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“Ci hanno abbandonati”: i migranti raccontano della sofferenza nei centri di accoglienza privati in Italia

Stephanie Kirchgaessner, The Guardian del 26 novembre 2015

Napoli – Acqua e gas mancavano già da giorni quando Lessena M e i suoi coinquilini, un gruppo di richiedenti asilo della Costa d’Avorio, che hanno vissuto a Napoli per più di un anno, hanno deciso di dare il via a una protesta.

Così hanno cominciato a lanciare bidoni dell’immondizia e un vecchio divano arancione dal balcone del loro appartamento, mentre i vicini si riunivano in strada a guardare. Poi è arrivata la polizia, evidentemente sconcertata dal fatto che il proprietario non aveva ancora rimesso l’acqua. Con l’impianto idraulico non funzionante, la puzza nell’abitazione era diventata intollerante. Lessena, 34 anni, dice che anche il ragazzo che portava loro il cibo quotidiano nella busta di plastica – sempre pasta – aveva smesso di venire.

Siamo stati abbandonati completamente. A quel punto, eravamo completamente soli”, ha affermato. Lessena, con la sua voce morbida, sopravvissuto ad un attacco d’acido in Costa d’Avorio che gli ha sfregiato la spalla sinistra e il collo, dice di essersi recato diverse volte dalla polizia per depositare lamentele formali, poiché i proprietari del suo edificio, che vengono pagati dallo Stato italiano per ospitare i richiedenti asilo, non erano raggiungibili.

Nei giorni seguenti alla protesta, ripresa il mese scorso da giornalisti italiani in un filmato per conto del Guardian, i richiedenti asilo sono stati trasferiti.

Lessena è uno degli stimati 99,000 migranti ospitati quest’anno in Italia al costo di circa €1.16 miliardi, il doppio rispetto ai costi dell’anno scorso. La presa in carica di questi richiedenti asilo è stata affidata prevalentemente a onlus, individui, aziende e cooperative di tutta Italia. Mentre molti vengono alloggiati in grossi centri d’accoglienza, come quello di Mineo in Sicilia (il più grande d’Europa), altri vengono inviati in piccole proprietà, dove proprietari, manager di hotel e titolari di ristoranti hanno trasformato gli spazi disponibili in alloggi. Si tratta di un business redditizio: i proprietari degli alloggi per richiedenti asilo ricevono €35 al giorno per ogni adulto ospitato. Una persona che gestisce questo tipo di alloggi riceve €1.28 milioni se ospita 100 persone all’anno.

Sulla carta, i richiedenti asilo hanno diritto a certi benefici che possono garantire la loro sicurezza, la loro salute e anche la loro integrazione nella società italiana: cibo e cure mediche, supporto psicologico e €2,50 al giorno. I politici di destra, capitanati dal leghista Matteo Salvini, sono soliti dipingere i richiedenti asilo in una vita comoda in mezzo ai sussidi.

Ma per alcuni, la realtà è decisamente diversa.
Un numero di attivisti che lavora con i richiedenti asilo afferma che il lavoro di accoglienza è macchiato dalla corruzione e sotto l’influenza del crimine organizzato, il quale trae profitto da una situazione di emergenza nazionale. I migranti sono concentrati nel Sud Italia, dove l’influenza del crimine organizzato è notevole.

L’opportunità di ricavarne illegalmente un profitto è stata articolata in modo sensazionale dall’uomo al centro del cosiddetto scandalo di “mafia capitale” a Roma, Salvatore Buzzi, intercettato l’anno scorso mentre raccontava ad un associato che il business della droga era “meno redditizio” di quello dell’accoglienza dei richiedenti asilo.

Gianluca Petruzzo, presidente di un gruppo per i diritti umani chiamato Associazione 3 Febbraio, ha affermato che l’Italia era fondamentalmente in uno stato d’emergenza quando si trattò di dover accogliere. Quando le autorità sanno, per esempio, che 1,000 migranti stanno per sbarcare in Sicilia, si fanno delle disposizioni per accoglierli in fretta e furia, spesso senza mettere in gara le offerte.

In un’area a nord di Napoli, c’è un ristorante. Questo ristorante ospita 300 persone – una stanza per 300 persone. Ci sono alberghi certificati dove, in una stanza da due o tre persone, si dispongono brandine per sette o otto migranti”, dichiara Petruzzo.
In alcuni casi a cui dice di aver assistito personalmente, i richiedenti asilo vengono portati in fattorie gestite da proprietari di rifugi per migranti a lavorare 12 ore al giorno, di solito per circa €10 al giorno.

La più grande indignazione la senti quando ti rechi nei centri e parli ai proprietari, e loro dicono: ‘Cosa vuoi, vengono dall’Africa. Gli diamo cibo e acqua, cos’altro vogliono?’ I proprietari li considerano più bestie che esseri umani,” continua Petruzzo.
C’è un dibattito riguardo alle cause delle condizioni scadenti in cui vivono i richiedenti asilo in Italia, se ciò rifletta il fatto che il Paese semplicemente non riesce a far fronte al numero di migranti, o se l’Italia abbia di proposito adottato un approccio di neutralità per scoraggiare le persone dal rimanere.

Petruzzo afferma di non credere che le lunghe liste d’attesa che chi ha fatto domanda d’asilo deve affrontare siano un caso. Mentre molti dovrebbero essere ascoltati dalle autorità locali dell’immigrazione entro 60 giorni dal loro arrivo, la maggior parte di loro deve aspettare dai 6 ai 10 mesi per avere un incontro, e poi altri 6 per ottenere una risposta. In quel periodo, non sono autorizzati a lavorare o a lasciare il Paese.

È un tempo lungo perché più a lungo stai, più l’Italia riceve soldi dall’UE, più i proprietari degli alloggi ricevono dallo Stato, e così via fino ai politici”, dice Petruzzo. “È una mancanza d’organizzazione, ma anche una cattiva amministrazione del tutto intenzionale”.
L’esperienza di Lessena in Italia ha seguito uno straziante viaggio fatto lo scorso anno dalla Libia a bordo di un gommone quasi sgonfio. Dice di essere rimasto a guardare mentre il suo amico e la ragazza del suo amico affogavano.

È stato portato in un edificio di proprietà di un’azienda che, direttamente e indirettamente, controlla più di una dozzina di altre proprietà. I richiedenti asilo dichiarano di non aver ricevuto sapone e altri benefici che spettavano loro, come stipulato dal contratto pubblico richiesto alle persone che ospitano migranti. Dichiarano anche che l’acqua e l’elettricità sono state loro tagliate, nonostante i frequenti reclami ufficiali alla polizia, che funge da intermediaria tra gli inquilini e i proprietari.

Uno dei rappresentanti dell’azienda non ha voluto rilasciare dichiarazioni. L’ufficio del prefetto di Napoli non ha voluto rilasciare dichiarazioni, incluse informazioni che si suppone siano pubbliche riguardo quanto l’azienda sia stata pagata dal governo italiano.

Quando era in Costa d’Avorio, Lessena dice di aver lavorato come graphic designer facendo magliette, un lavoro che gli piacerebbe fare nuovamente in modo da poter guadagnare dei soldi da spedire a casa.

Ha dolore al collo e alla spalla, ma non ha ricevuto cure mediche. “Quando avrò i miei documenti, potrò tornare a vivere. Potrò avere una libertà morale, potrò avere un’opinione. Perché ora io non conosco la vita reale”.