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Visto turistico – Il consolato deve valutare congruamente e adeguatamente la fattispecie

A cura dell'Avv. Gennaro Santoro

Il Tar per il Lazio, con la sentenza in commento, ha annullato il diniego di visto turistico opposto ad un cittadino marocchino che voleva venire in Italia a trascorrere le vacanze estive con una cittadina italiana alla quale è legato sentimentalmente, condannando l’Amministrazione al risarcimento danni. Il rigetto era stato assunto, poiché l’amministrazione aveva ritenuto sussistere il cd. rischio migratorio. Il Tar per il Lazio ha invece ritenuto di accogliere i primi due motivi di ricorso (violazione di legge e carenza di motivazione). In particolare, il ricorrente affermava di avere comprovato la titolarità di tutti i requisiti indicati dal reg. 810/09 CE e dal d.P.R. n. 394 del 1999 ai fini del visto e che l’amministrazione aveva fissato il colloquio per valutare la domanda dopo la scadenza del periodo per il quale il visto era stato chiesto.
Il Giudice amministrativo ha preliminarmente chiarito che  l’interesse posto a base della domanda di visto è “meritevole di tutela (l’intenzione di trascorrere le ferie con una cittadina italiana alla quale è legato sentimentalmente)” e che il ricorrente “ha assolto agli oneri imposti dalla normativa ai fini dell’ottenimento del visto (sono stati depositati la lettera di invito; ricevuta dei biglietti aerei di andata e ritorno; una polizza assicurativa e una fideiussione bancaria a garanzia dei mezzi di sussistenza).”

Ancora, il ricorrente aveva dato ampia prova di non essere un nullatenente, così come ritenuto dalla convenuta con la memoria di costituzione in giudizio, motivo per cui il rischio migratorio non era provato o, comunque, non motivato.
Sull’onere di motivazione e sulla discrezionalità nell’adozione del provvedimento di rigetto di visto turistico, il Collegio ha chiarito che “l’amministrazione, pur non essendo tenuta a motivare il diniego di visto turistico per ragioni di sicurezza ed ordine pubblico (art. 4 del d.lgs. n. 286 del 1998), è ugualmente onerata in giudizio della dimostrazione di avere adeguatamente e congruamente valutato la fattispecie. La relazione depositata a tal fine dal Consolato si limita a rilevare che il rischio migratorio è stato dedotto: a) dal fatto per cui il reddito del ricorrente è inferiore alla media degli stipendi erogati “dalle aziende creditizie marocchine”; b) dal fatto che egli non possiede beni immobili in Marocco, al punto da essere giudicato “nullatenente”. Si tratta di conclusione palesemente incongrua, e perciò viziata. Il ricorrente ha dimostrato sia la titolarità di un conto corrente con fondi per circa X.XXX,00 euro, ovvero per somma non disprezzabile in Marocco, sia di svolgere attività di lavoro a tempo indeterminato presso un istituto di credito.”

La sentenza in commento ha il merito di porre un argine all’arbitrio dei Consolati stranieri che utilizzano sovente il c.d. “rischio migratorio” per respingere domande di visto per turismo, senza porre in essere un’attività istruttoria volta alla verifica, caso per caso, dell’esistenza o meno del suddetto rischio.