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Rapporto CODA: “Regole ed eccezioni nelle prassi della Pubblica Amministrazione”

On-line il secondo rapporto del Centro operativo sul diritto all’Asilo sui risultati del monitoraggio delle prassi illegittime della Pubblica Amministrazione nel corso dell’anno 2014- 2015.

Il CODA, nasce nel 2013 per rispondere all’esigenza di monitorare le prassi troppo spesso illegittime della Pubblica Amministrazione (P.A.) nei confronti di richiedenti asilo e rifugiati politici nel territorio di Roma. La Capitale, infatti, costituisce un interessante punto di osservazione che necessita di continuo monitoraggio e continui interventi, soprattutto in un momento come quello attuale in cui il tema delle migrazioni è centrale e in grado di incidere sulle scelte politiche, tanto a livello locale che nazionale ed europeo.
Tra il 2014 e il 2015 gli operatori di Coda hanno monitorato le prassi di differenti P.A., con un focus specifico sullo Sportello Profughi dell’Ufficio Immigrazione di Roma, istituzione che riveste un ruolo di primaria importanza nello svolgimento della procedura di riconoscimento della protezione internazionale.

Le prassi illeggittime individuate dal Coda sono suddivisibili in:
il rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno per mancanza di iscrizione anagrafica presso una dimora “reale ed effettiva”;
le difficoltà nell’accesso alla procedura di riconoscimento della protezione internazionale e alle misure di accoglienza per carenza del “certificato di domicilio”;
la rinuncia forzata alla domanda d’asilo;
i ritardi nella formalizzazione delle domande d’asilo per i richiedenti trattenuti presso il Centro di Identificazione ed Espulsione (CIE) di Ponte Galeria.
il rigetto illegittimo di moltissime richieste, inoltrate da richiedenti asilo, di ammissione al patrocinio a spese dello Stato da parte del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma perchè prive della certificazione consolare sui redditi nel paese d’origine (certificazione che per legge i richiedenti asilo non devono produrre).

Oltre all’attività di monitoraggio Coda ha avviato numerose cause con l’obiettivo strategico di porre fine all’applicazione delle prassi illegittime individuate.
Molte delle cause avviate nel 2014, finalizzate a inibire le prassi illegittime osservate, si sono concluse con esito positivo. Tra le più significative:
– la pronuncia del TAR – Lazio (9105/15) riconosce il diritto dei titolari di protezione umanitaria che dichiarano di non volere rapporti con le autorità consolari del proprio paese d’origine al rilascio del titolo di viaggio per stranieri;
– la pronuncia della Corte di Cassazione (sent. n. 19201/15), relativa a un caso seguito da Coda, afferma l’importante principio di diritto secondo cui il giudice di pace, in sede di convalida del trattenimento (in un C.I.E.), è tenuto a valutare i profili di manifesta illegittimità del decreto di espulsione e a considerare la sussistenza delle ragionevoli prospettive di rimpatrio dello straniero espulso (art. 15 par. 4 dir. 2008/115/CE), in assenza delle quali il trattenimento perde di legittimità;
– la pronuncia della Corte d’Appello di Roma (sent. n. 4200/15), relativa ad un cittadino straniero “inespellibile” ai sensi dell’art. 19 T.U. Immigrazione, ha riconosciuto “ostruzionista” e “in violazione di legge” il comportamento dei funzionari dello Sportello Profughi dell’Ufficio Immigrazione della Questura di Roma che si rifiutavano di rilasciare il titolo di soggiorno a cui lo straniero aveva diritto in base ad una pronuncia del Giudice di Pace di Roma – confermando così come l’operato di questo Sportello veda fra le sue principali caratteristiche la discrezionalità.


LA RESIDENZA AL CENTRO DELLE PRASSI ILLEGITTIME

Quest’anno il CODA ha riscontrato l’applicazione sistematica di una prassi estremamente ingiusta e lesiva dei diritti dei titolari di protezione umanitaria e internazionale: la richiesta dell’iscrizione anagrafica presso una dimora “effettiva e reale” (vale a dire senza poter ricorrere al sistema delle c.d. residenze “virtuali”) ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno.
Il diniego del rinnovo (o, meglio, l’irricevibilità della relativa istanza), basato sulla carenza di iscrizione anagrafica, ha coinvolto un altissimo numero di persone, condannandole a rimanere in una situazione di sospensione giuridica, senza un permesso di soggiorno ma conservando il diritto a rimanere sul territorio nazionale. Ciò ha comportato l’impossibilità per migliaia di persone di avere accesso ad alcuni servizi pubblici. In primis, la limitazione dell’accesso al sistema sanitario nazionale, l’impossibilità di sottoscrivere un contratto di lavoro o d’affitto, l’impossibilità di uscire dall’Italia, con gravissime conseguenze sia sul piano sociale che personale dei singoli interessati.
Lo Sportello Profughi ha persistito nell’applicazione di questa prassi anche dopo l’emanazione di una circolare del Ministero dell’Interno – Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, che ad essa si opponeva fortemente. Uno scontro fra amministrazioni che tuttora riflette i suoi effetti sulle vite dei titolari di protezione internazionale e umanitaria.

A partire da quanto emerge nel rapporto, considerate le problematiche in esso descritte, il CODA vuole principalmente reiterare le raccomandazioni già formulate nel corso dell’anno passato, al fine di garantire una procedura più rapida e trasparente, e che rispetti i diritti garantiti dalla normativa nazionale ed internazionale. Infatti, nonostante le vittorie ottenute sul piano giudiziale, il monitoraggio ha riscontrato che alcune delle prassi condannate sono tuttora seguite dalle amministrazioni interessate. Si pensi, in particolare, alle difficoltà che tuttora incontrano i titolari di protezione umanitaria quando richiedono il rilascio del titolo di viaggio.

In generale il CODA raccomanda agli enti di tutela di:
– condividere il più possibile le azioni messe in atto per il rispetto dei diritti delle persone, in modo da rafforzarne l’efficacia ed evitare inutili duplicazioni; 
– migliorare il coordinamento fra enti, evitando di presentarsi divisi e più deboli di fronte alla P.A.; 
– far circolare eventuali buone prassi individuate in un luogo per estenderle il più possibile nei vari territori ed evitare il ripetersi di comportamenti scorretti in altri luoghi.

Nello specifico, agli uffici della P.A. raccomanda di:
– garantire la possibilità di rinnovare il permesso di soggiorno per protezione umanitaria e internazionale a tutti coloro che siano in possesso dei relativi requisiti, indipendentemente dall’iscrizione anagrafica, conformemente alle indicazioni ministeriali e alla normativa in materia;
– predisporre una comunicazione chiara, accessibile e trasparente, anche in formato cartaceo multilingue, presso gli uffici e gli sportelli aperti al pubblico: si diminuirebbero gli inconvenienti causati dalle incomprensioni. Potendosi affidare a regole certe stabilite per legge e snellendo le procedure è possibile evitare che un utente debba recarsi troppe volte presso lo stesso ufficio per una pratica che può essere risolta in un tempo più breve; 
– prevedere una formazione periodica e continua agli operatori degli sportelli a contatto con l’utenza, con particolare attenzione alla normativa vigente e al rispetto della diversità culturale; 
– prevedere l’impiego, anche ricorrendo a finanziamenti speciali, di mediatori culturali indipendenti, soggetti “terzi” rispetto alla P.A. e all’utente, che facilitino la comunicazione e lo scambio al fine di non disperdere le forze e di evitare incomprensioni e malintesi; 
– aumentare e facilitare le occasioni di incontro e di scambio fra P.A. e operatori legali delle organizzazioni della società civile che supportano i richiedenti asilo e i migranti. Questo contribuirebbe a trovare soluzioni condivise a problematiche pratiche, in conformità con la legge e con i diritti dei soggetti, e ridurrebbe la necessità di intervenire “ad personam” in singoli casi, con conseguente risparmio di tempo e di forze; 
– migliorare la comunicazione interna agli uffici, per evitare disparità di trattamento nella trattazione delle pratiche; 
– accettare una primissima formulazione della domanda di tutti coloro che si presentino in Questura a chiedere protezione internazionale. Ciò al fine di scongiurare il pericolo che la persona che non sia riuscita a formalizzare tale richiesta, pur essendosi recato presso gli uffici, sia considerato sprovvisto di documenti – ad esempio, con un documento datato e timbrato dal’Ufficio Profughi; 
– considerare “richiedente asilo” a tutti gli effetti chi abbia espresso, in qualunque forma, la volontà di richiedere la protezione internazionale, anche prima della formalizzazione dell’istanza stessa; 
– rilasciare sempre risposte in forma scritta alle istanze formulate da richiedenti asilo e rifugiati, per facilitare la comprensione di una valutazione o di una decisione della P.A.; 
– rilasciare ai titolari di protezione umanitaria, ricorrenti ex art. 35 d.lgs. 25/08, il permesso ex art. 5 co. 6 (protezione umanitaria), al quale hanno diritto poiché l’impugnazione della decisione della Commissione Territoriale (e la susseguente sospensione dei suoi effetti) riguarda solo la parte in cui vengono negate forme di protezione più forti e non anche quella che riconosce la sussistenza delle ragioni umanitarie.
– In caso di richiesta di rilascio del titolo di viaggio da parte di titolari di protezione umanitaria procedere ad una valutazione delle circostanze del caso concreto, anziché fornire la generica indicazione (in forma scritta o addirittura solo orale) di rivolgersi alle autorità consolari del proprio paese d’origine per ritirare un documento attestante l’impossibilità di ottenere dalla stessa il rilascio del passaporto.

– Scarica il rapporto completo
coda-rapporto-finale-ottobre-2015.pdf

Info: https://codadirittoasilo.wordpress.com/