Non è successo soltanto a Gradisca d’Isonzo. Ormai nei CIE si rimane rinchiusi anche quando si dovrebbe essere ricoverati in ospedale o accolti in una struttura di assistenza e cura. La dignità della persona e il diritto alla salute per i migranti irregolari non esistono più.
Si è svolta ieri lunedì 22 ottobre la udienza di convalida per la proroga del trattenimento del cittadino tunisino Yassin Ramadan Taha; il ragazzo, a seguito di un tentativo di fuga dal Centro di identificazione ed espulsione di Milo, alcune settimane fa, ha fratture multiple ad entrambi i talloni, e non può nè sostenersi sulle gambe, nè tanto meno deambulare. Dopo la sua dimissione dall’ospedale di Trapani, nonostante la disponibilità apparente della Prefettura per una diversa sistemazione, e malgrado la disponibilità dimostrata da diversi soggetti privati disponibili a prestare accoglienza ed assistenza a Taha, questi veniva ricondotto dalla polizia all’interno del CIE di Milo; malgrado il medico che opera all’interno del centro avesse stilato pochi giorni prima un’attestazione di incompatibilità a permanere all’interno della struttura, proprio per l’impossibilità per Taha di alzarsi sulle gambe e, quindi, con evidente impossibilità di provvedere autonomamente ai bisogni fisiologici ed all’igiene personale, oltre che di ricevere le cure adeguate per il recupero della funzione degli arti.
Nella mattina di lunedì scorso, davanti al giudice della convalida della proroga del trattenimento, proprio mentre l’avvocato Buscaino del foro di Trapani si apprestava a far valere quanto attestato dalla certificazione sanitaria rilasciata dall’autorità sanitaria in favore di Taha, chiedendo di non prorogare la misura restrittiva, veniva recapitato da parte dell’ ente gestore Oasi un nuovo certificato medico, redatto dallo stesso sanitario che aveva precedentemente certificato l’incompatibilità alla permanenza nel CIE del giovane, che questa volta attestava la compatibilità alla permanenza dell’”ospite” in un centro di detenzione ( perché di questo si tratta e non certo di un hotel), dal momento che era stato previsto che due crocerossine venissero una volta al giorno (la mattina) a lavarlo e aiutarlo ad espletare i bisogni fisiologici.
Il giudice di pace ha dunque convalidato la proroga del trattenimento, sembrerebbe una strana proroga a tempo, pur stabilendo che le crocerossine visitino Taha almeno due volte al giorno. Il giudice ha inoltre disposto una nuova visita medica diretta a verificare la compatibilità delle condizioni fisiche del ragazzo con la permanenza all’interno del CIE di Milo.
Appare a tutti evidente, meno che alla questura di Trapani ed al ministero dell’interno che in queste circostanze viene sicuramente consultato, che in queste condizioni una persona non può stare all’interno di un CIE (se deve andare in bagno la notte come fa?). Quanto sta avvenendo a Trapani configura un trattamento inumano vietato dall’art. 3 della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo, ed il comportamento delle autorità amministrative potrebbe incidere negativamente sulle possibilità di guarigione di Taha dopo fratture così gravi, in modo da compromettere il diritto alla salute della persona, garantito a tutti, immigrati irregolari compresi, dall’art. 32 della Costituzione italiana, e creare i presupposti per una azione di risarcimento nei confronti dello stato per i danni causati dall’omissione dei trattamenti medici prescritti per casi simili.
Sembra che il problema costituito da Taha consista nel rischio che sarebbe paventato dalla questura di Trapani di creare un precedente che potrebbe essere seguito da altri – visto che Taha si è spezzato le gambe tentando la fuga da un CIE.
Se anche a Trapani valessero nei confronti degli immigrati irregolari trattenuti nei CIE le leggi dello stato e le direttive comunitarie, per non parlare della Convenzione Europea a salvaguardia dei diritti dell’Uomo, si potrebbe concludere che le condizioni di salute di Taha, la corretta applicazione delle normative, oltre al dovuto rispetto della dignità e della salute della persona dovrebbero imporre la sua liberazione immediata ed il trasferimento in una struttura di assistenza e accoglienza, fermo restando che ogni persona deve essere curata nel rispetto della garanzia assoluta ed incondizionata del diritto alla salute. Ma non speriamo che questo possa avvenire, come in passato durante le visite a Milo abbiamo incontrato immigrati che si trascinavano sulle stampelle o recavano sulle spalle e sulle braccia i segni inequivocabili di manganellate che avevano ricevuto dopo i tentativi di fuga.
Siamo ancora in attesa che la magistratura porti avanti le indagini sulle denunce presentate nei mesi scorsi, dopo le dure azioni di repressione nei confronti di immigrati che avevano cercato di fuggire, come documentato da riprese giornalistiche inconfutabili, anche se gli immigrati ancora trattenuti nel CIE di Milo, nello stesso CIE nel quale operavano gli autori delle violenze subite, sono poi riusciti a fuggire. Probabilmente una condanna per quelle violenze, come per le tante altre violenze che si consumano ogni giorno all’interno dei CIE non arriverà mai. Ma e’ giusto che l’opinione pubblica sappia. E possa giudicare.
Fulvio Vassallo Paleologo
Università di Palermo