Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da Il Manifesto del 16 dicembre 2013

Mineo. 18 dicembre 2013 – Dopo il suicidio di un ragazzo eritreo verso la Carta di Lampedusa

Associazioni e collettivi davanti al Mega Cara per denunciare quanto avvenuto e rilanciare la battaglia per i diritti

È in lutto la comu­nità eri­trea all’interno del Cen­tro richie­denti asilo (Cara) di Mineo. A poco più di qua­ran­totto ore dal rin­ve­ni­mento del corpo del loro con­na­zio­nale morto sui­cida sabato non ci sono grandi novità sulla dina­mica dei fatti né sulle reali moti­va­zioni del gesto.

Il suo nome era Mulue, aveva ven­tun anni e fug­giva da Karen, Eri­trea, per­se­gui­tato da uno dei regimi più duri della regione. Arri­vato in Ita­lia con lo sbarco del 5 mag­gio scorso, dopo aver attra­ver­sato il Sahara e la Libia, era in attesa da sette mesi del rico­no­sci­mento dello sta­tus di rifu­giato politico.

Lo hanno ritro­vato impic­cato con una tenda nel cot­tage che divi­deva con altri con­na­zio­nali. Sul caso, il primo sui­ci­dio avve­nuto nella grande strut­tura di Mineo dopo innu­me­re­voli ten­ta­tivi andati a vuoto, sta inda­gando la pro­cura di Cal­ta­gi­rone che ha affi­dato ai Cara­bi­nieri la rico­stru­zione della dina­mica dei fatti e del pro­filo psi­co­lo­gico della vit­tima. Nes­suna noti­zia uffi­ciale tra­pela sulle moti­va­zioni del gesto. Le voci che girano sul diniego della pro­te­zione uma­ni­ta­ria che il ragazzo avrebbe rice­vuto sono prive di fon­da­mento. «Era di ottimo umore» dice chi lo cono­sceva bene. Ma sono i tempi d’attesa dei responsi della com­mis­sione ter­ri­to­riale di Tra­pani ad essere troppo lun­ghi e le con­di­zioni di vita all’interno del Cara pos­sono aver fatto il resto.

«Si stava meglio in Libia», afferma senza tema di smen­tite un altro gio­vane eri­treo, durante la con­fe­renza stampa orga­niz­zata davanti all’immenso ex resi­dence delle forze armate ame­ri­cane dal Movi­mento anti­raz­zi­sta iso­lano, per pre­sen­tare le ini­zia­tive che si svol­ge­ranno in Sici­lia in occa­sione della pros­sima Gior­nata di azione glo­bale per i diritti dei migranti, fis­sata per il 18 dicem­bre. Il ragazzo vive al Cara da più di un anno e con la sua tuta da gin­na­stica blu, le infra­dito nel mese di dicem­bre, sem­bra appena sceso da un bar­cone. «Dor­miamo in cin­que in una stanza e la sera non abbiamo nem­meno l’acqua da bere per­ché chiu­dono tutto», rac­conta. Dei più di cento richie­denti asilo che sono venuti ad ascol­tare quasi nes­suno ha vestiti nuovi e nem­meno scarpe. «In Libia ci ruba­vano i soldi, ma almeno ci hanno poi lasciato andare» ricorda. «Qui invece non riu­sciamo nem­meno a con­tat­tare le nostre fami­glie e man­giamo solo pasta. Ogni giorno pasta». Una ragazza accanto a lui dichiara di assu­mere anti­de­pres­sivi da circa un anno men­tre i 2,50 euro che spet­te­reb­bero a ogni richie­dente asilo «ven­gono dati in siga­rette. A tutti. Donne, vec­chi e per­sino bam­bini». Gli ospiti del Cara poi le riven­dono e col rica­vato si pro­cu­rano come pos­sono quelle poche cose non pre­vi­ste dal vitto pas­sato dall’ente gestore.

Il Cara di Mineo è stato pro­get­tato per 400 posti letto ma ci soprav­vi­vono sti­pate oltre 4000 per­sone. Nel corso degli anni non sono man­cate denunce , rivolte anche dram­ma­ti­che e altri sui­cidi. Natu­rale che i movi­menti anti­raz­zi­sti si diano appun­ta­mento qui per lan­ciare le loro pros­sime campagne.

«Scen­de­remo in piazza nel nome di Mulue e di Nel­son Man­dela per far capire che nes­sun uomo al mondo è ille­gale». Così Alfonso di Ste­fano, della Rete anti­raz­zi­sta Cata­nese, ancora scon­volto per la tra­gica fine del ragazzo di Karen, rias­sume il senso delle ini­zia­tive che si svol­ge­ranno in Sici­lia mer­co­ledì pros­simo. «A Mes­sina, Palermo, Niscemi e davanti al Cara si svol­ge­ranno mani­fe­sta­zioni per ricor­dare le vit­time dei troppi nau­fragi avve­nuti nel Canale di Sici­lia – l’ultimo lo scorso 3 otto­bre a largo di Lam­pe­dusa, in cui 366 per­sone hanno perso la vita -, dire no alla legi­sla­zione secu­ri­ta­ria e raz­zi­sta in mate­ria di migra­zioni, chie­dere la chiu­sura del Cara e di tutti i luo­ghi di reclu­sione etnica pre­senti sul ter­ri­to­rio nazio­nale. la Sici­lia — pro­se­gue Di Ste­fano — deve essere un ponte di pace sul Medi­ter­ra­neo. Per que­sto vogliamo unire le pro­te­ste dei richie­denti asilo con­tro ogni poli­tica di segre­ga­zione con le bat­ta­glie con­tro il Muos e le basi militari».

«Le isti­tu­zioni del ter­ri­to­rio, i comuni del cala­tino, hanno rinun­ciato a cri­ti­care il Cara», è l’opinione del sin­daco Prc di Pala­go­nia Vale­rio Mar­letta, anche lui pre­sente alla con­fe­renza stampa e accorso a Mineo dopo la tra­ge­dia: «Si barat­tano le vite dei migranti per qual­che posto di lavoro nelle coo­pe­ra­tive e negli enti gestori. Per­sino la Cgil locale parla di que­sta strut­tura come di un pos­si­bile modello di svi­luppo per i nostri comuni», denun­cia. «L’Ispettorato del lavoro dovrebbe invece con­trol­lare quello che suc­cede den­tro quella che a tutti gli effetti è una strut­tura di segre­ga­zione per i migranti ma anche per i lavo­ra­tori italiani».

Il comune di Pala­go­nia è l’unico a non aver ade­rito al con­sor­zio di gestione del mega Cen­tro richie­denti asilo. «Molto meglio ade­rire al modello Sprar (Sistema pro­te­zione richie­denti asilo e rifu­giati) come ha fatto Cal­ta­gi­rone, il comune capo­fila dell’area», sot­to­li­nea il sindaco .

L’amministrazione gui­data da Mar­letta ospita 15 sene­ga­lesi che si sono per­fet­ta­mente inte­grati nella comu­nità cit­ta­dina. «Abbiamo com­preso bene che un modello inclu­sivo come quello dello Sprar fun­ziona bene quando i sene­ga­lesi e i ragazzi di qui hanno comin­ciato a gio­care a pal­lone insieme spon­ta­nea­mente, al di là delle clas­si­che mani­fe­sta­zioni di soli­da­rietà», osserva Marletta.

Tania Pogui­sch, del labo­ra­to­rio Migra­lab, viene da Mes­sina — la città del brac­cio di ferro fra il pre­fetto e il sin­daco paci­fi­sta Renato Acco­rinti, che si oppone alla ten­do­poli di tran­sito for­te­mente voluta dal mini­stro dell’interno Alfano. «Il movi­mento anti­raz­zi­sta deve chie­dere alla Regione una nuova legge sull’immigrazione — sostiene -, ma i movi­menti deb­bono impe­gnarsi a riscri­vere dal basso un nuovo diritto che metta al primo posto le per­sone , la loro dignità e i loro desi­deri». Un diritto che nes­suna isti­tu­zione oggi rie­sce a garan­tire pie­na­mente. Ci si ritro­verà dun­que a Lam­pe­dusa dal 31 gen­naio al 2 feb­braio 2014 per scri­vere quella che già si chiama «la carta di Lam­pe­dusa». Intanto alla cam­pa­gna per la chiu­sura del Cara si uni­sce Sini­stra eco­lo­gia e libertà. Dopo «l’ennesimo dramma dovuto al colos­sale fal­li­mento del nostro modello di cosid­detta acco­glienza», come afferma in una nota il respon­sa­bile cata­nese del par­tito Fran­ce­sco Alpa­rone. Con­vinto anche lui che «il Cara di Mineo vada chiuso al più presto».