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Sportivi extracomunitari, parla Fossati (Uisp): “La legge Bossi-Fini va cambiata. Lo sport deve aprire: valgano i principi della cittadinanza e dello ius soli”

Decisa presa di posizione della UISP in merito alle discriminazioni anacronistiche che colpiscono migranti e giovani di seconda generazione nelle attività sportive.

Roma, 22 maggio. Nella riunione del Consiglio Nazionale del Coni di oggi è stato fissato a maggioranza il limite massimo degli sportivi extracomunitari per la stagione 2012-2013, per un totale di 1.352 unità (25 in meno dello scorso anno). Filippo Fossati, presidente nazionale Uisp, si è astenuto, insieme agli altri rappresentanti degli Enti di promozione sportiva: “Pensiamo che debbano valere i principi del diritto di cittadinanza per chi risiede da tempo o è nato in Italia, sia nella vita di tutti i giorni, sia nello sport”, dice Fossati, motivando la sua scelta. “Il Coni fa, come è suo compito, quello che la Legge gli dice di fare. Se non ho votato a favore è per ragioni politiche di carattere generale e di principio”.

“Ritengo che la legge Bossi-Fini e le successive modifiche vada cambiata. I suoi riflessi in ambito sportivo sono ancor più restrittivi e anacronistici. Fissare un tetto per i professionisti e per chi percepisce compensi ad ogni titolo significa mettere in difficoltà moltissimi cittadini stranieri che si muovono in ambito dilettantistico e percepiscono minimi compensi sportivi.”

“Ancor più negativi sono i riflessi della Bossi-Fini per i ragazzi di seconda generazione – prosegue Fossati – Non vengono considerati cittadini italiani pur frequentando le scuole, i quartieri e le società sportive del luogo di residenza. A 18 anni le relazioni sociali e le amicizie nate nella squadra sportiva si spezzano perché il ragazzo senza cittadinanza nonostante sia nato qui e abbia sempre fatto sport qui, torna ad essere straniero per la legge e di conseguenza per lo sport. Spesso l’alternativa è smettere o, se si ha molto talento, rivolgersi al paese di origine dei genitori! Queste normative non hanno più ragion d’essere e vanno cambiate. Bene la sensibilità del Coni e di alcune federazioni, ma il messaggio del mondo sportivo deve essere più forte: tutte le persone devono avere libero accesso allo sport e chi si avvia allo sport in Italia deve essere considerato cittadino italiano dello sport a tutti gli effetti. Lo sport dovrebbe anticipare quella che ormai è una necessità di integrazione degli immigrati che vivono e lavorano in Italia, attraverso il diritto alla cittadinanza in base alla nascita e alla residenza”.