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Lottando per una vita normale – I rifugiati somali in Italia

Mostra fotografica a cura di Lorenzo Masi*

Martoriata da venti anni di guerra civile la Somalia è oggi uno dei paesi più poveri e pericolosi del mondo. Per non rischiare di essere uccisi, o costretti a combattere al fianco di una delle fazioni in lotta in questa guerra infinita, molti somali scelgono la via dell’espatrio in un paese straniero.
In considerazione della sua posizione nel Mar Mediterraneo e del passato coloniale che la lega alla Somalia, l’Italia rimane una delle mete favorite per coloro che fuggono dal paese del Corno d’Africa.
Il percorso abituale compiuto da coloro che tentano di raggiungerla implica un lungo tragitto nel deserto, su mezzi come camion e autobus, fino a giungere alle zone di imbarco, generalmente distribuite nei pressi della città di Tripoli.
Se l’attuale incerta situazione politica libica non permette un’adeguata analisi della sorte dei rifugiati in viaggio su tale territorio, va registrato come, durante il regime di Gheddafi, gli accordi presi nel 2008 tra il governo libico e, con chiaro tornaconto anche per gli altri paesi europei, quello italiano, facessero sì che i migranti in transito attraverso il paese Nord Africano, già abitualmente tratti in arresto per richiedere riscatti alle famiglie in Somalia, venissero trattenuti in carcere per impedir loro il raggiungimento delle coste della penisola.
Al termine del loro viaggio, comprendente appunto la sempre rischiosa traversata del canale di Sicilia, i cittadini somali. finalmente giunti in Italia, vengono posti, in quanto provenienti da un paese in guerra, sotto Protezione Internazionale, in ottemperanza alla Convenzione sui Rifugiati stipulata nel 1951 a Ginevra da vari paesi europei.
L’assistenza da parte dello stato italiano si limita però a tale riconoscimento. Fatto salvo qualche sporadico intervento da parte del ministero competente non esiste un alcun programma centralizzato ed efficace per fornire ai rifugiati alloggio, supporto nell’apprendimento della lingua e assistenza nella ricerca di un impiego. Di conseguenza molti di loro si trovano costretti a vivere in edifici abbandonati o quando, come spesso accade, questi edifici vengono sgomberati, all’interno di centri di accoglienza in grado di ospitarli solo per un breve periodo di tempo.
In questa situazione, costretti a spostarsi da un alloggio di fortuna all’altro, tentando, spesso sostenuti da associazioni no-profit locali, di imparare la lingua e di trovare un lavoro, i rifugiati lottano tutti i giorni per condurre una vita normale, obbligati, tra l’altro, a rimanere in Italia, secondo i dettami degli accordi Dublino II, i quali impediscono a coloro a cui è stato riconosciuto lo status di rifugiati in un paese europeo di stabilirsi in un altro diverso da esso.

La mostra


01- ITALIA. Firenze, 11 Maggio 2010. Un rifugiato somalo all’interno del “Kulanka”, un ex-magazzino ferroviario occupato dai rifugiati somali nel 2008 e concesso dal comune di Firenze in comodato d’uso nel 2009 ad un’associazione di rifugiati stessi. La parola “Kulanka” significa assemblea.

02- ITALIA. Firenze, 4 Luglio 2010. Alcuni rifugiati somali ascoltano un discorso durante le celebrazioni per il cinquantesimo anniversario dell’indipendenza della Somalia (1 luglio 1960).

03- ITALIA. Varese, 28 Luglio 2011. Mohammed Elmi. Arrivato in Italia con la sua famiglia, sua moglie e tre bambini, nel giugno del 2003 dopo un volo da Mogadiscio a Tripoli ed una viaggio per mare di tre giorni per raggiungere la Sicilia.
Trasferito in un primo momento a Bari, decide, dopo aver ricevuto il permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, di spostarsi in un piccolo paese vicino a Varese. Qui inizia da subito a seguire lezioni di italiano e a cercare un lavoro, e, durante la pausa estiva della scuola di lingua, a seguire lezioni di guida per conseguire la patente italiana. Trovato infine lavoro in un altro paese della provincia di Varese viene aiutato, dall’associazione Caritas e dalla direzione del centro di accoglienza dove soggiorna con la famiglia, a procurarsi un alloggio vicino al luogo di lavoro per far fronte all’impossibilità di tornare a casa alla fine del turno.
Scaduto questo primo contratto gli viene offerto il posto di portiere presso il centro di accoglienza per rifugiati di Varese presso il quale attualmente lavora e vive con la propria famiglia.

04- ITALIA. Firenze, 20 Giugno 2011. Due rifugiati somali all’interno di un ex edificio per uffici occupato da rifugiati somali ed eritrei.

05- ITALIA. San Casciano dei Bagni, Siena, 29 Giugno 2011. Durante la conferenza “La voce della donne somale”; incentrata sui temi della pace, dello sviluppo e del ruolo delle donne nella società somala e promossa da Rahma Mohamed Hassan, leader dell’associazione AADBS (Associazione per l’Aiuto a Donne e Bambini Somali) con sede vicino Siena.

06- ITALIA. Firenze, 21 Luglio 2009. Alcuni rifugiati somali all’interno del edificio noto come “Kulanka” (assemblea in lingua somala), un ex magazzino nei pressi della ferrovia, occupato nel 2008 da un gruppo di rifugiati somali insieme dall’associazione “Lotta per la Casa”. Nel 2009 in ottemperanza ad un accordo siglato con il sindaco di Firenze, l’edificio è stato concesso in comodato d’uso ad un’associazione gestita da rifugiati.

07- ITALIA. Roma, 13 Aprile 2011. Un rifugiato somalo fuori dalla stazione Termini durante una raccolta di firme attivata dai rifugiati per richiedere al comune di Roma un alloggio per i somali temporaneamente ospitati in diversi centri di accoglienza al seguito dello sgombero dell’ambasciata dismessa del loro paese, all’interno della quale vivevano ormai da anni in condizioni terribili.

08- ITALIA. Casalecchio di Reno, Bologna, 10 Luglio 2010. Durante il “mondiale Anti-razzista”. Uno dei membri della squadra “Non solo Firenze”, composta dai rifugiati somali ospitati in un centro di accoglienza disposto all’interno dei locali dell’ex “Hotel Real” alla periferia di Firenze.

09- ITALIA. Firenze, 17 Luglio 2010. Una festa di matrimonio.

10- ITALIA. Firenze, 2 Luglio 2010. Un rifugiato somalo seduto all’interno della sua stanza nel centro di accoglienza disposto all’interno dei locali dell’ex “Hotel Real” alla periferia di Firenze.

11- ITALIA. Padova, 13 Luglio 2011. Mohamed Farah Omar, dopo una carriera come diplomatico terminata con lo scoppio della Guerra civile, ha vissuto in un primo tempo in Gran Bretagna, per poi trasferirsi in Italia, dove lavora come autotrasportatore.

12- ITALIA. Casalecchio di Reno, Bologna, 11 Luglio 2010. Durante il “Mondiale Anti Razzista”.
I giocatori della squadra “Non solo Firenze”, composta dai rifugiati somali ospitati in un centro di accoglienza situato all’interno dei locali dell’ex “Hotel Real”, alla periferia di Firenze, festeggiano la vittoria nel torneo insieme ad alcuni bambini Sarhawi.

3- ITALIA. Firenze, 4 Luglio 2010. Celebrazioni per il cinquantesimo anniversario dell’indipendenza della Somalia (1 luglio 1950). Alcuni rifugiati somali ascoltano il discorso di Nur Hassan Hussein, anche conosciuto come Nur Adde, primo ministro della Somalia dal novembre 2007 al febbraio 2009.

14- ITALIA. Firenze, 23 Giugno 2011. Due rifugiati somali all’interno di un ex edificio per uffici occupato da rifugiati somali ed eritrei.

15- ITALIA. Padova, 13 Luglio 2011. Ahmed Abdi. Nato nel 1991, comincia, ancora bambino, la sua fuga dalla Somalia trasferendosi, al seguito della famiglia, in Etiopia. Successivamente, all’età di nove anni, i suoi genitori e parenti decidono di spostarsi in Sudan. Dopo due anni la zia decide trasferirsi in Libia portandolo con se. Durante il passaggio del confine Ahmed viene catturato dalla polizia e incarcerato per due anni, fino al pagamento, da parte di sua zia, di una somma di denaro per la sua liberazione. Dopo due anni passati nella città di Homs i due decidono di tentare di imbarcarsi per l’Italia ma, sfortunatamente, la barca su cui si trovano affonda vicino alle coste libiche. Sua zia perde la vita nel naufragio e lui viene catturato dalle forze dell’ordine libiche e incarcerato per un altro anno e mezzo. Una volta rilasciato Ahmed tenta nuovamente di fuggire in Italia e nuovamente viene catturato dalla polizia. Nei tre anni che passerà in prigione verrà torturato ripetutamente dai secondini per mezzo di scosse elettriche e coltelli. L’apertura delle carceri, decisa da Gheddafi nel febbraio del 2011, al seguito dell’inasprirsi della guerra civile, gli dà la possibilità di imbarcarsi per l’Italia. Oggigiorno porta sul cuoio capelluto i segni delle ferite inflittegli con i coltelli e, sul pettorale destro, la cicatrice lasciata da un proiettile di plastica sparatogli durante un tentativo di fuga.


(*) Lorenzo Masi è nato a Firenze nel 1980. Laureato in Filosofia presso l’Università degli Studi di Firenze comincia a scattare fotografie nei primi mesi del 2008. Alla fine di tale anno, impegnato a documentare le proteste studentesche contro la riforma dell’istruzione, comincia una breve collaborazione esterna con l’Agenzia Fotogramma di Milano. Attualmente segue numerosi progetti editoriali e personali legati all’analisi della società contemporanea.