turismo, affari, visita, studio (art. 1, co. 3, L. 68/2007),

d) si è trattenuto nel territorio dello Stato quando il permesso di soggiorno è stato revocato dal Questore. Tra i motivi che determinano la revoca del permesso di soggiorno e la conseguente espulsione vi sono:

  • il venir a mancare dei requisiti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, salvo che subentrino nuovi elementi o che si tratti di irregolarità amministrative sanabili (art. 5, comma 5 T.U.);
  • la violazione del divieto di ricongiungimento del coniuge di straniero regolarmente soggiornante con altro coniuge nel territorio nazionale (artt. 5, comma 5-ter, e 29, comma 1-ter T.U.);
  • la perdita integrale dei crediti derivanti dall’accordo di integrazione (art. 4 bis, co. 2 T.U.,);
  • la condanna irrevocabile, a carico di straniero titolare di permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo, per uno dei reati in materia di violazione di diritti d’autore ( L. 22 aprile 1941, n. 633), o per il reato di commercio di prodotti con marchi contraffatti (art. 473,474, cod. pen.);
  • la sentenza di condanna, anche non irrevocabile, compresa quella adottata a seguito di applicazione della pena su richiesta (c.d. “patteggiamento”, artt. 444, ss. cod. proc. pen.), per i reati indicati nell’art. 380 cod. pen.p. (ipotesi di arresto obbligatorio in flagranza), ovvero per reati inerenti gli stupefacenti, la libertà sessuale, il favoreggiamento delle migrazioni clandestine , o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite (artt. 4, co.3, 5, co.5, T.U.).

e) si è trattenuto nel territorio dello Stato quando il permesso di soggiorno è stato annullato o rifiutato dal Questore (e sempreché lo straniero il cui permesso di soggiorno sia stato rifiutato non abbia volontariamente lasciato il territorio dello Stato entro il termine, non superiore a 15 giorni lavorativi, concesso dal questore ai sensi dell’art. 12 del regolam. di att. del T.U. approvato con d.p.r. n. 394/1999). Tra i motivi che determinano l’annullamento o il rifiuto del permesso di soggiorno vi sono la mancanza dei requisiti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, salvo che subentrino nuovi elementi o che si tratti di irregolarità amministrative sanabili (art. 5, comma 5 T.U.) e l’accertamento della violazione del divieto di ricongiungimento del coniuge di straniero regolarmente soggiornante con altro coniuge nel territorio nazionale (artt. 5, comma 5-ter, e 29, comma 1-ter T.U.);

f) si è trattenuto nel territorio dello Stato quando il permesso di soggiorno è scaduto da più di sessanta giorni e non ne è stato chiesto il rinnovo (tuttavia in base all’art. 30 T.U. non deve applicarsi tale ipotesi allorché lo straniero abbia i requisiti per mantenere l’unità familiare e il permesso di soggiorno sia scaduto da meno di 1 anno);

g) si è trattenuto oltre il termine di novanta giorni, ovvero in quello più breve indicato nel visto d’ingresso per i soggiorni per motivi di turismo, studio, visite o affari;

h) essendo munito di permesso di soggiorno o altro titolo equipollente rilasciato da altro Paese dell’Unione europea non ha reso alla Questura la dichiarazione di presenza entro sessanta giorni dall’ingresso nel territorio dello Stato (art. 5, co. 7, T.U.), in tal caso però l’espulsione è facoltativa.

C) Le espulsioni per motivi di pericolosità sociale
Il prefetto dispone l’espulsione quando, dopo valutazione caso per caso, ha motivo di ritenere, sulla base di elementi di fatto oggettivi e attuali , che lo straniero appartenga a talune categorie di persone pericolose per le quali sarebbero applicabili le misure di prevenzione (art. 1, L. 1423/1956; art. 1, L. 575/1965). In questi casi, invece di proporre al tribunale per le misure di
prevenzione nei confronti dello straniero l’applicazione delle misure di prevenzione, si dispone l’espulsione da parte dell’autorità amministrativa.
Le ipotesi delle leggi del 1956 e del 1965 oggi sono riprodotte dall’art. 1 del Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia (d. lgs. 6 settembre 2011, n. 159) e si riferiscono alle seguenti persone:
a) coloro che debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi;
b) coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose;
c) coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica.

D) Le espulsioni dello straniero espulso o respinto che non ottempera entro il termine massimo fissato nell’ordine di allontanamento disposto dal questore
Il prefetto dispone l’espulsione dello straniero già espulso o respinto con le forme dell’ordine di allontanamento del questore (art. 14, co. 5 bis, T.U.), quando lo straniero stesso non ha ottemperato all’ordine di abbandonare il territorio nazionale entro sette giorni, valutato il singolo caso, a condizione che lo straniero non sia detenuto in carcere.
Il nuovo decreto di espulsione ha dunque come presupposto la violazione di un precedente ordine di allontanamento.
Anche il nuovo decreto di espulsione così emanato può essere corredato da nuovo ordine di allontanamento del questore: è dunque possibile reiterare l’ordine di allontanamento del questore e, ad ogni successiva inottemperanza, si procederà a nuova espulsione determinando così un sistema di espulsioni a catena (art. 14, co. 5 ter, T.U.).

E) L’espulsione in attuazione di una decisione di allontanamento adottata da altro Stato membro dell’Unione europea
Il prefetto è altresì competente ad adottare il provvedimento di espulsione in esecuzione di una decisione di allontanamento adottata da un altro Stato membro dell’Unione europea, all’esecuzione dell’espulsione provvede il questore (art. 2, D. Lgs. 12/2005, si veda la scheda sul riconoscimento reciproco dei provvedimenti di allontanamento )

F) Espulsione adottata alla scadenza del termine per impugnare le decisioni di rigetto, di estinzione e di inammissibilità della domanda di protezione internazionale
Il richiedente protezione internazionale può essere espulso dopo che la sua domanda sia stata rigettata, estinta, dichiarata inammissibile dalla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale e sia inutilmente decorso il termine per impugnare (art. 35, D. Lgs. 25/2008).

G) Particolari cautele nell’adozione delle espulsioni prefettizie
La legge prevede almeno cinque particolari cautele e limiti nell’adozione di decreti espulsivi prefettizi da adottarsi nei confronti di determinate categorie di persone.
a) Nell’adottare un provvedimento di espulsione – limitatamente alle ipotesi di ingresso irregolare e di irregolarità del soggiorno (art. 13, co. 2, lett. a) e b), T.U.) – nei confronti dello straniero che ha esercitato ai sensi dell’art. 29 T.U. il diritto all’unità familiare, ovvero del familiare ricongiunto il prefetto deve tenere conto della natura ed effettività dei vincoli familiari dell’interessato, della durata del suo soggiorno, nonché dell’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese di origine. L’autorità amministrativa deve dunque operare un bilanciamento tra le ragioni di interesse pubblico che impongono l’espulsione dello straniero e il diritto al mantenimento dell’unità familiare tra lo straniero ricongiunto o che ha effettuato il ricongiungimento familiare e il suo nucleo familiare (art. 13, co. 2 bis, T.U.).
b) In applicazione del principio generale per cui l’espulsione deve essere disposta previa valutazione caso per caso della situazione personale in cui versa l’espellendo, l’esecuzione dell’espulsione (così come del respingimento) nei confronti di persone vulnerabili (disabili, anziani, minori, componenti di famiglie monoparentali con figli minori, vittime di gravi violenze psicologiche, fisiche o sessuali) è effettuata con modalità compatibili con le singole situazioni personali, debitamente accertate (art. 19, co. 2 bis, T.U.).
c) Nei confronti dello straniero identificato in uscita dal territorio nazionale durante i controlli di polizia alle frontiere esterne, l’espulsione non è disposta, né eseguita coattivamente se già adottata (art. 13, co. 2 ter, T.U.). Anche questa previsione pare ispirata al principio della valutazione caso per caso, per cui si ritiene cessato o affievolito l’interesse pubblico all’adozione del decreto espulsivo, o alla sua esecuzione coatta, nei confronti di chi si accinge a lasciare l’Italia.
d) Lo straniero titolare di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo (art. 9, T.U.) può essere espulso soltanto: a) per gravi motivi di ordine pubblico o sicurezza dello Stato (art. 13, co. 1, T.U.), b) per motivi di prevenzione del terrorismo (art. 3, co. 1, L. 155/2005), c) per motivi di pericolosità sociale (art. 13, co. 2, lett. c), T.U.). Ai fini dell’adozione del decreto espulsivo si tiene conto dell’età dell’interessato, della durata del suo soggiorno sul territorio nazionale, delle conseguenze dell’espulsione per l’interessato e i suoi familiari, dell’esigenza di legami familiari e sociali nel territorio nazionale e dell’assenza di tali vincoli nel Paese di origine (art. 9, co. 10,11, T.U.). Al di fuori di queste ipotesi lo straniero titolare di un permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo non può essere espulso (art. 19, co. 2, lett. b), T.U., si veda la scheda sul permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo).
e) Lo straniero titolare di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo rilasciato da altro Stato membro dell’Unione europea può essere espulso soltanto nei seguenti casi:
* a) con provvedimento amministrativo di espulsione disposto dal Prefetto per irregolarità del soggiorno (artt. 9 bis, co. 7, 13, comma 2, lett. b), T.U.) qualora il permesso di soggiorno rilasciato dall’Italia (art. 9 bis, co. 1,2, T.U.) è rifiutato o revocato perché ritenuto pericoloso per l’ordine pubblico o la sicurezza nazionale e in tali ipotesi l’allontanamento avviene verso l’altro Stato membro dell’Unione europea che aveva rilasciato il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo;
* b) con provvedimento amministrativo di espulsione disposto dal Ministro dell’Interno nel caso in cui sussistano i presupposti per l’espulsione ministeriale (art. 13, co. 1, T.U.; art. 3, co. 1, L. 155/2005; si veda sopra par. 3.1.1), ma in tali ipotesi l’espulsione è adottata dopo aver sentito l’altro Stato membro dell’Unione che aveva rilasciato il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo e l’accompagnamento è effettuato fuori dell’Unione europea.

H) Forme di regolarizzazione
In taluni casi eccezionali la legge consente di derogare all’obbligo di esercitare la potestà espulsiva del prefetto, pur in presenza di situazioni che di per sé la imporrebbero, sia per ingresso irregolare, sia per soggiorno irregolare.
Si tratta sia di veri e propri divieti di espulsione, sia di ipotesi in cui si prevede il rilascio di un permesso di soggiorno anche allo straniero che è entrato irregolarmente nel territorio dello Stato o che vi si trova in situazione di soggiorno irregolare (e che perciò non può essere espulso per ingresso o soggiorno irregolari), sia di ipotesi di sospensione della potestà espulsiva a fronte di queste particolari situazioni:
A) straniero entrato irregolarmente o sprovvisto di un valido titolo di soggiorno che ottiene il permesso di soggiorno per motivi familiari perché a) è familiare di rifugiati regolarmente soggiornanti in Italia (art. 30, comma 2 lett. c) T.U.), b) è genitore, anche naturale, di figlio minore italiano residente in Italia sul quale esercita la potestà genitoriale (art. 30, comma 2, lett. d) T.U.);
B) straniero che pur soggiornando sprovvisto di un valido titolo di soggiorno ottiene il permesso di soggiorno per motivi familiari perché era titolare di un permesso di soggiorno scaduto da meno di un anno ed ha i requisiti previsti nell’art. 29 T.U. per attuare il diritto al mantenimento dell’unità familiare con altro cittadino italiano o dell’Unione europea o straniero extracomunitario regolarmente soggiornanti in Italia (art. 30, comma 2 lett. c) T.U.);
C) straniero che, anche se entrato o soggiornante sprovvisto di documenti, abbia presentato domanda di riconoscimento della protezione internazionale e perciò ha diritto di rimanere nel territorio dello Stato durante l’esame della domanda e fino a 15/30 giorni successivi alla decisione della Commissione territoriale per la protezione internazionale, salva la presentazione del ricorso giurisdizionale e la sospensione dell’esecuzione della decisione impugnata; in tali casi ottiene un permesso di soggiorno per richiesta di asilo, salvo che il Questore disponga che sia ospitato in un centro di accoglienza per richiedenti asilo o sia trattenuto in un centro di identificazione ed espulsione (artt. 7, 26, comma 4, 32, comma 4, d. lgs. n. 25/2008);
D) straniero che non possa essere rinviato in un Paese nel quale potrebbe rischiare di essere perseguitato o di non essere protetto dal rischio di essere inviato in Paese in cui potrebbe subire persecuzioni: egli riceve un permesso di soggiorno per motivi umanitari, salvo che possa disporsi l’allontanamento verso uno Stato che provvede ad accordare una protezione analoga contro le persecuzioni (art. 19, comma 1 T.U. e art. 28, comma 1 lett. d) d.p.r. 31 agosto 1999, n. 394); il permesso di soggiorno per motivi umanitari, previsto espressamente dall’art. 5, co. 6, T.U., in conseguenza della normativa di trasposizione della Direttiva 2008/115/CE sul rimpatrio dello straniero che si trova in situazione irregolare, comporta una deroga o una sospensione della potestà espulsiva in presenza di oggettive e gravi situazioni personali che non consentono l’allontanamento dal territorio nazionale (art. 11, co. 1, lett. C ter), D.P.R. 394/99), e costituisce attuazione dell’art. 6, § 4 della direttiva rimpatri che consente agli Stati membri il rilascio – in qualsiasi momento – di un titolo di soggiorno per motivi caritatevoli, umanitari o di altra natura e che prevede che “qualora sia già stata emessa, la decisione di rimpatrio (cioè l’espulsione) è revocata o sospesa per il periodo di validità del titolo di soggiorno”.
E) straniero minore di età, salvo che debba lasciare il territorio dello Stato insieme col genitore col quale convive; in tali casi è iscritto sul permesso dei genitori o, se si tratta di minore non accompagnato, ottiene un permesso di soggiorno per minore età a seguito della segnalazione al Comitato per i minori stranieri, valido per tutto il tempo necessario per l’espletamento delle indagini sui familiari nel Paese di origine (art. 19, comma 2, lett. a) T.U. e art. 28, comma 1, lett. a) d.p.r. 31 agosto 1999, n. 394);
F) straniero coniuge o parente fino al secondo grado convivente con cittadino italiano e dunque ottiene un permesso di soggiorno per motivi familiari (art. 19, comma 2, lett. c) T.U. e art. 28, comma 1 lett. d) d.p.r. 31 agosto 1999, n. 394);
G) donna incinta o che abbia partorito da meno di sei mesi il figlio a cui provvede e il marito con essa convivente, che ottengono un permesso di soggiorno per cure mediche valido non oltre i sei mesi dal parto, se si documentano tali circostanze con idonea certificazione sanitaria (art. 19, comma 2, lett. c) T.U. e art. 28, comma 1 lett. d) d.p.r. 31 agosto 1999, n. 394);
H) straniero vittima di violenza o grave sfruttamento che in ragione del pericolo attuale per la propria incolumità sia ammesso a partecipare ad un progetto di assistenza e integrazione sociale previsto dall’art. 18 T.U. e abbia ottenuto un permesso di soggiorno per motivi umanitari (si veda la scheda sulle misure di protezione e assistenza sociale);
I) Il Tribunale per i minorenni, per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico del minore straniero che si trova sul territorio italiano, può autorizzare l’ingresso o la permanenza (nel caso in cui l’ingresso, anche illegale, si sia già verificato) dei familiari stranieri, anche in deroga alle disposizioni sull’immigrazione (art. 31, co. 3, T.U.). L’autorizzazione del tribunale per i minorenni è a tempo determinato e impone alla questura il rilascio di permesso di soggiorno per assistenza minore, che consente l’esercizio di attività lavorativa.
L) Il Presidente del Consiglio dei ministri stabilisce le misure di protezione temporanea da adottare, anche in deroga alle disposizioni del T.U. immigrazione, per rilevanti esigenze umanitarie, in occasione di conflitti, disastri naturali o altri eventi di particolare gravità in Paesi non appartenenti all’Unione europea (art. 20, T.U; art. 11, co. 1, lett. c-ter), D.P.R. 394/99 e art. 5, co. 6, T.U, si veda la scheda sulla protezione temporanea). Una recente applicazione di questa norma si è avuta nel 1999-2000 per l’accoglienza degli sfollati dal Kosovo e poi con l’emanazione del D.P.C.M. 5 aprile.2011, contenente misure di protezione temporanea per i cittadini stranieri affluiti dai Paesi nordafricani, rinnovate con D.P.C.M. 6 ottobre 2011, di cui hanno fruito coloro che sono fuggiti dal Nord Africa dal 1 gennaio al 5 aprile 2011.

3.2. Espulsione a titolo di misura di sicurezza
In linea generale nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza personale se non nel casi espressamente stabiliti dalla legge (art. 25, co. 3, Cost.; art. 199, cod. pen.) e soltanto se si tratta di persone socialmente pericolose che abbiano commesso un fatto previsto dalla legge come reato (art. 202, cod. pen.).
Agli effetti della legge penale, una persona è socialmente pericolosa quando il giudice ritenga probabile che possa commettere nuovi fatti previsti dalla legge come reato, secondo i parametri indicati dal codice penale (artt. 133, 203, cod. pen.).
L’accertamento della pericolosità deve essere effettuato dal giudice penale in concreto, secondo i criteri definiti dalla legge, non prevedendosi ipotesi di pericolosità sociale presunta. Le misure di sicurezza sono ordinate dal giudice penale con la sentenza di condanna o di proscioglimento, e possono essere revocate dal magistrato di sorveglianza se le persone ad esse sottoposte hanno cessato di essere socialmente pericolose (art. 207 cod. pen.; Corte cost. sent. n. 110/1974).
La legge prevede alcune espulsioni a titolo di misura di sicurezza personali che possono essere applicate agli stranieri, nel rispetto dei principi generali che disciplinano l’applicazione di tali misure: l’applicazione della misura di sicurezza è disposta con sentenza dal giudice penale che ritenga lo straniero persona socialmente pericolosa e comporta l’allontanamento coattivo dal territorio dello Stato, indipendentemente dalla sua posizione amministrativa in ordine alla regolarità del suo ingresso e soggiorno sul territorio dello Stato.
Alcune di queste misure sono previste dal codice penale e altre da leggi speciali, alcune sono obbligatorie e altre facoltative pur in presenza della pericolosità sociale del condannato straniero.
a) Il giudice ordina l’espulsione dello straniero pericoloso socialmente in caso di condanna alla pena della reclusione per un tempo superiore a due anni (art. 235, co. 1,cod. pen.);
b) Analoga misura è adottata, nei confronti dello straniero pericoloso socialmente in caso di condanna ad una pena restrittiva della libertà personale per taluno dei delitti contro la personalità dello Stato (art. 312, co. 1,cod. pen.).
In entrambi i casi sub a) e b) il trasgressore dell’ordine di espulsione pronunciato dal giudice è punito con la reclusione da uno a quattro anni con previsione di arresto obbligatorio, anche fuori flagranza, e si procede con rito direttissimo (artt. 235, co. 2; 312, co. 2, cod. pen.) In ogni caso di applicazione delle espulsioni a titolo di misura di sicurezza previste dal codice penale presuppone sempre l’accertamento della pericolosità sociale del reo da parte del giudice:
l’espulsione non è mai conseguenza automatica della sentenza di condanna irrevocabile (Corte cost. sent. n. 58/1995).
c) il giudice, fuori dei casi previsti dal codice penale può ordinare l’espulsione dello straniero che sia condannato per taluno dei delitti previsti dagli artt. 380, 381, cod. proc. pen. (si tratta dei delitti per i quali è obbligatorio o facoltativo l’arresto in flagranza), sempre che risulti socialmente pericoloso (art. 15, T.U.) (espulsione facoltativa).
d) il Testo unico delle leggi sugli stupefacenti prevede ipotesi di espulsione giudiziali (art. 86, D.P.R. 309/1990) in caso di sentenza di condanna dello straniero per i delitti ivi previsti. Corte cost. sent. n. 58/1995 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di tale disposizione, nella parte in cui obbligava il giudice ad emettere l’ordine di espulsione da eseguirsi a pena espiata, contestualmente alla condanna per uno dei reati previsti dagli artt. 73,74,79 e 82 del Testo unico sugli
stupefacenti, senza l’accertamento della sussistenza in concreto della pericolosità sociale dello straniero. Perciò anche tale espulsione si configura quale espulsione a titolo di misura di sicurezza.
Tutte le espulsioni a titolo di misura di sicurezza devono essere eseguite dal questore al termine dell’esecuzione della pena detentiva con accompagnamento alla frontiera eventualmente preceduto dal trattenimento in un C.I.E.

3.3.Espulsione a titolo di sanzione sostitutiva della pena
L’espulsione a titolo di sanzione sostitutiva della detenzione (art. 16, co. 1,2,3,4, T.U.) è facoltativa e può essere disposta dal giudice nei confronti dello straniero che non rientri tra le persone inespellibili previste nell’art. 19 T.U. ( art. 16 T.U., u.c .; si veda la scheda sui divieti di reingresso) in due ipotesi distinte.

A) L’espulsione a titolo di sanzione sostitutiva della pena detentiva non superiore a 2 anni dello straniero recidivo, identificato e irregolarmente soggiornante che dovrebbe perciò essere di per sé espulso con provvedimento amministrativo di espulsione.
In tale ipotesi l’espulsione può essere disposta dal giudice in presenza dei seguenti presupposti:
1. la pronuncia di una sentenza penale di condanna per un reato non colposo, oppure di applicazione della pena su richiesta delle parti – c.d. “patteggiamento” – (artt. 444, ss. cod. proc. pen.),
2. la pena irrogata in tale sentenza deve essere la pena della reclusione entro il limite di due anni e non devono sussistere le condizioni per disporre la sospensione condizionale (art. 163, cod. pen.),
3. il reato commesso non deve essere uno di quelli indicati nell’art. 407, co. 2, lett. a), cod. pen., né uno dei reati previsti e puniti dal T.U. con pena edittale superiore nel massimo a due anni,
4. lo straniero che dovrebbe essere condannato si trova in una delle condizioni in presenza delle quali il Prefetto può disporre il provvedimento amministrativo di
espulsione, cioè in caso di ingresso illegale o di soggiorno irregolare o di pericolosità sociale (art. 13, co. 2, lett. a), b) e c), T.U.), sicché tale tipo di espulsione non si applica nei confronti degli stranieri regolarmente soggiornanti,
5. non devono sussistere impedimenti materiali all’accompagnamento immediato alla frontiera dello straniero espulso (art. 14, co. 1, T.U.), cioè deve trattarsi di imputato straniero identificato, in possesso di passaporto o documento equipollente in corso di validità, devono essere disponibili i documenti per il viaggio e un idoneo vettore.
Ove sussistano tutte le condizioni sopra elencate, il giudice può sostituire la pena detentiva non superiore a due anni con la misura dell’espulsione per un periodo non inferiore a cinque anni, quindi indeterminato nel massimo. Si tratta di un’espulsione facoltativa.
L’espulsione è eseguita dal questore con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica (art. 13, co. 4, T.U.) anche se la sentenza non è irrevocabile (perché è stata proposta impugnazione o non è inutilmente decorso il termine per impugnare).
Il periodo di divieto di reingresso stabilito nella sentenza decorre dall’avvenuta esecuzione dell’espulsione con accompagnamento alla frontiera, ma, se lo straniero condannato a pena sostituita rientra illegalmente nel territorio dello Stato prima della scadenza di tale termine, la sanzione sostitutiva della detenzione è revocata dal giudice e riprende vigore la sanzione detentiva, la cui esecutività dipende dalla irrevocabilità della sentenza. Invece se lo straniero espulso non rientra nel territorio dello Stato prima della scadenza del periodo di divieto di rientro la pena sarà considerata interamente scontata.

B) L’espulsione a titolo di sanzione sostitutiva della pena pecuniaria si applica nei procedimenti penali avanti al giudice di pace per due tipi di reati:
a) ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato (art. 10 bis, T.U., art. 62 bis, D. Lgs. n. 274/2000)
b) inosservanza, anche reiterata, – senza giustificato motivo – dell’ordine del questore (art. 14. co. – ter e 5-quater, T.U.).

L’espulsione è a titolo di sanzione sostitutiva della pena pecuniaria, perché sostituisce l’ammenda prevista per il reato di ingresso o soggiorno irregolare (art. 10 bis, T.U.) o la multa per il reato di inosservanza del questore dell’ordine di allontanamento (art. 14, co. 5 ter e 5-quater, T.U.), sicché in tali ipotesi non si applicano i limiti edittali previsti per le ipotesi di sanzione sostitutiva della reclusione, né il limite della non concedibilità della sospensione condizionale della pena perché l’istituto non si applica alle pene irrogate dal giudice di pace (art. 60, D. Lgs. 274/2000, recante disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace).
In sostanza, in entrambe le ipotesi l’espulsione a titolo di sanzione sostitutiva della pena si configura quale ipotesi speciale di sospensione condizionata della pena, nel senso che l’esecuzione della pena resta sospesa a condizione che lo straniero condannato anche non in via definitiva, non rientri nel territorio dello Stato italiano prima del termine del divieto di rientro, non inferiore a cinque anni, indicato nella sentenza.

Inoltre, secondo l’interpretazione della Corte costituzionale (ord. n. 369/1999), l’espulsione prevista dall’art. 16 T.U., pur se applicata da un giudice penale a seguito di un processo penale, non si può configurare come sanzione criminale classica, ma è a tutti gli effetti una sanzione amministrativa, sia perché i suoi effetti sono solo indirettamente afflittivi (risolvendosi nell’allontanamento dello straniero dal territorio dello Stato), sia perché è eseguita dal questore (autorità amministrativa) e non dalla procura della repubblica (competente per l’esecuzione delle pene).

3.4. Espulsione a titolo di misura alternativa alla detenzione
Il magistrato di sorveglianza dispone l’espulsione nei confronti dello straniero detenuto a condizione che egli si trovi nella seguente situazione (art. 16, co. 5, T.U.)
1) sia identificato
2) si trovi in una delle condizioni per cui, se non fosse detenuto, sarebbe espellibile dal prefetto con provvedimento amministrativo di espulsione per ingresso o soggiorno irregolare o per pericolosità sociale (art. 13, co.2, lett. a), b) e c), T.U.). Dunque tale tipo di espulsione non si applica agli stranieri regolarmente soggiornanti,
3) stia espiando una pena detentiva non superiore a due anni, anche se parte residua di maggior pena,
4) la condanna in esecuzione non sia stata inflitta per i delitti previsti dall’art. 407, co. 2, lett. a), cod. pen., né i delitti previsti dal T.U..
In questi casi il magistrato di sorveglianza deve provvedere con decreto motivato, senza formalità, dopo avere acquisito le informazioni dagli organi di polizia sull’identità e nazionalità dello straniero. Tale decreto è comunicato allo straniero che entro il termine perentorio di dieci giorni può proporre opposizione al tribunale di sorveglianza, che decide entro il termine (ordinatorio) di venti giorni (art. 16, co.6, T.U.) in camera di consiglio con la partecipazione necessaria del difensore.
Il provvedimento del tribunale di sorveglianza è ricorribile per cassazione.
L’esecuzione del decreto resta sospesa fino alla decorrenza dei termini per l’impugnazione o della decisione del tribunale di sorveglianza e comunque lo stato di detenzione permane – anche dopo l’esecutività del decreto – fino a che la questura non abbia acquisito i necessari documenti per il viaggio (art. 16, co. 7,T.U.), il che comporta che possa trascorrere molto tempo dalla data di emissione del decreto e la materiale esecuzione dell’espulsione che avviene a cura del questore competente in relazione al luogo di detenzione, con la modalità dell’accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, al fine di evitare elusioni del provvedimento.
La pena è estinta decorso il termine di dieci anni dall’esecuzione della misura, se nel frattempo lo straniero non rientra illegalmente nel territorio dello Stato: in tal caso riprende l’esecuzione della pena in stato di detenzione.
L’istituto ha finalità deflattiva della popolazione carceraria, e, analogamente a quanto stabilito dalla giurisprudenza costituzionale in tema di espulsione a titolo di sanzione sostitutiva, ha natura di misura amministrativa risolvendosi in un’anticipazione del decreto di espulsione amministrativa che dovrebbe essere adottato al termine dell’esecuzione della pena (Corte cost. ord. 226/2004).
L’espulsione a titolo di misura alternativa alla detenzione non si applica alle persone che si trovano in una delle situazioni di inespellibilità previste dall’art. 19, T.U.

4. I divieti di espulsione e respingimento

La legge prevede divieti assoluti di espulsione e respingimento (art. 19, co.1, T.U.) e divieti affievoliti di espulsione (art. 19, co. 2, T.U.).

A) Divieti di espulsione e di respingimento: in nessun caso può disporsi l’espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, sesso, lingua, cittadinanza, religione, opinioni politiche, condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato in altro Stato nel quale sia protetto da tali discriminazioni (art. 19, co. 1, T.U.). Tale divieto attua il principio di non refoulement del rifugiato (art. 33, Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati), il divieto di sottoposizione a tortura e a pene o trattamenti inumani e degradanti (art. 3, C.E.D.U.), la tutela che la Repubblica riconosce e garantisce ai diritti inviolabili dell’uomo (art. 2 Cost.), il diritto d’asilo garantito dall’art. 10, comma 3 Cost. agli stranieri a cui nel proprio Stato non è garantito l’effettivo esercizio garantito dalle libertà democratiche e al divieto di estradizione dello straniero per reati politici (art.10, comma 4 Cost.).
Si tratta di un divieto assoluto di espulsione e di respingimento che non è bilanciabile con gli interessi di tutela dell’ordine o della sicurezza dello Stato che vorrebbe procedere all’allontanamento dello straniero. Il divieto opera in modo automatico e perciò d’ufficio e a prescindere da ogni altro tipo di atto, sicché si applica sia nei casi in cui d’ufficio il giudice rigetti una domanda di estradizione o una domanda di mandato di cattura europeo sia dall’avvenuta presentazione da parte dello straniero di una domanda di protezione internazionale (infatti i richiedenti asilo hanno diritto di rimanere nel territorio dello Stato durante l’esame della domanda: art. 7, D. Lgs. 25/2008). Pertanto, trattandosi di norma che tutela la persona contro le persecuzioni, va applicata ogniqualvolta si accerti il rischio concreto di persecuzione che potrebbe derivare allo straniero dall’adozione ed esecuzione di un provvedimento ablativo di qualsiasi natura.
Lo straniero che si trova nelle condizioni indicate nell’art. 19, comma 1 T.U. ha diritto al rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari, salvo che possa essere allontanato verso uno Stato che gli accordi una protezione analoga contro le persecuzioni o il rischio di essere rinviato verso uno Stato in cui possa essere perseguitato (art. 28, co. 1, lett. d), D.P.R. 394/99).

B) Divieti di espulsione. Salvo che nelle ipotesi di espulsioni ministeriali per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato (art. 13, co. 1, T.U.), non è consentita l’espulsione nei confronti degli stranieri che si trovino in una delle seguenti condizioni (art. 19, co. 2, T.U.):
a) stranieri minori di anni diciotto, salvo il diritto di seguire il genitore o l’affidatario espulsi.
Il provvedimento di espulsione del minore straniero (nei soli casi di cui all’art. 13, co. 1, T.U.) è adottato dal tribunale per i minorenni, su richiesta del questore (art. 31, co. 4, T.U). Al minore privo di permesso di soggiorno per motivi familiari, in virtù del divieto di espulsione in esame, è rilasciato un permesso di soggiorno per minore età (art. 28, co. 1, lett. a), D.P.R. 394/1999);
b) titolari di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, salvo i casi di cui all’art. 9, T.U. (si veda la scheda sul permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo);
c) stranieri conviventi con parenti entro il secondo grado, o il coniuge di nazionalità italiana.
Tale divieto tutela il diritto all’unità familiare dei cittadini italiani e dei loro familiari. L’onere della prova dell’effettività della convivenza non è desumibile dalle risultanze anagrafiche, ma grava sui beneficiari ed è soggetto all’ordinario regime di valutazione probatorio. Lo straniero che si trova in tale situazione ha diritto al rilascio di un permesso di soggiorno per motivi familiari ( art. 28. co. 1, lett. b), D.P.R. 394/1999). La legge n. 94/2009 ha ridotto al secondo grado il rapporto di parentela rilevante ai fini dell’inespellibilità, mentre la normativa previgente includeva il rapporto di parentela col cittadino italiano fino al quarto grado. La circolare del Ministero dell’Interno 31 agosto 2009, n. 5377 ha chiarito che la definizione delle istanze di rilascio/rinnovo del permesso di soggiorno per motivi familiari, presentate da stranieri conviventi con parenti entro il terzo o quarto grado anteriormente alla modifica legislativa, debbono esser definite secondo la norma vigente alla data della presentazione. Analogamente, devono essere definite secondo il medesimo orientamento le istanze di rinnovo avanzate dopo l’entrata in vigore della legge n. 94/2009 da stranieri già conviventi con parenti italiani entro il quarto grado: in buona sostanza la modifica introdotta dalla L. n. 94/2009 sul punto non ha efficacia retroattiva.
d) Donne in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio cui provvedono, nonché il marito convivente con essa. Infatti Corte cost. sent. n. 376/2000 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di questa disposizione nella parte in cui non estende il divieto di espulsione al marito convivente della donna in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio. Corte cost. ord. 444/2006 ha invece rigettato analoghe questioni inerenti il convivente more uxorio della donna in stato di gravidanza, perché nell’ordinamento giuridico italiano la paternità naturale non si presume durante la gravidanza, masi ha col riconoscimento dopo la nascita.
Peraltro sulla base di tali argomentazioni si dovrebbe ritenere che se la tutela non può estendersi al sedicente padre convivente more uxorio prima della nascita del figlio, difettando la presunzione di paternità, si dovrebbe riconoscerla dopo la nascita del figlio che sia stato riconosciuto come tale dal padre naturale e, in tal caso, la tutela dovrebbe essere limitata temporalmente fino al compimento del sesto mese del figlio naturale. L’inespellibilità accordata nei casi in esame non ha natura permanente e si configura come sospensione della potestà espulsiva in ragione della tutela che l’ordinamento riconosce alle donne in gravidanza e nel periodo immediatamente successivo alla nascita del figlio. In queste situazioni, debitamente accertate tramite certificazione sanitaria, la donna e il marito convivente hanno diritto al rilascio di un permesso di soggiorno per cure mediche che non consente l’esercizio di attività lavorativa (art. 28, co. 1, lett.c), D.P.R. 394/1999).

5. L’esecuzione del provvedimento di espulsione. L’accompagnamento alla frontiera dello straniero espulso, il termine per la partenza volontaria e gli incidenti di esecuzione: l’accompagnamento, la convalida, il trattenimento nei CIE (e la proroga) o le misure alternative, l’ordine del questore

I provvedimenti di espulsione sono eseguiti con modalità differenti:

A) In molte ipotesi tassativamente indicate dalla legge il provvedimento di espulsione è eseguito con accompagnamento alla frontiera dello straniero espulso da parte delle forze di polizia, disposto con provvedimento del Questore che deve essere convalidato dal giudice di pace. Inoltre in tali ipotesi qualora nel caso concreto sussistano impedimenti all’accompagnamento immediato il Questore dispone anche il provvedimento di trattenimento dell’espulso in un centro di identificazione ed espulsione (CIE) per periodi di 30 giorni, prorogabili per altri 30 e poi per successivi periodi di 60 giorni, fino ad un massimo di complessivi 18 mesi ovvero può imporgli altre misure coercitive;

B) L’allontanamento spontaneo dello straniero espulso dal territorio dello Stato è previsto in due ipotesi diverse:
a) il provvedimento amministrativo di espulsione per ingresso o soggiorno irregolare può essere eseguito spontaneamente dallo straniero che non si trovi in una delle situazioni in cui non deve essere disposto l’accompagnamento alla frontiera mediante la concessione da parte del Prefetto di un termine per la partenza volontaria, richiesto dall’interessato, a garanzia della quale il Questore deve disporre misure che devono essere convalidate dal giudice di pace;
b) qualora non sia stato possibile il trattenimento in un CIE dello straniero espulso con provvedimento amministrativo ovvero qualora durante il periodo di trattenimento non sia stato possibile rimuovere gli impedimenti all’accompagnamento immediato alla frontiera il Questore consegna allo straniero espulso (così come allo straniero respinto) l’ordine di allontanarsi dal territorio dello Stato entro un periodo di 7 giorni.

5.1. I casi di esecuzione dell’espulsione con accompagnamento alla frontiera
L’accompagnamento alla frontiera è la principale modalità di esecuzione di quasi tutti i tipi di provvedimenti di espulsione, è disposto dal questore ed è eseguito tramite la forza pubblica (art. 13, co. 4, T.U.).
Invece la modalità alternativa all’accompagnamento coattivo per i soli provvedimenti amministrativi di espulsione disposti dal prefetto per ingresso o soggiorno irregolari è il riconoscimento del termine per la partenza volontaria (art. 13, co. 5, T.U.), ma poiché tale modalità volontaria nel sistema italiano è applicabile solo a condizione che non ricorrano le condizioni per l’accompagnamento, è evidente che la definizione dei casi di esecuzione di accompagnamento alla frontiera consente di definire, come ipotesi residuali, i casi in ci è consentito chiedere e ottenere un termine per la partenza volontaria.
L’espulsione è eseguita con accompagnamento alla frontiera quando si verifica una delle seguenti ipotesi:
1) Quando si deve dare esecuzione alle espulsioni ministeriali disposte per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato o per motivi di prevenzione del terrorismo (art. 13, co. 1, T.U; art. 3, co. 1, L. n. 155/2005);
2) Quando sussiste il rischio di fuga (art. 13, co. 4 bis, T.U.). Secondo la direttiva sui rimpatri degli stranieri in situazione di soggiorno irregolare la legge dello Stato deve indicare i casi in cui sussiste il rischio di fuga. Perciò i casi in cui si configura il rischio di fuga sono tassativamente indicati dall’art. 13, co. 4 bis, T.U. e si tratta di presunzioni legali, sicché in presenza delle situazioni descritte il rischio di fuga è presunto per legge. Il rischio di fuga si configura quando lo straniero espulso si trova in una delle seguenti situazioni:
a) lo straniero è privo di passaporto o documento equipollente, in corso di validità; si tratta di un’ipotesi che potrebbe non dipendere dalla persona, ma dalle Rappresentanze diplomatiche del Paese di origine; inoltre la direttiva rimpatri fa riferimento alla difficoltà di identificare lo straniero per un motivo del tutto diverso, e cioè ai fini del rinvio dell’espulsione (art. 9 par. 2 lett. b) T.U.); perciò si tratta di una norma disapplicabile;
b) lo straniero non produce documentazione atta a dimostrare la disponibilità di un alloggio ove poter essere agevolmente rintracciato; si tratta di un onere assai gravoso che non si sa come lo straniero possa soddisfare, se non eventualmente producendo la copia di un contratto registrato di compravendita o di locazione o di comodato o di uso o di usufrutto di un immobile a lui intestato (stipulato quando lo straniero si trovava all’estero o quando era ancora regolarmente soggiornante, poiché l’art. 12, comma 5 T.U. punisce come reato la cessione onerosa di un immobile a straniero che si trovi in condizione di soggiorno irregolare) ovvero copia della dichiarazione di ospitalità o della dichiarazione di cessione di fabbricato già presentata in suo favore da parenti conviventi,
c) lo straniero ha in precedenza attestato o dichiarato falsamente le proprie generalità,
d) lo straniero non ha ottemperato all’obbligo di lasciare il territorio nazionale entro il termine per la partenza volontaria (art. 13, co. 5, T.U.), oppure è rientrato illegalmente nel territorio nazionale dopo essere stato espulso (art. 13, co. 13, T.U.) e deve quindi esser nuovamente espulso, ovvero si è sottratto al provvedimento di trattenimento (art. 14, T.U.) o ha violato le misure disposte in alternativa al trattenimento (art. 14, co. 1 bis, T.U.);
e) lo straniero ha violato anche solo una delle misure imposte dal questore in conseguenza della concessione del termine per la partenza volontaria (art. 13, co. 5.2. T.U.).

C) quando la domanda di permesso di soggiorno è stata respinta in quanto manifestamente infondata o fraudolenta;

D) quando senza giustificato motivo lo straniero non abbia osservato il termine per la partenza volontaria (art. 13, co. 5, T.U.);

E) quando lo straniero ha violato una delle misure (consegna del passaporto o documento equipollente in corso di validità, obbligo di dimora, obbligo di presentazione presso un ufficio della forza pubblica) imposte dal questore con la concessione del termine per la partenza volontaria (art. 13, co. 5.2., T.U.), ovvero in alternativa al trattenimento in un centro di identificazione ed espulsione (art. 14, co. 1 bis, T.U.);

F) quando si deve dare esecuzione ad una espulsione a titolo di misura di sicurezza prevista dal T.U. (art. 15, T.U.) e nelle altre ipotesi in cui l’espulsione si configuri come sanzione penale o conseguenza di una sanzione penale, nelle ipotesi di espulsione a titolo di sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione (art. 16, T.U.;

G) quando lo straniero, pur avendo diritto alla concessione del termine per la partenza volontaria, ed essendone stato adeguatamente informato, vi ha rinunciato o non ha presentato la domanda o la sua domanda è stata rigettata (art. 13, co. 5.1. T.U.).

5.2. Casi e modi per l’esecuzione dell’espulsione con concessione di un termine per la partenza volontaria
Qualora lo straniero destinatario del provvedimento di espulsione per ingresso o soggiorno irregolare non si trovi in una delle situazioni sopra descritte in cui l’espulsione deve essere eseguita con accompagnamento immediato alla frontiera egli deve essere avvisato dal questore, mediante schede informative plurilingue (art. 13, co. 5.1. T.U.) della facoltà per lo straniero stesso di presentare al Prefetto la domanda di concessione di un termine per la partenza volontaria, anche attraverso i programmi di rimpatrio volontario assistito (art. 14 ter, T.U.).
Nel caso di proposizione della richiesta, il prefetto con lo stesso decreto di espulsione intima lo straniero a lasciare volontariamente il territorio nazionale entro un termine compreso tra sette e trenta giorni, stabilito secondo le esigenze del singolo caso (art. 13, co. 5, T.U.). Tale termine può essere prorogato, ove necessario, per un periodo congruo rispetto alle esigenze specifiche del caso. Una volta acquisita la prova dell’avvenuto rimpatrio volontario, la questura avvisa il giudice competente per l’accertamento del reato di ingresso e soggiorno illegale (art. 10 bis, T.U.) affinché pronunzi la sentenza di non luogo a procedere per avvenuta espulsione (art. 10 bis, co. 5, T.U.).
In caso di concessione del termine con il decreto espulsivo del prefetto, il questore dispone che, nelle more della partenza, lo straniero sia sottoposto ad una o più delle seguenti misure a garanzia dell’adempimento nel termine prescritto:
a) consegna del passaporto, da restituire ovviamente al momento della partenza;
b) obbligo di dimora in luogo individuato;
c) obbligo di presentazione ad un ufficio di polizia in giorni e ore stabiliti.

Al fine di graduare intensità e modalità di applicazione delle misure indicate, il questore chiede allo straniero la dimostrazione delle risorse economiche disponibili, derivanti da fonti lecite.
Tali misure sono applicate con decreto motivato, sono efficaci dall’avvenuta notifica all’interessato e recano l’avviso che costui ha facoltà di presentare memorie al giudice prima della loro convalida. Infatti il questore deve comunicare il provvedimento applicativo al giudice entro 48 ore dalla notifica, il quale deve provvedere alla loro convalida – o non convalida – nelle 48 ore successive con decreto motivato e senza instaurazione del contraddittorio, cioè senza udienza.
Tuttavia, lo straniero sottoposto alle misure in questione può interloquire con il giudice di pace – personalmente o tramite difensore – in due modi: producendo memorie e deduzioni prima della convalida, e/o chiedendo al giudice di modificare o revocare dette misure dopo la convalida.
Dunque il contraddittorio è solo eventuale (lo straniero ha facoltà di presentare personalmente o a mezzo di difensore memorie e deduzioni) e la difesa tecnica non è necessaria, ma solo facoltativa, il che però viola l’inderogabile garanzia del contraddittorio prevista dall’art. 111 Cost. e l’esigenza costituzionale di garantire un effettivo diritto di difesa all’interessato, garantita dall’art. 24 Cost.
In generale l’art. 7, par.3 della direttiva rimpatri consente, durante il periodo per la partenza volontaria, l’imposizione di obblighi diretti ad evitare il rischio di fuga, ma il sistema delineato dal legislatore italiano prevede un rigoroso esame in ordine alla sussistenza di tale rischio prima della concessione del termine per la partenza volontaria, in presenza del quale il termine non è nemmeno concesso, sicché pare irragionevole l’imposizione di ulteriori cautele, quando il “filtro” è stato preventivamente attuato.

In ogni caso secondo l’art. 7, par. 3 della direttiva prevede che l’imposizione di garanzie deve essere facoltativa e soltanto se sussiste il rischio di fuga e non obbligatoria, come invece prevede l’art. 13 T.U.
La violazione di anche solo una di queste misure, dopo l’avvenuta convalida, ha due conseguenze:
a) è prevista come reato, punito con la multa da 3.000 a 18.000 €, di competenza del giudice di pace;
b) l’espulsione deve essere eseguita dal questore con accompagnamento coattivo alla frontiera (quindi lo straniero decade dal beneficio del termine per la partenza volontaria), senza dover chiedere il nulla osta al giudice che procede per lo specifico reato (art. 13, co. 5.2., T.U.).

Inoltre si prevede che il giudice possa – sentito il Questore – revocare o modificare le misure imposte all’interessato, mentre non si prevede le facoltà di impugnazione dei provvedimenti genetici e dei provvedimenti modificativi delle misure imposte ai sensi dell’art. 13, comma 5.2, T.U., né si indica l’organo eventualmente preposto a valutare l’impugnazione; il che viola gli artt. 13, comma 2, e 111 comma 7 Cost.
E’ importante ricordare l’agevolazione che può incentivare lo straniero espulso ad ottemperare al termine concesso per la partenza volontaria concessa: qualora sia stato concesso il termine per la partenza volontaria il termine per il divieto di rientro nel territorio dello Stato dello straniero espulso decorre dalla scadenza del termine assegnato e può essere revocato, su istanza dell’interessato, a condizione che fornisca la prova di aver lasciato il territorio nazionale entro il termine concesso o quello successivamente prorogato. (art. 13, comma 14 T.U.)

5.3. La convalida dell’accompagnamento alla frontiera
La Corte costituzionale nella sent. n. 105/2001 ha affermato che “l’accompagnamento inerisce alla materia regolata dall’art. 13 Cost., in quanto presenta quel carattere di immediata coercizione che qualifica, per costante giurisprudenza costituzionale, le restrizioni della libertà personale e che vale a differenziarle dalle misure incidenti solo sulla libertà di circolazione” e tuttavia la legge non prevedeva alcun controllo giurisdizionale su tale restrizione della libertà personale ad opera dell’autorità amministrativa. Conseguentemente, il legislatore, al fine di evitare una preannunciata declaratoria d’incostituzionalità, ricorse alla decretazione d’urgenza (D.L. 51/2002, convertito in L. 106/2002) prevedendo che il questore dovesse comunicare entro 48 ore al tribunale il provvedimento che disponeva l’espulsione con accompagnamento, a sua volta il tribunale, verificata l’esistenza dei presupposti, convalidava il provvedimento entro le successive 48 ore. Sennonché la legge consentiva l’esecuzione immediata dell’espulsione con accompagnamento, prima della convalida giudiziale, con la conseguenza che gli effetti della mancata convalida non avrebbero inciso sugli effetti dell’allontanamento già eseguito e sarebbero stati del tutto inutili, vanificando l’effettività del controllo giurisdizionale in tema di restrizione della libertà personale e del diritto di difesa.
La Corte costituzionale ha però precisato che il giudice chiamato a convalidare quei provvedimenti disposti dall’autorità di pubblica sicurezza deve comunque svolgere un controllo approfondito in concreto circa la sussistenza dei presupposti di fatto e di diritto (così ribadisce la Corte costituzionale nelle sent. nn. 105/2001 e 222/2004) e ha ribadito la necessità che la convalida giurisdizionale dei provvedimenti di accompagnamento avvenga comunque prima che esso sia effettivamente eseguito (sent. n. 222/2004).
Perciò la sent. n. 222/2004 della Corte costituzionale dichiarò incostituzionale tale disposizione e il legislatore ricorse nuovamente alla decretazione d’urgenza (D.L. 241/2004, convertito con modificazioni, nella L. 271/2004) prevedendo le seguenti scansioni tuttora in vigore (art. 15, co. 5 bis, T.U.):
a) Il questore comunica immediatamente, e comunque entro 48 ore dalla sua adozione, al giudice di pace territorialmente competente il provvedimento con cui è disposto l’allontanamento chiedendone la convalida;
b) L’esecuzione dell’allontanamento resta sospesa fino alla decisione sulla convalida;
c) L’udienza di convalida si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria del difensore;
d) Lo straniero è tempestivamente informato e condotto in udienza,
e) Il giudice decide sulla richiesta di convalida del questore entro le 48 ore successive alla comunicazione del provvedimento da convalidare in cancelleria, con decreto motivato, ricorribile per cassazione ma senza efficacia sospensiva;
f) Il decreto di convalida rende esecutivo il provvedimento di allontanamento alla frontiera, mentre il diniego di convalida fa cessare gli effetti del solo provvedimento di accompagnamento, e non anche del provvedimento di espulsione;
g) Nelle more della decisione del giudice di pace sulla convalida dell’accompagnamento il Questore può disporre il trattenimento dello straniero in un C.I.E. (il che comporterà una successiva e distinta convalida giurisdizionale da parte del giudice di pace che però potrebbe essere decisa contestualmente ai sensi dell’art. 14, comma 4 T.U.)

Il giudice di pace deve verificare la sussistenza nel caso concreto dei presupposti formali e sostanziali dell’accompagnamento alla frontiera:
1) l’esistenza di un legittimo provvedimento amministrativo di espulsione,
2) la situazione in cui si trova lo straniero espulso non rientra in nessuna delle ipotesi in cui la legge vieta l’espulsione o il respingimento,
3) la situazione in cui si trova lo straniero espulso rientra in una delle ipotesi in cui l’espulsione deve essere eseguita con accompagnamento alla frontiera da parte della forza pubblica,
4) il rispetto dei termini di 48 ore previsti per la comunicazione del provvedimento da parte del questore.
Occorre ricordare che la convalida dell’accompagnamento alla frontiera è prevista soltanto per l’accompagnamento alla frontiera degli stranieri destinatari di un provvedimento amministrativo di espulsione e non anche per i provvedimenti di accompagnamento alla frontiera degli stranieri destinatari di un provvedimento di respingimento disposto dal Questore. Ciò comporta l’incostituzionalità insanabile della norma che prevede il respingimento con accompagnamento (art. 10, co. 2, T.U.) per violazione dell’art. 13 Cost.
Peraltro anche la norma sulla convalida giurisdizionale del provvedimento di accompagnamento appare incostituzionale per violazione della riserva di giurisdizione prevista dall’art. 13 Cost., trattandosi non già di convalide di provvedimenti limitativi della libertà personale adottati in ipotesi eccezionali dall’autorità di pubblica sicurezza, bensì di provvedimenti adottati sempre in via ordinaria soltanto dall’autorità di pubblica sicurezza e non già dall’autorità giudiziaria.

5.4. Gli ostacoli all’accompagnamento immediato alla frontiera e gli incidenti di esecuzione nella procedura di accompagnamento alla frontiera
L’accompagnamento immediato alla frontiera, previa convalida, può comunque essere di difficile attuazione pratica a causa di ostacoli alla sua esecuzione, tra i quali la necessità di procedere al soccorso dello straniero, di effettuare accertamenti sulla sua nazionalità e identità, di acquisire i documenti per il viaggio e di reperire un idoneo vettore.
È proprio a causa dell’insorgenza di queste cause impeditive – che si configurano come incidenti di percorso nell’esecuzione materiale dell’accompagnamento in frontiera – che il legislatore ha previsto tre provvedimenti interinali o alternativi all’accompagnamento coercitivo alla frontiera da parte delle forze di polizia, applicabili sia alle espulsioni, sia ai respingimenti differiti:
a) il trattenimento in un Centro di identificazione ed espulsione disposto dal Questore e sottoposto a convalida del giudice di pace per periodi di 30 giorni, prorogabili dal giudice di pace su richiesta del questore per altri 30 giorni e poi per successivi periodi di 60 giorni, per un massimo complessivo di 18 mesi;
b) l’imposizione di misure alternative al trattenimento, disposte dal Questore e sottoposto a convalida del giudice di pace;
c) l’ordine impartito dal questore allo straniero di lasciare il territorio dello Stato entro 7 giorni, qualora non sia stato possibile disporre il trattenimento o qualora durante il trattenimento non siano cessati gli impedimenti all’accompagnamento.

5.4.1. Il trattenimento nei Centri di identificazione ed espulsione
Il questore dispone con decreto scritto, motivato e tradotto in lingua conosciuta allo straniero, che lo straniero espulso o respinto sia trattenuto presso il centro di identificazione ed espulsione (C.I.E.) più vicino che abbia disponibilità di posti, individuato tra quelli istituiti o costituiti dal Ministro dell’interno, di concerto col Ministro dell’economia e delle finanze, quando non è possibile eseguire con immediatezza l’espulsione mediante accompagnamento alla frontiera (art. 13, co. 4, T.U.) o il respingimento (art. 10, comma 2 T.U.), a causa di situazioni transitorie che ostacolano la preparazione del rimpatrio o l’effettuazione dell’allontanamento, tra le quali le ipotesi di pericolo di fuga indicate nell’art. 13, comma 4-bis T.U. (vedi sopra al par. 5.1.), la necessità di prestare soccorso dello straniero, di effettuare accertamenti supplementari sulla sua identità o nazionalità, di acquisire i documenti per il viaggio o la disponibilità di un mezzo di trasporto idoneo, (art. 14, co. 1, T.U.).
Inoltre il trattenimento nei CIE può essere disposto dal Questore non soltanto per dare esecuzione ai provvedimenti di espulsione o di respingimento nelle ipotesi previste dall’art. 14 T.U., ma anche nei seguenti casi:
a) nelle more della decisione dell’autorità giudiziaria sulla richiesta del Questore di nulla-osta all’esecuzione dell’espulsione (e dunque per non più di 7 giorni: cfr. art. 13, comma 3 T.U.);
b) nelle more della decisione del giudice di pace sulla convalida del provvedimento di accompagnamento (e dunque per non più di 72 ore), salvo che il procedimento possa essere definito nel luogo in cui è stato adottato il provvedimento di allontanamento anche prima del trasferimento in uno dei C.I.E. disponibili (art. 13, comma 5-bis T.U.).
A ciò si aggiunga che il questore può disporre il trattenimento ovvero chiedere al tribunale ordinario la proroga del trattenimento in corso per non più di 30 giorni dello straniero nelle more della decisione sulla domanda di protezione internazionale, nei casi previsti dall’art. 21 d. lgs. n. 25/2008.
Le ipotesi di trattenimento contengono profili di dubbia legittimità, sia sotto il profilo del diritto comunitario, sia sotto il profilo del diritto costituzionale.
Dal punto di vista del diritto comunitario l ’art. 15 co. 1 della citata direttiva sul rimpatrio degli stranieri in condizione di soggiorno irregolare prevede che “applicate altre misure sufficienti ma meno coercitive, gli Stati membri possono trattenere il cittadino di un paese terzo sottoposto a procedure di rimpatrio soltanto per preparare il rimpatrio e/o effettuare l’allontanamento” e che il trattenimento possa adottarsi solo in presenza di circostanze che testimonino una possibile inaffidabilità dello straniero, ovvero:
a) in presenza del rischio di fuga o
b) qualora il cittadino di un paese terzo eviti od ostacoli la preparazione del rimpatrio o dell’allontanamento. E’ evidente dall’art. 14, comma 1 T.U. che la norma nazionale prevede invece il trattenimento anche in presenza di situazioni del tutto incolpevoli per lo straniero, come la necessità del pubblico soccorso o l’indisponibilità di un vettore disponibile o la necessità di acquisire documenti per il viaggio ovvero il ritardo nell’ottenimento dei documenti da parte delle autorità dello Stato di origine ovvero lo svolgimento di procedimenti giudiziari.
Per tali motivi le norme nazionali che consentono il trattenimento per situazioni del tutto indipendenti dal comportamento dello straniero che deve essere espulso perché in situazione di soggiorno irregolare dovrebbero essere disapplicate.
Legittima è invece il presupposto dei provvedimenti di trattenimento del richiedente asilo poiché dal punto di vista del diritto comunitario si fonda su disposizioni previste da altre direttive (la direttiva 2005/85/CE sulle procedure di riconoscimento e revoca della protezione internazionale e la direttiva 2003/9/CE sull’accoglienza dei richiedenti asilo), come ha confermato la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’UE ( Corte di giustizia UE, Grande Sezione, sent. 30 novembre 2009, C-357/09 PPU, Kadzoev).
Dal punto di vista del diritto costituzionale occorre ricordare che la Corte costituzionale con sent. 105/2001 affermò che il trattenimento “è misura incidente sulla libertà personale, che non può essere adottata al di fuori delle garanzie dell’articolo 13 della Costituzione”, determinando “anche quando questo non sia disgiunto da una finalità di assistenza, quella mortificazione della dignità dell’uomo che si verifica in ogni evenienza di assoggettamento fisico all’altrui potere e che è indice sicuro dell’attinenza della misura alla sfera della libertà personale”.
Perciò la disciplina del trattenimento prevista nell’art. 14 T.U. appare di dubbia legittimità costituzionale rispetto alla riserva di legge assoluta e vincolata e alla riserva di giurisdizione in materia di misure limitative della libertà personale previste dall’art. 13 Cost.
Sotto il profilo della riserva assoluta di legge i presupposti del trattenimento sono delineati in modo piuttosto vago dall’art. 14, comma 1 T.U. per il primo trattenimento e dall’art. 14, comma 4 T.U. per le successive proroghe e perciò manca la tassatività richiesta dall’art. 13 Cost.
Sotto il profilo della riserva di giurisdizione il primo provvedimento di trattenimento è disposto in via ordinaria – e non in ipotesi eccezionali, come richiede l’art. 13, comma 3 Cost. – soltanto dall’autorità di pubblica sicurezza e non dal giudice, il che rende comunque incostituzionale il primo trattenimento per violazione dell’art. 13, comma 3 Cost., ricordando che la convalida giurisdizionale, prevista dall’art. 13, comma 3 Cost., è applicabile soltanto ad ipotesi eccezionali.
Nell’ordinamento vigente invece ogni volta che il questore adotta il provvedimento di trattenimento deve trasmettere copia degli atti al giudice di pace territorialmente competente per la convalida del trattenimento, senza ritardo e comunque entro 48 ore dall’adozione ed esecuzione del decreto di trattenimento (art. 14, co. 3, T.U.).

Il giudice di pace fissa udienza in camera di consiglio con la partecipazione necessaria di un difensore (di fiducia o, in difetto, d’ufficio, anche a spese dello Stato), anche l’interessato deve essere tempestivamente informato, è condotto in udienza e deve essere sentito dal giudice, se compare all’udienza.
Il giudice decide sulla richiesta di convalida con decreto motivato che deve essere pronunciato entro le 48 ore successive al ricevimento degli atti inviati da parte del Questore.
Nella decisione sulla convalida il giudice
1) deve verificare l’osservanza dei termini e delle procedure: non devono essere trascorse più di 48 ore dall’inizio del trattenimento, deve avere ricevuto dal questore copia del provvedimento di trattenimento e degli altri atti;
2) deve verificare la sussistenza dei requisiti previsti dalle disposizioni in tema di espulsioni (presupposti formali e sostanziali del provvedimento amministrativo di espulsione, presupposti formali e sostanziali del provvedimento di accompagnamento alla frontiera, non appartenenza dello straniero ad alcuna delle persone inespellibili);
3) deve verificare la sussistenza dei presupposti che consentono il trattenimento puntualmente dedotti dalla questura (effettiva sussistenza di ostacoli che impediscono la preparazione del rimpatrio o l’effettuazione dell’accompagnamento ed effettiva transitorietà della situazione che ostacola l’immediato accompagnamento).
Il decreto questorile di trattenimento cessa di avere effetto qualora non sia osservato il termine di 48 ore per la decisione del giudice e quando il giudice non lo convalida, in tal caso però resta valido ed efficace il decreto di espulsione (art. 14, co. 4, T.U.).
Invece il decreto con cui il giudice di pace convalida il provvedimento di trattenimento disposto dal questore costituisce il titolo del trattenimento e comporta la permanenza nel C.I.E. per trenta giorni.
Il trattenimento può essere prorogato dal giudice di pace, su richiesta del questore:
1) trenta giorni in presenza di gravi difficoltà per l’identificazione dello straniero e/o per l’acquisizione dei documenti per il viaggio (si tratta dunque di presupposti potenzialmente più duraturi, ma assai più ristretti rispetto a quelli previsti per il primo trattenimento; il giudice deve verificare che l’impedimento all’accompagnamento derivi soltanto o dalla necessità di identificare lo straniero o dalla necessità di acquisire i documenti per il viaggio e che si tratti di difficoltà gravi);
2) ulteriori sessanta giorni quando permangono le gravi difficoltà di cui al punto che precede (il giudice deve accertare che si tratta dunque delle medesime difficoltà – e non di nuove – che fondavano il secondo periodo di trattenimento);
3) ulteriori sessanta giorni se le stesse difficoltà ancora permangono (il giudice deve accertare che si tratta dunque delle medesime difficoltà – e non di nuove – che fondavano il secondo e il terzo periodo di trattenimento).
Il periodo massimo complessivo non può superare 180 giorni, ma il questore dà esecuzione all’accompagnamento appena possibile, senza attendere la scadenza dei termini di fase.
Tuttavia il giudice di pace su richiesta del questore può ulteriormente prorogare il trattenimento per ulteriori due periodi di sessanta giorni ciascuno, fino ad un termine massimo di ulteriori 12 mesi quando:
4) non sia stato possibile procedere all’allontanamento nonostante sia stato compiuto ogni ragionevole sforzo per la mancata cooperazione dello straniero o del ritardo nell’ottenimento della necessaria documentazione dai Paesi terzi (in tal caso il giudice dovrà verificare che, anche alla luce dei precedenti provvedimenti di trattenimento e delle precedenti proroghe, il Questore abbia effettivamente compiuto fino a quel momento uno sforzo concreto per rimuovere gli ostacoli
all’accompagnamento, che lo sforzo fatto sia stato ragionevole e che in presenza di un simile sforzo l’impossibilità dell’effettivo allontanamento dipenda soltanto dalla mancata cooperazione dello straniero a fornire elementi precisi di cui sia ragionevole ritenere debba essere in possesso o da ritardi – non dal prevedibile regolare decorso dei termini tecnici previsti in accordi internazionali – nell’ottenimento della documentazione regolarmente e tempestivamente richiesta dalle autorità italiane alle autorità dell’altro Stato nei casi, nei modi e nei tempi eventualmente previsti da norme internazionali).
Il termine massimo del trattenimento è dunque pari a 18 mesi (art. 14, co. 5, T.U.) ed è previsto sia per le espulsioni che per i respingimenti.

In base al comma 7 dell’art. 14 T.U. in caso di violazione della misura del trattenimento, il questore ripristina il trattenimento mediante l’adozione di un nuovo provvedimento, ma il periodo di trattenimento disposto dal nuovo provvedimento è computato nel termine massimo per il trattenimento dei 18 mesi indicato dal comma 5 dell’art. 14 T.U., sicché in caso di violazione si sommano i termini del primo e del secondo trattenimento.
Occorre peraltro precisare che ai fini di ogni decisione di proroga del trattenimento il giudice di pace deve dare diretta e immediata applicazione ad una disposizione sufficientemente dettagliata della citata direttiva UE sui rimpatri degli stranieri in condizione irregolare, non recepita dalle norme nazionali, cioè dell’art. 15, par. 4 della direttiva che prevede che “Quando risulta che non esiste più alcuna prospettiva ragionevole di allontanamento per motivi di ordine giuridico o per altri motivi o che non sussistono più le condizioni di cui al paragrafo 1, il trattenimento non è più giustificato e la persona interessata è immediatamente rilasciata”: non basta dunque verificare la sussistenza degli impedimenti previsti dalla norma nazionale, ma occorre verificare sempre che si tratta di situazioni che ostacolano in modo momentaneo e non di impedimenti durevoli e che al momento della decisione vi siano elementi concreti che fanno ritenere che vi siano prospettive ragionevoli di un effettivo allontanamento e non vi siano ostacoli giuridici, come p.es. il venir meno per qualsiasi ragione del provvedimento amministrativo di espulsione o del decreto di accompagnamento alla frontiera.

A seguito di importanti sentenze della Corte di cassazione (ex multis Cass. 1^ sez. civ. n. 4544, 24.2.2010) che hanno osservato come palesemente incostituzionale sarebbe una lettura delle norme che consentisse di procedere alla celebrazione dell’udienza di convalida del trattenimento e non anche a quella di proroga, pur nel silenzio della legge, alcuni uffici giudiziari fissano udienza prima di decidere sulla richiesta di proroga del trattenimento, al fine di assicurare il necessario contraddittorio tra le parti e consentire all’interessato di difendersi. Tuttavia, poiché la legge continua a non prevedere espressamente l’obbligo di valutare le richieste di proroga a seguito dell’instaurazione del contraddittorio, la celebrazione di dette udienze trova applicazione discontinua sul territorio nazionale.

5.4.2. Le misure alternative al trattenimento
Quando si deve dare esecuzione ad un provvedimento amministrativo di espulsione diverso da quelli disposti dal Ministro dell’Interno (art. 13, co. 1, T.U; art. 3, co. 1, L. 155/2005) o da quelli disposti dal Prefetto per ragioni di pericolosità sociale (art. 13, co. 2, lett. c), T.U.) e lo straniero è in possesso di passaporto o altro documento equipollente valido, in luogo del trattenimento, il questore può disporre una delle seguenti misure:

a) consegna del passaporto valido o di altro documento equipollente, da restituire al momento dell’accompagnamento,
b) obbligo di dimora in luogo preventivamente individuato dove possa essere agevolmente rintracciato,
c) obbligo di presentazione periodica ad un ufficio della forza pubblica.

In questi casi, trattandosi di straniero identificato, non essendo necessari accertamenti ulteriori sulla sua nazionalità e identità e non trattandosi di persona socialmente pericolosa, è consentita l’adozione di misure coercitive al posto del trattenimento che hanno efficacia a seguito di notifica all’interessato del relativo decreto motivato.
Trattandosi di misure incidenti sulla libertà di circolazione e soggiorno è prevista la consueta convalida che deve essere richiesta entro 48 ore dall’adozione del provvedimento, mentre il decreto di convalida del giudice di pace deve intervenire nelle 48 ore successive.
La contravvenzione anche ad una sola di queste misure (dopo l’avvenuta convalida) costituisce reato punito con la multa da 3.000 a 18.000€, attribuito alla cognizione del giudice di pace, e fa perdere i benefici.
In tal caso il contravventore deve essere immediatamente accompagnato alla frontiera, oppure, ove ciò non sia possibile, trattenuto in un C.I.E. o munito di ordine questorile di allontanamento (art. 14, co. 1 bis, T.U.).

5.4.3. L’ordine di allontanamento del questore
Allo scopo di porre fine al soggiorno illegale dello straniero e di adottare le misure necessarie per eseguire immediatamente il provvedimento di espulsione o di respingimento, il questore ordina allo straniero di lasciare il territorio dello Stato entro il termine di sette giorni, qualora non sia stato possibile trattenerlo in un Centro di identificazione ed espulsione, ovvero la permanenza presso tale struttura non ne abbia consentito l’allontanamento dal territorio nazionale (art. 14, co. 5-bis, T.U.).
Dunque quando non è stato possibile trattenere lo straniero da espellere o respingere in un C.I.E., vuoi per indisponibilità di posti o perché le sue condizioni personali si sono rivelate incompatibili ovvero quando, nonostante la permanenza nel C.I.E., non sia stato possibile eseguire l’allontanamento per decorrenza dei termini massimi o per mancata convalida o proroga, oppure infine quando nemmeno è stato possibile disporre le misure alternative (o queste sono state violate), insomma, quando l’amministrazione non è stata in grado né di dare esecuzione ai suoi provvedimenti né di utilizzare con profitto gli strumenti sopra indicati a sua disposizione, il questore ordina allo straniero di auto espellersi, gli ordina cioè di lasciare il territorio dello Stato entro sette giorni.
L’ordine è impartito con provvedimento scritto, motivato, tradotto, deve essere notificato a mani dello straniero e deve indicare le conseguenze sanzionatorie in caso di sua violazione.
Infine, l’ordine può essere corredato dalla documentazione necessaria per il raggiungimento della rappresentanza diplomatica del Paese di origine dello straniero in Italia al fine di acquisire i documenti necessari all’esodo, e del titolo di viaggio (art. 14, co. 5 bis, T.U.)
L’eventuale trasgressione dell’ordine, senza giustificato motivo, costituisce reato (si veda oltre).

6. I reati connessi alle espulsioni

6.1. I reati di inottemperanza all’ordine del questore di allontanarsi dal territorio dello Stato impartito allo straniero espulso o respinto
Lo straniero destinatario dell’ordine di allontanamento del questore che, senza giustificato motivo, omette di allontanarsi dal territorio nazionale nel termine di sette giorni, commette un reato la cui gravità varia a seconda del tipo di provvedimento amministrativo presupposto (art. 14, co. 5 ter, T.U.):
a) se l’ordine del questore è stato impartito in esecuzione di un decreto di respingimento (art. 10, T.U.), o di un provvedimento amministrativo di espulsione da eseguirsi con accompagnamento immediato (art. 13, co. 4, T.U.) ovvero di un provvedimento amministrativo di espulsione disposto per essersi lo straniero sottratto ai programmi di rimpatrio assistito (art. 14, ter, T.U.), la condotta è sanzionata con la multa da 10.000 a 20.000 €,
b) se, invece, l’ordine questorile è stato impartito in esecuzione di espulsione corredata dalla concessione di un termine per la partenza volontaria (art. 13, co. 5, T.U.), la condotta inottemperante è sanzionata con la multa da 6.000 a 15.000 €.
In caso di violazione dell’ordine di allontanamento, il prefetto, valutato il singolo caso e sempre che lo straniero non sia detenuto in carcere, procede all’adozione di una nuova espulsione che, ove non sia possibile eseguire coattivamente né previo trattenimento nel C.I.E., può essere corredata da un secondo ordine questorile di allontanamento.
Lo straniero che violi anche questo ulteriore ordine, senza giustificato motivo, è punito con la multa da 15.000 a 30.000 €. Trattasi di violazione reiterata dell’ordine di allontanamento del questore, senza giustificato motivo (art. 14, co. 5 quater, T.U.).
La cognizione di questi reati è attribuita al giudice di pace che, nel valutare la condotta dell’imputato, tiene conto dell’eventuale consegna allo straniero della documentazione necessaria all’allontanamento (art. 14, co. 5 bis, T.U.) e della sua cooperazione all’esecuzione dell’allontanamento, in particolare attraverso l’esibizione di idonea documentazione, come il passaporto in corso di validità.

Occorre ricordare che sulla clausola del “giustificato motivo” si è pronunciata la Corte costituzionale con la sent. n. 5/2004 (seppur adottata a proposito dell’analoga fattispecie precedentemente prevista prima delle riforme del 2011): il legislatore si sarebbe fatto carico, per escludere la configurabilità del reato, «di situazioni ostative di particolare pregnanza, che incidano sulla stessa possibilità di adempiere all’intimazione, escludendola ovvero rendendola difficoltosa o pericolosa», senza, però, che la si potesse connettere a situazioni di mero disagio economico, di regola sottostanti al fenomeno migratorio. Sarebbe da valutare il grado di esigibilità della condotta, non potendosi pretendere, secondo la Corte, l’ottemperanza all’ordine in varie eventualità di fatto (assoluta impossidenza, indisponibilità di un vettore o di altro mezzo di trasporto idoneo, difficoltà nell’ottenimento dei titoli di viaggio, nel raggiungimento della frontiera entro il termine, etc.) in ragione del principio per cui ad impossibilia nemo tenetur.

6.2. I reati connessi alle violazioni delle misure imposte nel caso di concessione del termine per la partenza volontaria e in alternativa al trattenimento
Lo straniero espulso che viola anche una sola delle misure imposte dal Questore allorché il prefetto concede un termine per la partenza volontaria (art. 13, co. 5, T.U.) è punito con la multa da 3.000 a 18.000€ (art. 13, co.5.2. T.U.).
Lo straniero espulso che viola una delle medesime misure imposte dal questore in alternativa al trattenimento (art. 14, co. 1 bis, T.U.) è punito con la multa da 3.000 a 18.000€.
La cognizione di questi reati è attribuita al giudice di pace.

6.3. I reati di reingresso illegale dello straniero espulso
Lo straniero destinatario di un provvedimento di espulsione non può rientrare nel territorio dello Stato, prima della scadenza del termine di divieto di reingresso indicato nel provvedimento espulsivo (art. 13, co. 14, T.U.), se non con una speciale autorizzazione del Ministro dell’interno.
Il trasgressore a questo divieto è punito con la reclusione da uno a quattro anni, ed è nuovamente espulso con accompagnamento immediato alla frontiera, salvo che si tratti di straniero espulso per ingresso o soggiorno irregolare per il quale è stato autorizzato il ricongiungimento familiare ai sensi dell’art. 29 T.U. (art. 13, co. 13, T.U.).
Analogamente è punito lo straniero che viola il divieto di reingresso, nel caso di espulsione disposta dal giudice.
La pena è invece della reclusione da uno a cinque anni nel caso in cui lo straniero, già denunciato per avere violato il divieto di reingresso e nuovamente espulso, reiteri la condotta di reingresso illegale (art. 13, co. 13 bis, T.U.).
Tutti questi reati sono di competenza del tribunale in composizione monocratica, è previsto l’arresto obbligatorio, anche fuori della flagranza, e si procede con il rito direttissimo (art. 13.co. 13 ter, T.U.).

6.4. I reati di trasgressione all’ordine di espulsione a titolo di misura di sicurezza
Lo straniero che trasgredisce all’ordine di espulsione pronunciato dal giudice a titolo di misura di sicurezza è punito con la reclusione da uno a quattro anni, con previsione di arresto obbligatorio, anche fuori flagranza, e si procede con rito direttissimo davanti al tribunale in composizione monocratica (artt. 235, co. 2; 312, co. 2, cod. pen.).

7. I programmi di rimpatrio assistito

Il ministero dell’interno, nei limiti dei fondi derivanti dal Fondo rimpatri (art. 14, bis, T.U.) e dei fondi europei, attua programmi di rimpatrio volontario e assistito degli stranieri, anche in collaborazione con associazioni, organizzazioni ed enti locali, (art. 14 ter, T.U.) le cui linee guida sono definite con Decreto del Ministro dell’Interno 27 ottobre 2011.
Tali programmi possono prevedere una serie di attività volte a favorire il ritorno in patria dello straniero quali: divulgazione di informazioni, assistenza nella fase di presentazione della richiesta, compreso il raccordo con le rappresentanze consolari ai fini dell’acquisizione dei documenti per il viaggio, organizzazione dei trasferimenti, corresponsione di un contributo economico.
I destinatari di tali programmi (art. 4, D.M. 27 ottobre 2011) sono tutti gli stranieri, con priorità per i seguenti:
a) soggetti vulnerabili (art. 19, co. 2 bis, T.U.),
b) vittime di tratta, soggetti affetti da gravi patologie, richiedenti la protezione internazionale e titolari di protezione internazionale o umanitaria;
c) stranieri che non soddisfano più le condizioni per il rinnovo del permesso di soggiorno;
d) stranieri, già destinatari di un provvedimento di espulsione o di respingimento ai sensi dell’art. 10, comma 2, T.U., trattenuti nei centri di identificazione ed espulsione ai sensi dell’art. 14, comma 1, T.U.;
e) stranieri, già destinatari di un provvedimento di espulsione a cui sia stato concesso un periodo per la partenza volontaria, ai sensi dell’art. 13, comma 5, T.U.

I programmi di rimpatrio assistito non si applicano (art. 14, ter , co. 5, T.U.) ad alcune categorie di stranieri espulsi:
a) a chi ne ha già beneficiato,
b) agli espulsi con provvedimento disposto dal Ministro dell’Interno,
c) agli espulsi per pericolosità sociale dal prefetto,
c) a chi non ha osservato il termine per la partenza volontaria,
d) ai destinatari di espulsione come sanzione penale o conseguenza di sanzione penale,
e) a chi ha violato le misure applicate in concomitanza con la concessione del termine per la partenza volontaria
f) a chi ha violato le misure applicate in alternativa al trattenimento.
Quanto alle modalità di accesso ai programmi (art. 14, ter co. 3, T.U.), la domanda deve essere presentata dallo straniero in prefettura, che, se lo straniero è irregolare, ne dà comunicazione alla questura.

L’accettazione della domanda, ad eccezione per i trattenuti nei C.I.E., sospende l’esecuzione dei provvedimenti di respingimento differito (art. 10, co. 2, T.U.), di espulsione prefettizia (art. 13, co. 2, T.U.), l’ordine di allontanamento del questore (art. 14, co. 5 bis, T.U.), nonché le misure adottate in concomitanza con la concessione del termine per la partenza volontaria (art. 13, co.5.2, T.U.) e in alternativa al trattenimento (art. 14, co. 1 bis, T.U.).
Invece la mera presentazione dell’istanza non sospende l’esecuzione del provvedimento di respingimento o di espulsione già adottato (art. 3, co. 2, D.M. 27 ottobre 2011), che è sospeso solo dopo l’accettazione della richiesta da parte della prefettura.
Dell’avvenuto rimpatrio è avvisato il giudice competente per il reato di ingresso e soggiorno irregolare (art. 10 bis, T.U.), che pronuncia sentenza di non luogo a procedere.
Qualora lo straniero espulso o respinto si sottragga ai programmi di rimpatrio volontario assistito a cui era stato ammesso si procede all’esecuzione coattiva di espulsioni o respingimenti (art. 14, ter, co. 4, T.U.).