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Venezia – La presentazione del dossier statistico immigrazione 2013

5,2 milioni di stranieri. Aumentano i disoccupati. Il 14,9 dei nuovi nati è figlio di immigrati

A voler sintetizzare, sono sostanzialmente tre i dati di fatto che emergono dal Dossier Immigrazione. Tre dati di fatto statistici che contraddicono quello che per la maggior parte dei massa media è il “sentire comune“ della popolazione. La percentuale di cittadini migranti in Italia, innanzitutto, è inferiore alla media europea. Se il nostro Pese è per vocazione geografica uno dei primi ad essere attraversato dal “flusso migratorio”, la maggior parte degli stranieri preferisce far rotta verso il nord Europa. Secondo punto: i migranti, conti alla mano, danno alle casse statali molto più di quanto ricevono. La politica dell’emergenza inoltre, ha fatto sì che l’Italia spenda in operazioni di controllo e di repressione nei confronti degli irregolari, operazioni non di rado senza efficacia alcuna, molto di più di quanto investa in accoglienza. Terzo e ultimo punto, le discriminazioni sono in crescita. Per un migrante non solo è più difficile trovare casa, lavoro o accedere ai servizi di un cittadino italiano a ma spesso la discriminazione viene dalla stessa pubblica amministrazione che emana bandi e delibere escludenti.

Ma prima di esaminare qualche dato, il rapporto immigrazione 2013 realizzato dall’Unar e dal centro ricerche Idos, presentato ieri in contemporanea in tutti i capoluoghi di provincia italiani, mette in evidenza che nel nostro pianeta pressoché tutti i Paesi sono allo stesso tempo aree di destinazione, origine e transito dei flussi migratori. L’Europa, accoglie il 31,3 per cento dei migranti del mondo stimati sui 232 milioni, ma è anche un continente a forte vocazione migratoria considerato che un 25% dei suoi cittadini si è spostato in altri Paesi, pur se per la maggior parte interni alla comunità. Un dato questo, che va imputato alla presenza della Romania. In totale, nell’Ue, il 6,8 per cento della popolazione è composta da migranti.
Un dato da sottolineare è come sia aumentato il flusso di persone in fuga da guerre e carestie. Più di 23 mila persona al giorno sono costrette ad abbandonare la propria casa. Un dato raddoppiato rispetto a dieci anni fa.
La crisi ha rallentato ma non fermato i flussi. Da 3 milioni nel 2007, in Italia a quasi 4 milioni e 400 mila i residenti stranieri. Nello stesso arco di tempo, la presenza straniera regolare complessiva è passata nel nostro paese da quasi 4 milioni a 5 milioni 186 mila. Questo non solo per l’ingresso di nuovi lavoratori ma per i ricongiungimenti e le nascite.

In quanto alle provenienze, l’hit parade è dominata da europei (50,3 per cento di cui il 27,4 comunitari). Seguono Africa (22,2 per cento), Asia (19,4) e America (8).
Il 61,8 per cento dei migranti ha scelto il nord Italia, il 24,2 il centro.
La crisi economica ha comunque determinato un calo nelle entrate in quanto le quote di ingresso sono state ridotte. I visti sono scesi da 90 mila nel 2011 a 52 mila nel 2012.
I nati in Italia sono stati quasi 80 mila nel 2012 a cui si aggiungono 26 mila 700 bimbi nati da coppie miste.

Pur con ritmi più contenuti, gli occupati stranieri sono in progressivo aumento e arrivano ad incidere almeno al 10 per cento sull’occupazione totale. Ciò nonostante il tasso di disoccupazione per i migranti è in crescita e supera di quattro punti percentuali quello degli italiani.
Come dicevamo in apertura, il rapporto costi benefici per le casse statali sta tutto dalla parte dei migranti. Nel 2011 lo Stato ha introitato 13,3 miliardi di euro mentre le uscite sono state di 11,9 miliardi.

I dati in sintesi
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Sono oltre 5 milioni gli stranieri regolarmente presenti in Italia e portano nelle casse dello Stato un beneficio netto, tra entrate e uscite, quantificabile in un miliardo e 400 milioni di euro. Secondo il rapporto buona parte degli immigrati presenti in Italia sono “soggiornanti di lungo periodo”, autorizzati cioè a una permanenza a tempo indeterminato, quindi immigrati con un certo livello di integrazione nel nostro Paese. Per quanto riguarda la crisi, si sottolinea nel dossier, ha rallentato ma non fermato l’aumento degli immigrati: dal 2007 a fine 2012 si è passati da quasi 4 milioni ai 5,186 milioni attuali, non solo per l’ingresso di nuovi lavoratori ma anche per via dei nati in Italia e dei ricongiungimenti familiari. La comunità più numerosa è quella romena, circa 9 milioni di immigrati secondo le stime del Dossier. Rilevante il numero dei bambini stranieri nati in Italia nel 2012, quasi 80 mila, ai quali si affiancano i quasi 27 mila figli di coppie miste. Nel complesso, tra nati in Italia e ricongiunti, i minori non comunitari sono più di 900 mila e quelli comunitari almeno 250 mila. Per i ricongiungimenti familiari sono stati rilasciati nel 2012 81.322 visti, poco meno dell’anno precedente (83.493).

Una presenza consolidata, dunque, che ha cambiato il volto dell’immigrazione nel nostro Paese e che porta nelle casse dello Stato un beneficio che si può quantificare in un miliardo e 400 milioni di euro. I costi e i benefici dell’immigrazione per le casse statali. Il rapporto tra la spesa pubblica per l’immigrazione, da una parte, e i contributi previdenziali e le tasse pagate dagli immigrati, dall’altra, mostra che, anche nell’ipotesi meno favorevole di calcolo (quella della spesa pro-capite), nel 2011 gli introiti dello Stato riconducibili agli immigrati sono stati pari a 13,3 miliardi di euro, mentre le uscite sostenute per loro sono state di 11,9 miliardi, con una differenza in positivo per il sistema paese di 1,4 miliardi. L’obiezione ricorrente secondo cui l’integrazione degli immigrati costa troppo all’Italia, quindi, non trova riscontro nell’analisi delle singole voci di spesa e nel quadro che ne deriva. È vero, invece, che l’Italia sostiene spese di rilevante portata, più che per le politiche di integrazione, per interventi di contrasto all’irregolarità o di gestione dei flussi, in un’ottica emergenziale (è stato speso oltre 1 miliardo di euro, tra il 2005 e il 2011, per Centri di Identificazione ed Espulsione, Centri di Primo Soccorso e Accoglienza, Centri di Accoglienza, Centri di Accoglienza per Richiedenti asilo e Rifugiati), e soprattutto che, tanto a livello pubblico che sociale, si dovrebbe essere più attenti all’introduzione di elementi di sistema che possano garantire la continuità e l’efficacia degli interventi.

Gli occupati stranieri sono aumentati, in termini assoluti e di incidenza percentuale sull’occupazione complessiva, anche negli anni di crisi, seppure con ritmi contenuti,arrivando a incidere per almeno il 10% sull’occupazione totale. Si tratta, nel 2012, di 2,3 milioni di occupati, con una crescente concentrazione nel terziario (62,1%). Più in generale, si tratta di impieghi a bassa qualificazione (e bassa retribuzione), poco ambiti dagli italiani. Quanto alle imprese degli stranieri, sono 477.519, il 7,8% del totale nazionale, con un aumento annuale del 5,4%, nonostante il maggior costo degli interessi sui prestiti che si trovano a fronteggiare. Si tratta di imprese che producono un valore aggiunto stimato in 7 miliardi di euro, che meriterebbero un maggiore supporto, tanto più che gli aspiranti imprenditori immigrati sono disponibili all’impegno in campi innovativi e predisposti ad attività di import/export che possono essere di beneficio tanto all’Italia quanto ai paesi di origine.

Nonostante la crescita degli occupati, il tasso di disoccupazione degli stranieri è aumentato di due punti percentuali nell’ultimo anno (14,1% e 382mila persone coinvolte), superando di 4 punti quello degli italiani, e il tasso di occupazione (60,6%), pur rimanendo più alto rispetto a quello calcolato tra gli italiani (56,4%), è anch’esso diminuito di quasi 2 punti. La disoccupazione non solo è in aumento, ma è di lungo periodo; in oltre la metà delle famiglie straniere (62,8%) è occupato un solo componente, mentre è del 13,0% la quota di quelle in cui non è presente alcun occupato (erano l’11,5% nel 2011).Le quote d’ingresso per lavoratori non comunitari nel 2012, invece , al netto degli stagionali, sono state molto ridotte, a motivo della crisi economica (Dossier statistico immigrazione): propriamente dall’estero sono state 2.000 per lavoratori autonomi, 100 per lavoratori di discendenza italiana, mentre 11.750 sono state le autorizzazioni alla conversione di titoli di soggiorno rilasciati per motivi diversi dal lavoro. Di conseguenza, sono diminuiti gli ingressi per lavoro, i visti rilasciati per motivi di lavoro subordinato sono scesi da 90.483 nel 2011 a 52.328 nel 2012. La crisi inoltre ha accentuato il fenomeno dei rientri in patria di rumeni, bulgari, albanesi, e filippini che da anni si erano stabiliti nel nostro Paese.

Riccardo Bottazzo

Sono un giornalista professionista.
La mia formazione scientifica mi ha portato a occuparmi di ambiente e, da qui, a questioni sociali che alle devastazioni dei territori sono intrinsecamente legate. Ho pubblicato una decina di libri tra i quali “Le isole dei sogni impossibili”, edito da Il Frangente, sulle micronazioni dei mari, e “Disarmati”, edito da Altreconomia, che racconta le vice de dei Paesi che hanno rinunciato alle forze armate. Attualmente collaboro a varie testate cartacee e online come Il Manifesto, Global Project, FrontiereNews e altro.
Per Melting Pot curo la  rubrica Voci dal Sud.