Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza
/

Pochi ne parlano, ma la lotta è continua. Anche in Grecia

Grecia – Oggi è la giornata mondiale della lotta al razzismo e alla xenofobia, istituita in ricordo del massacro di Sharpeville avvenuto nel primo pomeriggio del 21 marzo 1960 davanti alla caserma di polizia della Township sudafricana. Quel giorno furono sparati 1344 proiettili, per ordine degli ufficiali (bianchi) Spengler e Pienaar, su migliaia di civili che protestavano pacificamente contro il regime di apartheid. Sessantanove persone morirono e centottanta rimasero ferite: vittime di un’ideologia della razza profondamente e storicamente radicata nelle classi dominanti bianche e nei loro interlocutori internazionali.

In Grecia e in altre capitali europee, da poco e per merito dell’antagonismo antifascista, si celebra nello stesso giorno l’opposizione al fascismo e ai rigurgiti neonazisti che contraddistinguono la sfera pubblica europea e non. La lista dei partecipanti alla manifestazione occupa una pagina intera; e questo consola. Le rivendicazioni dei manifestanti sono note: ius soli indipendentemente dallo status genitoriale, legalizzazione dei sans-papiers residenti nel paese da anni, diritto di voto per i non greci, adeguate politiche sociali per rifugiati e richiedenti asilo, chiusura dei campi di detenzione e abbattimento del muro frontaliero di Evros.

Oggi è quindi l’ennesima occasione, strappata a fatica dalle lotte, per permettere ai senza voce di raccontare un mondo diverso. Chiedere, ad esempio, giustizia per chi è morto nelle mani della negligenza di Stato come Mohammed Kamara, deceduto dopo otto mesi di internamento nel centro per migranti di Corinto. Assieme a lui verranno ricordati più di cinquanta omicidi a sfondo razziale commessi sul suolo greco nell’ultimo decennio e rimasti ad oggi senza colpevoli, coperti a volte da una strana connivenza tra polizia e Alba Dorata.

Della protesta nessun cenno sui quotidiani europei. Al netto del grottesco cicaleccio tra Atene e Berlino della settimana passata, rimane il silenzio sulle proteste meticce nel giorno mondiale contro il razzismo. Fuori dai canali indipendenti, la schizofrenia dei media in materia di migrazioni confonde, oblitera, rimuove. Le condizioni dei migranti e i problemi del razzismo istituzionale annegano così tra questioni ben più rilevanti (il futuro delle riforme neoliberali in Grecia), mentre le storie dei liberati da Amygdaleza si perdono come risacca nel grande mare dell’informazione.

Dopo mesi di internamento molti trovano l’abitazione occupata da nuovi inquilini, scoprono l’espatrio di amici e parenti e vivono sulla pelle la mancanza di adeguati mezzi di sussistenza. È pur vero che esistono organizzazioni non governative e opere di carità, ma la mancanza di politiche a lungo termine offre ai migranti piuttosto la fuga che un riparo. Il malpensante, poi, potrebbe addirittura immaginare che l’abbandono sorvegliato nel quale vivevano da reclusi si sia trasformato in una dimenticanza governata da forme d’incuria più sottili e meno dispendiose.

Non sembra andare meglio a chi ancora risiede forzatamente nei centri di detenzione. Qualche giorno fa, più di trecento migranti detenuti nel Cie di Corinto hanno iniziato uno sciopero della fame simile a quello del 2012. Le cause sono le stesse: condizioni di vita estremamente misere, malnutrizione e una diffusa mancanza di cure mediche appropriate.

Le lotte non si fermano, insomma. Anzi proseguono soprattutto quando nessuno ne parla. E questo perché chi proviene dalle periferie del villaggio globale approda in paesi (Grecia, Italia, Cipro, Spagna, Austria, Lussemburgo…) dove le alternative risultano in ultima istanza limitate: detenzione amministrativa, inclusione differenziata, illegalità.

In certe parti dell’Unione, del resto, la legislazione sugli “stranieri” è spesso un coacervo d’eccezionalità nel quale i tempi di attesa per una vita dignitosa possono dilatarsi incredibilmente. Qui la precarietà rischia di divenire esistenziale, mentre nuove forme di apartheid e nuovi confini interni si intrecciano e si sovrappongono. Non a caso l’Europa è chiamata Fortezza dai suoi abitanti invisibili.

La giornata mondiale contro il razzismo e la xenofobia ha così il compito di rivendicare nuove forme della cittadinanza. Anche in Grecia. Tra le mura di gomma di queste (più o meno) nostre democrazie cosiddette multietniche e multiculturali, non possiamo infine stupirci delle lotte di migranti, rifugiati e richiedenti asilo. Gli spazi politici si frammentano allo stesso modo degli spazi economici e i movimenti di esseri umani, come quelli di merci e capitali, incideranno sempre più nelle nostre società. Che lo si voglia o meno.

Link utili:
www.antiracismfascism.org (in greco)
http://clandestinenglish.wordpress.com (per condividere e supportare lo sciopero dei detenuti nel Cie di Cortinto)
www.ekathimerini.com (in inglese)