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Quell’umanità dolente sospesa tra burocrazia e miseria. Sul sistema dei C.a.r.a e non solo

Tensioni nel centro di accoglienza di Borgo Mezzannone a Foggia

Sospesi in un limbo. Sono rifugiati politici, profughi fuggiti da guerre, persecuzioni, torture e dittature. Arrivati in Italia dopo essere sopravvissuti a viaggi infernali, ora stretti tra gli ingranaggi della macchina burocratica dell’accoglienza. La loro speranza è racchiusa in un modulo che prova le sofferenze subite. La loro vita appesa a un responso, affidato alle “commissioni territoriali”: organi istituiti dal Ministero dell’Interno composti da quattro membri, due funzionari dello stesso ministero, un rappresentante del sistema delle autonomie locali e uno dell’Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite (UNHCR). Spetta a loro (alle commissioni) infatti, stabilire se lo status dei migranti che arrivano sulle nostre coste debba essere quello di rifugiati scampato dall’orrore, e come tali protetti da convenzioni internazionali. Cioè destinatari di un permesso di soggiorno, temporaneo. Oppure, clandestini, irregolari, da espellere dal territorio nazionale.

Come si apprende dal Ministero dell’Interno: “la Commissione territoriale può riconoscere lo status di rifugiato e in questo caso rilascia un provvedimento che consente al richiedente di ritirare in Questura il permesso di soggiorno per asilo. Il permesso di soggiorno per asilo ha una durata di 5 anni ed è rinnovabile ad ogni scadenza”. Non solo. La Commissione può anche non riconoscere lo status di rifugiato ma concedere la protezione sussidiaria, un permesso che ha una durata di 3 anni ed è rinnovabile ad ogni scadenza e che può anche essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Di più: la Commissione può anche ritenere che sussistano gravi motivi di carattere umanitario e, pertanto, chiede alla Questura che venga dato a chi lo richiede un permesso di soggiorno straordinario per motivi umanitari. Se invece la Commissione dovesse rigettare la domanda di protezione per manifesta infondatezza, è possibile ricorrere al giudice ordinario. Insomma, questo è il ventaglio delle possibilità offerte dalla normativa italiana a chi faccia richiesta di protezione internazionale nel nostro Paese. Nel 2014 sono stati 63mila i migranti che lo hanno fatto. Più della metà di loro non ha ancora ottenuto risposta. E il tempo necessario solo per avere una pronuncia si dilata tra gli otto e i dodici mesi. Certo, si deve ammettere che le domande, in conseguenza dell’aumento degli sbarchi, sono aumentate. Ma è l’intera macchina burocratica dell’accoglienza che si è inceppata. Procrastinando, nel tempo, il riconoscimento di un diritto fondamentale. Dunque c’è un’ umanità dolente, sospesa, che attende all’interno dei C.a.r.a (centro accoglienza per richiedenti asilo) in attesa che gli venga riconosciuto lo status di protezione.

Si deve partire da qui: da questo limbo, da questo stato di sospensione dei diritti per comprendere quanto accade in questi giorni all’interno del C.a.r.a di Borgo Mezzannone, a Foggia. Mentre si scrive, nella città pugliese si sta svolgendo un incontro in Prefettura, dopo le proteste di due giorni fa, da parte degli ospiti della struttura. Tensioni e cariche si sono registrate con le forze dell’ordine (foto) che hanno esploso, all’interno del Centro, anche diversi candelotti lacrimogeni.

Ora, in attesa dell’esito dell’incontro di oggi gli animi si sono placati ma l’impressione è che sia una situazione destinata ad esplodere, nuovamente. Alla base delle proteste, secondo quanto si è appreso, il diniego della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ad alcuni di loro. Ma c’è di più. È la condizione di sospensione, dopo tante sofferenze patite nel paese d’origine, che aggrava i risentimenti.

È la reale forma di accoglienza a cui vengono sottoposti i migranti una volta giunta in Italia. E’ la forma di esistenza a cui vengono costretti nel nostro Paese, che rende queste situazioni quasi all’ordine del giorno”, ci spiega Gianluca Nigro, militante storico delle reti antirazziste pugliesi, già molto apprezzato per il suo attivismo nel contrasto al caporalato: allo sfruttamento criminale cui vengono sottoposti i migranti “assoldati” nelle campagne pugliesi.

L’insediamento di un centro di così vasta proporzione in un comune che conta appena mille abitanti, non solo non favorisce l’inserimento nelle comunità coinvolte, ma anzi in questi luoghi di frontiera nel sud Italia favorisce, alimenta, proprio l’industria del caporalato”. Perché è ovvio, continua Nigro “che questa umanità eternamente in bilico sia il bacino di manodopera più florida per le aziende agricole del territorio, che così possono trovare braccia forti a buon mercato, disposte a lavorare 12 ore per appena 15 euro”.

Il tema resta quello dell’accoglienza degna, naturalmente. Ma come garantirlo, davvero? “Uscendo dalla logica dell’emergenza, potenziando dieci volte tanto il sistema degli Sprar, ancora oggi quasi totalmente insufficiente”, prosegue: “un reale sistema di accoglienza può essere realizzato solo attraverso progetti di piccole dimensioni, diffusi su tutto il territorio, costruendo una rete capillare. Bisogna dire basta con il sistema dei grossi centri, qualsiasi nome essi abbiano”.

Un sistema, quello attuale, una logica, quella fondata sull’emergenza, che non fa altro che arricchire alcuni enti di gestione ( il caso più celebre è quello legato alle inchieste di mafia capitale ma sono tanti i territori dove i centri sono gestiti in maniera tutt’altro che trasparente). Anzi. Proprio l’appalto per “La fornitura e posa in opera di moduli abitativi” per il centro immigrati di Borgo Mezzanone, a Foggia, una procedura indetta dal Viminale nel 2012 per un valore di 1 milione e mezzo di euro e poi annullata in autotutela dallo stesso Ministero, è finita nei giorni scorsi in un’inchiesta dell’Antimafia di Lecce perché è risultato uno degli appalti truccati in cui ”gli indagati pilotavano le gare per ottenere denaro e favori, sia avvisando in anticipo le imprese compiacenti dell’uscita dei bandi, sia fornendo gli elaborati progettuali ancora segreti, inviando alle stesse aziende gli elenchi dettagliati per qualità, quantità e prezzi stimati dei materiali che sarebbero stati oggetto della commessa pubblica” si legge nel provvedimento in cui risulta indagato, a piede libero anche Tommaso Ricciardi, viceprefetto, funzionario del Ministero dell’Interno, a capo della Direzione per le Libertà Civili e l’Immigrazione.

Intanto, a poca distanza da Borgo Mezzanone c’è un’altra umanità migrante dolente. Si trova a Rignano Garganico: il ghetto, la tendopoli dove sono in centinaia a vivere in ripari di fortuna, fatti di cartone, o alla meglio nei container. Qui non è la burocrazia a rendere impossibile la loro vita, ma la miseria. Entrambe, comunque, facce di un’identica accoglienza, indegna.

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