Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Ancona: ecco come vengono accolti i rifugiati della nuova “emergenza” tutta italiana

Il contributo e la testimonianza dell'Associazione Shimabara di Ancona

Intorno alle ore 18.00 di Giovedi 18 Aprile veniamo informati da alcuni ospiti del dormitorio pubblico di Ancona “Un Tetto per Tutti“, dell’arrivo di un numero non definito di profughi provenienti da Bologna.

Lo spostamento di queste persone non passa inosservato dato l’enorme dispiegamento di forze dell’ordine che le accompagna, o meglio, che le scorta.
Arrivati immediatamente sul posto contiamo: un pullman della polizia, quattro camionette, tre pulmini civili, quattro macchine dei carabinieri, altrettante provenienti dalla questura con agenti in borghese della Digos, della scientifica, e alcuni referenti dell’ufficio immigrazione.

Da un primo contatto telefonico con la sede redazionale di Melting Pot di Bologna, ci viene confermato che 150 profughi sono oggi da li partiti per recarsi nelle Marche ed essere identificati e smistati nei vari centri di accoglienza o in situazioni create ad hoc per trasformare per l’ennesima volta l’accoglienza in emergenza.
Non abbiamo la sicurezza che tutti i 150 sono stati portati direttamente in Ancona ma sicuramente in diverse decine si trovavano sui mezzi della polizia al loro arrivo ad un “Tetto per Tutti’.

Parlando con un operatore del dormitorio abbiamo carpito che si tratta di uomini, donne e bambini provenienti per lo più dalla Somalia e dall’Eritrea e che, come già ci era stato confermato da Bologna, sono stati recuperati a nel Canale di Sicilia durante una delle operazione di “Mare Nostrum“.

Il loro arrivo ha creato un notevole movimento all’interno della struttura, la quale è stata temporaneamente organizzata per sottoporre i profughi a visite mediche e ad altri accertamenti.
Agli ospiti già presenti non è stato permesso di instaurare un contatto con i profughi, sono stati divisi e, al loro arrivo separati dalle forze dell’ordine che hanno impedito, per il tutto il tempo, che qualcuno si avvicinasse a loro.
Siamo riusciti ad intervistare un ex occupante di Casa de Nialtri che dorme all’interno dell’edificio dopo lo sgombero della scuola di Via Ragusa, e che ha assistito alle varie fasi di gestione di quella che viene chiamata “accoglienza”.
Nella stessa intervista, che di seguito riportiamo, viene evidenziato il maltrattamento che i poliziotti normalmente operano in queste situazioni. Essere umani considerati a tutto gli effetti degli invisibili, che vengono sottoposti a regimi di sorveglianza quando dovrebbero essere liberi e tutelati in tutti i loro aspetti.

Per questo e per tutto il lavoro politico che da anni stiamo portando avanti per il riconoscimento dei diritti di cittadinanza per i migranti, non ultimo nello specifico citiamo il patto costituente che ha portato alla stesura della Carta di Lampedusa, continueremo a monitorare la situazione per verificare dove, come e se verrà organizzata l’accoglienza.
Nello stesso tempo vogliamo accertarci che non vengano isolati dal territorio che li sta ospitando e dalle persone e dalle associazioni che possono garantire il rispetto dei loro diritti.

Troppo spesso assistiamo al loro abbandono dopo i percorsi prestabiliti dai progetti SPRAR o il caso emblematico del cosiddetto piano per l’Emergenza Nord Africa.
In questo senso  l’esperienza di Casa de Nialtri (così come quelle di Casa Madiba a Rimini e della Casa dei diritti Don Gallo a Padova) ha rappresentato un’alternativa concreta in grado di ridare protagonismo alla vita di molti contribuendo alla costruzione di una comunità allargata attraverso l’autorganizzazione solidale in spazi sottratti all’abbandono e alla speculazione edilizia.
Casa de Nialtri è stata la materializzazione del nostro concetto di accoglienza per cui le persone non sono costrette a subire passivamente servizi a loro imposti, o contrattare la propria identità, o subire continui abusi rispetto al pieno esercizio delle libertà personali come accaduto oggi con il dispiegamento di polizia nella nostra città.