Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

La Carta di Lampedusa per i diritti di tutti

La lettera dell' Associazione Piccoli Imprenditori di Lampedusa

Scrivere la Carta di Lampedusa sull’isola non ha avuto solamente un valore simbolico. Respirarne l’aria, condividerne bellezze e contraddizioni, toccare con mano la diffidenza ed insieme la grande disponibilità dei suoi abitanti, è stato essenziale. Perché quello scoglio che spunta dal mare nel mezzo del Mediterraneo è uno dei luoghi in cui più di altri si manifesta tutta la brutalità dei confini europei.
Camminare per le strade dell’isola restituisce senza mediazioni la misura di un fallimento di portata enorme per l’Europa.
Qualche giorno fa, in un suo editoriale comparso sulle pagine de Il Manifesto, Sandro Mezzadra ci consigliava di guardare Lampedusa come si guarda uno specchio. Riflessi avremmo potuto trovare i risultati delle politiche europee.
Certo, Lampedusa racconta quanto il confine sia capace di uccidere, ma le storie delle donne e degli uomini che vi sbarcano consegnano all’Europa anche la realtà di guerre e miserie che la circondano. Le immagini delle disinfestazioni rubate al centro di Contrada Imbriacola non sono altro che il simbolo della degradazione che i migranti subiranno anche una volta lasciata l’isola, nel lavoro e nella società.

Ma c’è una questione che, più di altre, Lampedusa è in grado di raccontare in maniera emblematica. E’ l’implicazione che le politiche del confine hanno sulla vita di noi tutti, non solo di chi li attraversa. O meglio, la vita di quell’isola racconta fino in fondo quanto sia il confine ad attraversare la vita di noi tutti.
La vita in un’isola di circa cinque mila abitanti non è mai facile, a qualsiasi latitudine si trovi. A Lampedusa questa difficoltà diventa uno schiaffo. Le donne e gli uomini che la abitanto faticano ad esercitare il diritto alla salute, su di loro grava in maniera pesantissima il disinvestimento cronico che da ormai vent’anni interessa il diritto all’istruzione. Le scuole cadono a pezzi come a Milano o a Bari, ma in questo luogo di confine, a metà tra l’Africa e l’Europa, questo impoverimento è veleno. Come è possibile accettare tutto questo mentre a poche miglia dalla costa e sull’isola stessa, il carrozzone che Italia ed Europa hanno messo in campo per il controllo dei confini funziona a pieno regime? Come è possbile accettare milioni di euro spesi per la gestione del cpsa per poi dover assitere a quelle odiose immagini che hanno fatto il giro del mondo?
Lampedusa lo sà. Forse non tutti in maniera eguale. Ma è certo che tanti abitanti dell’isola hanno maturato una consapevolezza diversa. Una sfiducia accumulata dopo anni di promesse che oggi si sta trasformando in una spinta nuova. Un’isola insomma che cerca un riscatto e lo fa a partire dalla semplice quanto fondamentale idea che non vi sia separatezza tra i diritti dei migranti e quelli di chi vive in Europa. Che vi sia piuttosto la necessità di lottare per i diritti di tutti. Come non chiedersi cosa e quanto si potrebbe fare destinando i soldi ora impiegati in controlli, operazioni umanitario/militari o nell’indegna accoglienza riservata a richiedenti asilo e rifugiati, per l’uso sociale di tutte e tutti? Provando allora a far tesoro di quell’immagine che abbiamo trovato nello specchio di Lampedusa non sarà difficile capire quanto, non solo per gli abitanti dell’isola, ma per tutti noi, risulti necessario assumere la sfida contro i confini dell’Europa. Un nodo inaggirabile per cambiarla.

Per questo nella Carta di Lampedusa troveranno spazio anche i documenti che alcuni abitanti dell’isola hanno voluto discutere con noi. Non disegneranno una nuova Europa ma, come la Carta di Lampedusa, hanno l’ambizione di liberare l’isola dal ruolo che le è stato assegnato.

Vi proponiamo quello che Angelo Mandracchia, albergatore, Presidente dell’Associazione Piccoli Imprenditori di Lampedusa, ha sottoposto all’attenzione dei partecipanti all’incontro dello scorso week end e che, come altri, diventerà uno degli allegati alla Carta di Lampedusa.


Dall’Associazione Piccoli Imprenditori di Lampedusa
La comunità lampedusana è da circa 20 anni che accoglie in modo esemplare i migranti che giungono sul suolo della propria isola, dimostrando all’Italia e al mondo intero cosa vuol dire accoglienza, sopperendo molte volte alle lacune e mancanze delle istituzioni pubbliche, a volte andando anche contro alle politiche anti immigrazione del politico di turno, e alle scellerate decisioni di qualche governo che, pur di ottenere dei compensi economici europei e per opportunismo politico, non ha esitato a far sopportare tutto il peso dell’immigrazione del Nord Africa, a questa comunità, distruggendo quell’economia che a costo di grandi sacrifici e nel corso del tempo, gli imprenditori lampedusani erano riusciti a costruire, per il bene proprio, dei propri familiari, e della società tutta, senza l’aiuto di chicchessia, ma soltanto con il proprio sacrificio e abnegazione al lavoro.
E nulla o quasi hanno avuto in cambio, anche se la molla che ha spinto i lampedusani ad aiutare, accudire, prestare soccorso ai migranti non è stato il miraggio di una ricompensa, ma il loro senso civico, l’innata accoglienza, l’immedesimarsi con chi sta come o peggio di noi, tante volte sono state aperte le porte di casa per invitarli a tavola , tante volte è partita la gara di solidarietà per raccogliere indumenti e coperte, tante volte si è scesi in piazza a manifestare per e con loro, per la difesa dei loro diritti, per far avere loro un trattamento umano, degno di una nazione civile.
Il centro di accoglienza di Lampedusa è un CSPA (Centro Soccorso e Prima Accoglienza) e non può e non deve accogliere i migranti per periodi di lunga permanenza; non può perché non attrezzato, non dotato delle strutture minime atte a garantire un lungo soggiorno in condizioni umane dignitose, non deve perché per regolamento i migranti possono essere ospitati in detti centri per massimo 96 ore, non deve perché inadatto.
Nell’ultimo anno sembrava che la macchina della gestione del flusso dei migranti funzionasse, che finalmente si fossero adottate, da parte delle istituzioni competenti tutti i meccanismi per la gestione ordinaria del fenomeno, ma è bastato l’arrivo di un centinaio di migranti in più del normale, perché tutto si inceppi, perché si torni all’emergenza; è inammissibile e non più sopportabile che si faccia ricadere sulla società lampedusana, le incompetenze, gli errori, i ritardi delle istituzioni preposte alla gestione dell’immigrazione.
Ancora una volta, l’impressione che noi riceviamo, è che cambiano gli uomini preposti ma non le metodologie, cambiare tutto perché nulla cambi, ancora una volta si impone alla nostra comunità di sopperire al mancato trasferimento in idonee strutture dei migranti e a tutto ciò che esso comporta;
Per il rispetto delle esigenze della nostra comunità, che non devono e non vogliono entrare in conflitto con quelle dei migranti, per la salvaguardia della economia dell’Isola, non vogliamo una guerra tra poveri, cogliamo l’occasione per far presente alcune criticità dell’isola di Lampedusa.
Come è ben noto la principale risorsa di questa piccola comunità, oltre alla pesca, è il turismo, settore in crisi, oltre che per la crisi economica nazionale e internazionale, nel nostro caso per i fatti legati all’immigrazione avvenuti nel 2011 i cui effetti si sono protratti anche negli anni successivi, con gravi perdite economiche.
La cattiva gestione del centro di accoglienza, per il continuo soprannumero, le ultime immagini relative alla disinfestazione, che hanno fatto il giro del mondo, hanno gettato discredito sulla gestione dei migranti e reso vani i messaggi positivi di salvataggio e accoglienza lanciati in questi ultimi tempi dall’attuale amministrazione.
L’operazione MARE NOSTRUM, ha dimostrato che quanto richiesto da anni, dalla nostra comunità, se si vuole, è possibile realizzare, e mi riferisco all’immediato soccorso in mare, data la presenza costante di varie unità navali, e al loro trasferimento direttamente in Sicilia, evitando così sia il disagio di lunghe ed estenuanti permanenze in un centro inadeguato e il ripercuotersi della cattiva informazione sull’isola di Lampedusa.
Per un accoglienza dei migranti degna di questo nome, per il rispetto che questa gente merita dopo una traversata in cui ha rischiato la vita, chiediamo il loro immediato trasferimento nei centri CARA, appositamente creati ed idonei a permanenze di più lungo periodo.

A tutt’oggi l’unico aiuto che la comunità lampedusana ha ricevuto è stato la sospensione dei tributi per gli 2011 e 2012, ma che alla fine si è rivelato un boomerang per le aziende, infatti non prevedendo il decreto, la rateizzazione dei tributi alla scadenza, le aziende sono state intimate a regolarizzare l’arretrato in un’unica soluzione.

Il sistema sanitario dell’Isola:
per prima cosa ci permettiamo di segnalare che a causa della riduzione delle ore di visita degli specialisti che settimanalmente vengono da Palermo, le code di attesa per una visita specialistica si sono notevolmente allungate, e tenuto conto delle specificità di Lampedusa, un isola molto distante dalla terraferma, non possiamo neanche rivolgerci al privato, a meno di non sostenere dei costi altissimi, legati al trasferimento e pernottamento, costi che non tutti gli isolani sono in grado di sostenere.
Il potenziamento della Guardia Medica, che al momento deve servire sia per le persone residenti che per l’eventuale arrivo dei migranti, nel cui caso ci ritroviamo scoperti dal servizio, dato che l’unico medico deve provvedere all’emergenza.
La mancanza di personale medico ed infermieristico per poter fare l’assistenza domiciliare integrata ai malati oncologici.
La mancanza di apparecchiatura per la TAC, obbliga a recarsi a Palermo, sarebbe opportuno la creazione di un fondo ad hoc, per contribuire alle spese che si sostengono e l’esenzione dai ticket.
La mancanza di una sala parto, che costringe le partorienti e i suoi familiari a recarsi fuori dall’isola per poter partorire, con costi esorbitanti di albergo e ristoranti.

Continuita’ territoriale
In considerazione che molte delle nostre trasferte a Palermo sono per motivi medici (analisi, interventi chirurgici e ricoveri, visite specialistiche, TAC, etc. etc.) già costose di per sé, a cui negli anni, abbiamo sempre dovuto sommare il costo non indifferente del trasferimento aereo, questo ulteriore aggravio di spesa e di disagio ci penalizza ulteriormente nella fruizione di servizi nei confronti della totalità degli italiani.
Se deve essere garantita la continuità territoriale, deve esserla ad un costo ragionevole.
L’incertezza dei collegamenti dovuti alla mancanza di un contratto di appalto, per almeno 3 anni, infatti sono anni che viene dato il servizio in proroga, non consente una programmazione turistica, e ciò causa la mancanza di prenotazioni.

Collegamenti navali
Ancora oggi assicurate da navi vetuste, che una volta per maltempo, una volta per guasto, una volta per motivi contrattuali, non garantiscono i collegamenti e le scorte di materiali di cui abbiamo necessità, e non ultimo i costi alti dei trasporti che incidono sui pezzi finali delle merci, un esempio è il costo delle bombole i gas.

Viabilità
Le nostre strade sono ridotte in una continua alternanza di buche, con grave rischio per l’incolumità pubblica.

Istruzione
È da 2 anni che i nostri ragazzi sono costretti ad effettuare i corsi pomeridiani, in “aule” di fortuna, e dislocate in giro per l’isola.

Angelo Mandracchia
Presidente dell’Associazione Imprenditori Lampedusa