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Geklinkerden: i fantasmi di Amsterdam

Paesi Bassi – Dall’Iraq al Sudan, dall’Eritrea all’Afghanistan. Sono centotrenta i “Geklinkerden” di Amsterdam, termine generale che indica i migranti a cui è stata rifiutata la richiesta d’asilo e che non possono essere rimpatriati data la situazione dei rispettivi paesi d’origine. Vengono da mezzo mondo e hanno formato, più di tre anni fa, un coordinamento autonomo di rifugiati chiamato Wij Zijn Hier (We Are Here). La loro storia è complicata come le lotte che portano inesorabilmente avanti da quando la legge olandese li ha banditi nello spazio dell’invisibilità istituzionale.

Foto manifestazione ad Amsterdam
Foto manifestazione ad Amsterdam

Lunedì mattina il collettivo ha subito l’ennesimo sfratto da quando ha iniziato a rivendicare il diritto ad avere diritti. Dopo la cacciata da un ex-prigione e da una chiesa (ora proprietà di una compagnia immobiliare), i rifugiati hanno questa volta subito lo sgombero da un vecchio garage abbandonato nella periferia di Amsterdam.

All’operazione di polizia è seguita una lunga manifestazione, pacifica nel suo insieme ma segnata da tre improvvisi arresti. Partendo dal quartiere povero e periferico di Bijlmer, eredità di un enorme progetto di edilizia popolare fallito, il corteo si è mosso fino a occupare la sede centrale del comune. Il sindaco ha però rifiutato il confronto, sostenendo di essere a Den Haag, mentre le forze dell’ordine presidiavano le uscite della struttura.

Nel pomeriggio, situazione piuttosto insolita, si sono unite due differenti manifestazioni: la protesta dei richiedenti asilo ha infatti abbracciato (e non metaforicamente) la marcia di studenti e cittadini contro le derive neoliberiste dell’università pubblica. A pochi metri dal municipio, su uno dei ponti fotografati ogni giorno da migliaia di turisti ignari, sans-papiers e studenti hanno intonato assieme “No Border! No Nations! Free Education!”.

Il giorno successivo, dopo una notte passata all’addiaccio, il gruppo Wij Zijn Hier ha organizzato un presidio di lotta nel mezzo di un terreno abbandonato del centro città. Verso le due, la polizia ha sequestrato però le tende picchettate dai manifestanti intimando lo sgombero volontario. Le risposte del governo a due giorni di sollevazioni sono state in linea con le politiche degli anni precedenti: le stesse che hanno di fatto prodotto una crisi umanitaria nel cuore dei Paesi Bassi.

In seguito alle pressioni delle forze dell’ordine, poi, questi centotrenta “fantasmi della città” hanno optato per un’estensione strategica della protesta: galvanizzati dall’intervento del Consiglio d’Europa, che ha bacchettato il governo, e dal conseguente terremoto nei corridoi del potere, il collettivo si è quindi mobilitato verso il centro amministrativo di Den Haag.

Foto manifestazione ad Amsterdam
Foto manifestazione ad Amsterdam

Il problema è, come sempre, totalmente politico. La questione migratoria è una polveriera anche in Olanda, paese con un altissimo numero di rimpatri forzati e richieste respinte e le cui leggi sull’asilo continuano a dimostrarsi particolarmente ottuse. Di fronte alle rivendicazioni di centinaia di persone incappate in un cavillo legislativo, infatti, il governo continua a navigare nell’indecisione, trattando come inesistente chi è confinato nel suo stesso territorio: senza documenti i migranti non possono accedere a cure mediche, istruzione, lavoro e assistenza sociale.

La legge, di fatto, permette l’esistenza di non-cittadini che si muovono tra strade, edifici abbandonati e detenzione amministrativa. Queste “non-persone” diventano, nella logica della burocrazia di stato, un problema puramente gestionale. E il sindaco di Amsterdam, Eberhard van der Laan, impersona perfettamente questo tipo di atteggiamento relazionandosi con i rifugiati solo tramite i rappresentati del potere coercitivo. Gli unici ufficiali che parlano con Wij Zijn Hier sono così i poliziotti e il solo linguaggio parlato rimane quello dell’ordine pubblico.

Anche a livello nazionale il governo procrastina e tace. Ma l’attivismo di queste persone, non ancora stremate dalle avversità subite, che ha portato all’attenzione dei grandi media la protesta del coordinamento We Are Here assieme a quello di una associazione locale (We Are Here to Support) che si è limitata, nel corso degli anni, a fornire una cornice legale al movimento e a promuovere forme di collettivizzazione dei saperi a supporto delle lotte stesse.

Il risultato si è visto, ancora una volta, la settimana passata: i migranti hanno rifiutano la linea del compromesso e del silenzio, rigettando le politiche emergenziali proposte dal governo e sfidando lo stato d’eccezione nel quale questo vorrebbe relegare le insorgenze più fastidiose del collettivo. I “Geklinkerden” di Amsterdam hanno così ignorato l’offerta del “Bed, Bad, Brood” (letto, bagno e pane): una specie di elemosina assistenziale per le ore notturne con la quale la municipalità continua a non risolvere le problematiche di fondo dei richiedenti asilo.

In questo limbo, i rifugiati incontrano lo stato attraverso la divisa, la presenza inquietante delle camionette o dei cavalli bardati da guerriglia urbana. Una deterrenza psicologica notevole, insomma. Ma le manifestazioni continuano, per ora e senza troppa soggezione, a promuovere istanze radicali come la libertà di circolazione e il diritto ai documenti. Rivendicazioni imbarazzanti per una sinistra di governo (sarebbe forse meglio dire d’unità nazionale) che in tema di migrazioni ha spesso parlato il linguaggio unico della coalizione.

Mentre le proteste si moltiplicano e i governi silenziano, l’Europa presenterà a maggio la nuova agenda sulle politiche migratorie. Si parlerà di una gestione più smart (sic) dei confini attraverso lo scambio di informazioni con i paesi terzi, di nuove operazioni di polizia interna (Amberlight 2015) e di un rafforzamento del contrasto all’irregolarità. Sembra doveroso ricordare, quindi, come nelle pieghe di questa ridondante militarizzazione dei confini giacciano gli attivisti di Wij Zijn Hier.

Continuare a ignorare queste situazioni è un crimine. Sono offese quelle che le istituzioni democratiche commettono, ogni giorno e in diversi paesi dell’Unione, contro i nuovi dannati della terra. Crimini infami come il sequestro della tenda a un fantasma. In Olanda poi, dove pioggia e vento sono i compagni più fedeli di chi non ha un tetto sulla testa o un pezzo di carta in tasca.

Link Utili:
Servizio esclusivo girato da 31Mag.nl poco prima dello sgombero. Devo a Massimiliano Sfregola un serie di preziose informazioni e la suggestione fantasmatica.
Documentario sull’occupazione da parte di Wij Zijn Heir
Sito dell’associazione We Are Here to Support
Sito ufficiale del coordinamento Wij Zijn Heir