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Paranesti, Lithi, Kos, Atene. Ancora una settimana di proteste meticce in Grecia

Grecia - Il campo di Paranesti
Grecia – Il campo di Paranesti

Grecia – È un perfetto inglese quello dei rifugiati detenuti nel campo di Paranesti, all’interno della regione montuosa della Macedonia orientale. Isolati e vicini al confine carsico dei monti Rodopi, ventitré migranti hanno iniziato uno sciopero della fame comunicando con l’esterno sul cuoio di vecchi palloni bucati. Attorno al centro si riuniscono, a tratti, gruppi autonomi di protestanti per raccogliere e diffondere le rabbie disperate dei reclusi e controllare le forze dell’ordine, le quali replicano schedando a distanza gli attivisti.

I problemi sono, ancora una volta, legati alla gestione delle strutture detentive: anche a Paranesti l’architettura panottica affligge lo spirito mentre il corpo sopporta la mancanza di cibo e cure mediche. Sale così l’esasperazione dei prigionieri, molti dei quali minori e fermi da più di sei mesi (quindi illegalmente) all’interno del centro e il disagio si legge tutto nelle poche parole rubate ai controlli di polizia: “Niente cibo per quindici giorni, ora sciopero della fame”.

Proteste di questo tipo si sono moltiplicate negli ultimi mesi: da Amygdaleza a Corinto fino a Lithi, sull’isola di Chio, dove un gruppo di minori rinchiusi nella stazione di polizia ha iniziato l’ennesimo sciopero della fame dopo mesi di detenzione preventiva in condizioni più che disagiate. Questa e altre scintille di lotta hanno infine portato al corte meticcio del 4 aprile, quando centinaia di persone hanno sfilato per le strade di Atene nel silenzio totale dei maggiori canali d’informazione e senza la partecipazione ufficiale di alcun partito politico. Nel corso della protesta frasi in greco, arabo, inglese e francese esprimevano in coro la necessità di documenti per i sans-papiers e la denuncia per le condizioni disumane nei centri di “pre-rimozione”.
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Nessuna delle associazioni da anni attive nel supporto ai migranti si è stupita dell’ulteriore picco di proteste: lotte meticce che hanno attraversato molti dei centri di detenzione sul suolo ellenico approdando addirittura a Kos, dove pochi giorni fa 236 persone senza documenti né mezzi di sostegno hanno occupato la stazione di polizia. Del resto è con le parole e il rifiuto di obbedienza che i reclusi o chi è confinato da forme più sottili di privazione della libertà (lo statuto di clandestinità, ad esempio) possono farsi sentire.

La settimana passata è anche intervenuto il Rappresentante Regionale dell’Alto Commissario per i Diritti Umani dell’ONU, Jan Jarab, il quale durante ha rilasciato diverse dichiarazioni riguardo la detenzione amministrativa dei migranti sul suolo greco. Dall’UNHCR niente affermazioni rivoluzionarie, ma sentiti interessamenti (“Il nostro Ufficio condivide le preoccupazioni del Consiglio d’Europa”) e raccomandazioni (“I diritti dei minori devono essere una priorità”) che suonano abbastanza inconsistenti di fronte ad anni di violenza e razzismo istituzionali.

Nei corridoi del potere politico, lo confermano fonti ufficiali del Ministero dell’Interno, si studia invece il rinnovamento delle politiche migratorie. Sul banco delle trattative con Bruxelles, il Sottosegretario all’Immigrazione Tasia Christodoulopoulou avrà l’arduo compito di mediare tra interessi europei, storicamente frammentati, e una situazione nazionale piuttosto critica: nelle isole dell’Egeo orientale, infatti, il flusso dei migranti intercettati è triplicato rispetto al primo trimestre del 2014 mentre cominciano a scarseggiare i fondi per gli stessi dipendenti dei centri di detenzione (il quotidiano Ekathimerini racconta infatti di 250 operatori senza stipendio da dicembre).
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Missione delicata, quella del Sottosegretario, anche per le spaccature interne al partito di maggioranza che fanno capo a personaggi ben lontani dalla pretesa radicalità di Syriza, quali Kammenos e Paunosis, ma che detengono di fatto posizioni di potere all’interno della neonata coalizione di governo. Per questi motivi pare quasi impossibile che la Grecia rinunci in toto al ruolo di guardiano frontaliero: non a caso il governo ha invocato da settimane l’uovo di colombo del “supporto europeo” in tema di controllo dei confini, confermando inoltre l’adeguamento di eventuali riforme alle direttive comunitarie.

Molte rimangono le speranze riposte in Syriza mentre si addensa all’orizzonte il cambiamento delle politiche migratorie elleniche. Sebbene sia troppo presto per giudicare negativamente (o positivamente) l’operato del governo, a complicare la situazione arriva la moltiplicazione delle proteste nei campi di detenzione per migranti, frutto di un’esasperazione di lungo, anzi lunghissimo, periodo che tende a misconoscere gli avvicendamenti elettorali.

Quello dei migranti è un disagio radicato nel tempo. La collaborazione ellenica con l’opulenta Frontex e anni di “realismo politico” da tempi della crisi, infatti, hanno spesso raccontato il fabulazzo osceno dello straniero legale (meglio se muto lavoratore) e di quello illegale da rinchiudere e rimpatriare. Le conseguenze di queste narrazioni tossiche, a tratti egemoniche, stanno tutte nei palloni sgonfi che denunciano la fame dei reclusi di Paranesti. Monicelli diceva che la speranza è un’invenzione dei padroni; ci limiteremo dunque ad aspettare (fiduciosi) che il nuovo stato greco sappia cogliere le istanze di chi insorge ai margini del suo stesso territorio. Sia esso cittadino o meno.

Links utili:
Reportage fotografico di Clandestina dal presidio di solidarietà ai migranti di Paranesti
Voci dalla manifestazione del 4 aprile
Approfondimenti di Autonomen Balkan Informbüro sullo sciopero della fame a Paranesti