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Dopo la tragedia di Lampedusa – A noi la scelta

di Andrea Segre

Ieri sera al Teatro Comunale di Ferrara 1000 persone hanno osservato un minuto di silenzio per onorare le vittime del naufragio di Lampedusa e per chiedere l’apertura di canali umanitari per i richiedenti asilo bloccati sulle coste libiche, egiziane e tunisine.
Durante quel lungo e intenso minuto di silenzio questo è ciò che pensavo.

Ho letto nel Corriere della Sera di oggi l’articolo sui “miliziani dei barconi” di Fiorenza Sarzanini: “Tantissimi (potenziali migranti) vengono “avvicinati” dai trafficanti, pronti a tutto pur di avere “merce” umana da imbarcare, che li convincono a seguirli.” E ancora, qualche riga dopo: “Altre migliaia di stranieri aspettano di intraprendere lo stesso viaggio. Merce umana inconsapevole del reale pericolo di essere mandati a morire, o forse pronti a tutto pur di cercare un’altra vita.”

Sono frasi che si rifanno con coerenza ad un punto di vista che si è talmente consolidato nell’opinione pubblica europea, da non permetterci più di capire perché sia stato creato e quali posizioni di politica internazionale sostenga. Un punto di vista che trionfa nella stragrande maggioranza dei giornali e dei commenti di oggi dopo la tragedia di Lampedusa e che può essere sintetizzato con le seguenti parole d’ordine: “La tratta di esseri umani nelle acque del Mediterraneo è un crimine contro l’umanità che va fermato con tutti i mezzi e l’Europa non ci può lasciare da soli”. Sono parole che potrebbero essere pronunciate da personalità politiche o morali di qualsiasi schieramento e appartenenza.

Ebbene a mio avviso questa frase è fuorviante e scorretta e conduce a strategie politiche ed operazioni militari incapaci di affrontare il fenomeno migratorio, mettendo davvero al centro la dignità e la vita degli esseri umani che emigrano.

Da almeno quindici anni i Paesi Europei, sia singolarmente che insieme, sviluppano, con plauso di tutte le forze politiche, “misure di contrasto all’immigrazione clandestina e alle organizzazioni criminali che la controllano” e da almeno quindici anni il numero di vittime continua a crescere. Come mai?

Il motivo è per me semplice e quasi banale.
Il problema sta nel fatto che esistono persone al mondo che hanno necessità di viaggiare, o per salvarsi la pelle o per cercare una vita migliore, ma non hanno il diritto di farlo perché altre persone, la cui pelle e la cui vita sono tendenzialmente molto più al sicuro della loro, hanno deciso di negarglielo. Queste persone non stanno ferme a casa a rispettare l’ordine di quelli che stanno bene. Cercano di raggiungere le terre dove stanno quelli che vorrebbero impedirglielo. E siccome in mezzo al viaggio trovano ostacoli naturali e soprattutto militari (le operazioni di contrasto all’immigrazione clandestina di cui sopra) allora si fanno aiutare da gente che dà a loro qualche sgangherato e pericoloso mezzo per superare quegli ostacoli e che per farlo si fa pagare caro puntando sulla loro disperazione e sulla corruttibilità di buona parte degli operatori coinvolti nei controlli delle frontiere.

Attraversare mare, deserto, steppe, montagne per noi europei costa 5-10-20 volte di meno che per migranti non europei: perché per noi è legale quindi sicuro, per loro no quindi insicuro.

Se davvero vogliamo salvare la pelle delle persone che hanno necessità di viaggiare, la prima cosa da fare è garantire loro il diritto di poterlo fare in modo sicuro e umano. Invece siccome questo non lo vogliamo fare, allora facciamo finta di occuparci di loro attaccando i trafficanti e la loro disumanità.

I trafficanti di esseri umani esistono, ma sono quelli che reclutano a forza altri esseri umani per venderli contro la loro volontà. Coloro che lucrano sui migranti per farli attraversare le frontiere che i migranti stessi vogliono attraversare sono, per usare un termine caro alla democrazia italiana, “utilizzatori finali” del sistema di frontiere e muri che l’Europa ha creato intorno alla sua fortezza.

Il termine “merce umana” utilizzato dalla Sarzanini è corretto solo se diamo per scontato il punto di vista europeo, cioè di chi continua a volere il consolidamento della Fortezza facendo finta che tale strategia non produca vittime e tragedie. I migranti sono “merce umana” sì, ma creata dalle nostre politiche e poi utilizzata da chi sfrutta l’occasione per fare business. Cambiando punto di vista i migranti sono invece persone a cui è stato negato un diritto fondamentale non per una loro colpa, ma per una discriminazione su pura base etnica, in base cioè a dove il destino li ha fatti nascere.

Il Presidente Napolitano ha chiesto ieri, e tutti si sono accodati, di rafforzare Frontex, l’agenzia europea che dovrebbe coordinare gli interventi degli Stati Membri nel controllo delle frontiere esterne e che gestisce varie operazioni marittime, terrestri e aeree per fermare le entrate dei migranti illegali. Bene, caro Presidente, se rafforziamo Frontex e la strategia che Frontex rappresenta, noi otterremo due immediati risultati: l’aumento delle vittime tra coloro che chiedono protezione e l’aumento dei costi dei viaggi illegali e quindi dei ricavi per coloro che li gestiscono. Poi però potremo presentare meravigliosi report in cui ci vanteremo di aver ridotto gli sbarchi e gli arrivi illegali nel territorio europeo. Ma ci siamo mai chiesti una cosa semplicissima: quando si riducono gli arrivi illegali nel territorio europeo dove finiscono le persone che abbiamo fermato e respinto? Pensiamo davvero che tornano a casa e rinunciano al viaggio perché hanno scoperto che è illegale? No, si rimettono in viaggio, se riescono a sopravvivere alle prigioni e alle torture dei Paesi extra-europei (Libia, Tunisia, Egitto,Turchia, Ucraina, Bielorussia e altri) a cui le nostre polizie li affidano, pagando salatamente il servizio.

Si ma allora? Come si fa?
Si spostano i finanziamenti dal contrasto all’immigrazione illegale alla creazione di canali di emigrazione legale.

Si creano servizi e agenzie che danno informazioni su come e dove emigrare o su come e dove fuggire.

Ma così vengono tutti qui?
Non è vero.

La maggior parte di chi deve scappare da regimi e guerre, cerca rifugio vicino casa per sperare di tornarci quando le guerre finiscono o i regimi cadono.

Altri, i 20-30enni. cercano di andare più lontano per mandare soldi alle famiglie che intanto aspettano vicino a casa. E quelli vanno aiutati.

Chi invece si muove per motivi economici se sa che un tot possono farlo legalmente si organizzerà per mandare quel tot e ricavare guadagno dalla loro emigrazione attraverso le loro rimesse.

Ma per rendere ciò possibile bisogna costruire sistemi di informazione e di organizzazione delle vie legali di emigrazione: aprire uffici ad hoc, usare mediatori culturali e comunitari, finanziare le agenzie UN preposte a ciò, utilizzare le sedi diplomatiche per questi scopi e altro ancora. E dove si trovano i soldi? Beh da quelli che possiamo risparmiare riducendo le follie e smantellando le inefficienze del sistema securitario fatto di operazioni di respingimento, di rimpatrio forzato, di espulsione, di detenzione e simili.

E’ una direzione rivoluzionaria e complessa, ma che è l’unica che può permetterci di non essere ipocriti quando ci scandalizziamo per le tragedie e quando diciamo di voler rispettare le vite e la dignità dei migranti.

Altrimenti l’unica cosa che ci rimarrà è la vergogna.
A noi la scelta.

Andrea Segre, firmatario dell’appello di Melting Pot, insieme a Vinicio Capossela e Goffredo Fofi, richiamano l’attenzione sulla tragedia di Lampedusa.
“Per ricordare le persone che sono arrivate – purtroppo morte – a Lampedusa dice il regista di “Io sono l”ì e “La prima neve”, oltre che del film documentario “Mare Chiuso” che racconta proprio le storie dei respinti dall’Italia. Poi aggiunge: perché l’Italia insieme all’Europa attivino dei canali umanitari per far si che altre persone, che oggi si trovano dall’altra parte del Mediterraneo, possano arrivare salve ad ottenere la protezione di cui hanno diritto”.
Fino alla mezzanotte di domenica Mare Chiuso in straming sul sito di ZaLab.