Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

A cura di Paolo Fasano, Comune di Ravenna

Guida alle prestazioni di sicurezza sociale per i cittadini di paesi terzi: alcuni casi controversi

Prestazioni assistenziali, assegno di maternità e famiglie con almeno tre figli minori

Progetto cofinanziato da Comune di Ravenna, Cooperativa Sociale Persone in Movimento, Comune di Cervia, Unione Europea, Ministero dell’Interno

Premessa

Questo lavoro nasce dalla consapevolezza delle difficoltà in cui si trova il
sistema amministrativo italiano per i procedimenti che regolano l’accesso
alle prestazioni sociali da parte dei cittadini di Paesi Terzi regolarmente
soggiornanti.
Nel 1998, con la legge 40, denominata Turco – Napolitano, poi recepita nel
decreto legislativo 286/98, l’Italia si era finalmente dotata di una disciplina
organica (e certa!) dei diritti e dei doveri dei cittadini di Paesi Terzi, dopo
anni di grave vuoto legislativo. Infatti, nonostante l’articolo 10 c. 2 della
Costituzione reciti : “La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge
in conformità delle norme e dei trattati internazionali”, fino all’entrata in vigore
della legge 40/98 per garantire diritti fondamentali si era fatto ricorso a
prassi e circolari senza alcun fondamento normativo, secondo una logica
emergenziale.
Negli anni successivi numerose modifiche normative si sono sovrapposte in
modo non coerente, determinando contraddizioni di diritto e nelle prassi,
in un contesto già sottoposto a forti sollecitazioni per l’effetto dei due
principali processi politici tuttora in atto: da un lato quello federalistico e
dall’altro quello di integrazione dell’Unione Europea.
L’accesso al welfare da parte dei cittadini immigrati è un terreno su cui si
incrociano competenze diverse e talora contrastanti: le Regioni hanno una
competenza residuale in materia di assistenza sociale, mentre lo Stato ha
competenza esclusiva per la determinazione dei livelli minimi essenziali
delle prestazioni. Contemporaneamente l’Unione Europea entra in misura
crescente nel settore dell’immigrazione, con la definizione di particolari
categorie di cittadini di Paesi Terzi, ed ancor più con il Trattato di Lisbona
e l’art. 79 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (di seguito
TFUE), fondamento di una politica comune dell’immigrazione. Per quanto
riguarda l’Italia, la competenza esclusiva che la Costituzione assegna allo
Stato in materia di immigrazione (art. 117 c. 2 lett. a e b) deve necessariamente
intrecciarsi con il principio di prevalenza del diritto dell’Unione.
Questi diversi livelli di competenza hanno prodotto una frammentazione
dei procedimenti amministrativi e della condizione giuridica dei cittadini
migranti, in un quadro storico – politico di contenimento della spesa pubblica
e di ristrutturazione dei sistemi di welfare.

I risultati sono sotto gli occhi di tutti: difficile praticabilità dei diritti riconosciuti;
incertezza e non uniformità di applicazione dei procedimenti
amministrativi; elevato contenzioso tra istituzioni statali, locali e cittadini
di Paesi Terzi; gravi ripercussioni per l’autorevolezza delle istituzioni e la
coesione sociale.
Le stesse riforme in atto sono messe a dura prova da questi fenomeni, in
quanto non è pensabile che una norma che attiene a diritti fondamentali o
si occupa di prestazioni sociali che costituiscono diritti soggettivi della persona,
possa trovare un’applicazione diametralmente opposta non solo nella
stessa regione, ma all’interno di una provincia, tra comuni limitrofi , tra uffici della stessa amministrazione locale, senza innescare una deriva di degrado
amministrativo. Non possiamo rassegnarci a bandi per l’assegnazione
delle case popolari che modulano l’accesso dei cittadini stranieri in modo
profondamente contraddittorio da un comune all’altro, o ad adempimenti
obbligatori per il cittadino straniero che in un comune prevedono il normale
tributo in bolli ed in quello contiguo ben altri costi, come sta avvenendo
per l’idoneità alloggiativa relativa ad un diritto fondamentale quale quello
all’unità familiare. La pur dovuta autonomia degli enti territoriali non può
evidentemente tradursi in forme di “federalismo domestico”, del “fai da
te”, che rappresentano una parodia dei processi federalistici in atto.
Scopo della guida è, allora, ripercorrere l’iter di accesso ad alcune delle
principali misure di welfare esistenti, evidenziando principi, istituti e garanzie
previste dall’ordinamento nazionale e da quello dell’Unione, anche alla
luce delle pronunce delle Supreme Corti. Si tenterà di ricomporre un quadro
il più possibile unitario all’interno del quale l’operatore possa riconoscersi
con il proprio segmento di competenza e responsabilità, e il cittadino
migrante possa accrescere la conoscenza dei propri diritti e degli strumenti
di tutela accessibili. In attesa che il legislatore rimetta ordine in un settore
cruciale per la vita di tantissime persone.

Con una circolare del 4 settembre 2013 l’inps si è adeguata all’orientamento più volte espresso dalla giurisprudenza costituzionale
Messaggio INPS n. 13983 del 4 settembre 2013

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