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Isola di Samos – Intervista ad Elena Housni, responsabile dello sportello per il cittadino

Intervista a cura della staffetta #overthefortress

Dedicdiamo di intervistare la Signora Elena Housni perché lei è stata la prima, insieme ad altri cittadini di Samos, ad organizzare gli aiuti per i migranti sbarcati sulle coste dell’isola.

Quando hanno iniziato ad arrivare i migranti a Samos?

L’arrivo dei migranti si può far risalire a circa 10 anni fa, ma da quando è scoppiata la guerra in Siria sono aumentati. Da giugno l’ondata migratoria è esplosa e migliaia di persone hanno iniziato a venire ogni giorno.

Quanti migranti arrivano più o meno?

L’anno scorso sono arrivati all’incirca 110.000 migranti, quasi tre volte la popolazione di Samos.

Come hanno iniziato ad organizzarsi i cittadini di Samos quando l’ondata di migranti ha cominciato ad arrivare?

Sia la gente comune che le Autorità locali fin dal primo momento hanno aiutato i migranti dato che inizialmente non c’è stato nessun sostegno dal governo [greco] o dall’Unione Europea.
Molti cittadini, nonostante la crisi economica hanno donato quello che potevano, dagli indumenti al cibo. I pescatori, per esempio, hanno aiutato nei soccorsi in mare. Ci siamo detti che dovevamo fare qualcosa per fronteggiare questa situazione aggregando sempre più persone che gradualmente e spontaneamente si sono impegnate a trovare una soluzione.
Dopo qualche mese sono arrivate alcune organizzazioni umanitarie, come l’UNHCR che è stata la prima. In seguito Medici Senza Frontiere, Save the Children, la Croce Rossa Spagnola. Sono molto orgogliosa perché in questo momento di pesante crisi economica I cittadini hanno trovato il modo di aiutare altre persone. È davvero importante per noi essere concretamente a disposizione di queste persone: quasi ogni greco ha ospitato un migrante nella sua famiglia.

Come gestisce questa emergenza il Governo centrale?

Il Governo centrale non ha i soldi per fornire aiuti e non ha abbastanza dipendenti per gestire la situazione a causa della crisi economica. Per esempio i lavoratori dell’Autorità portuale locale: nonostante fossero stanchi e sotto organico, nessuno ha preso giorni di vacanze né giorni di riposo, e non era autorizzata ad assumere altro personale. Così per mesi le Autorità portuali e la Polizia hanno lavorato anche 20 ore al giorno. Soltanto negli ultimi due mesi abbiamo ricevuto qualche aiuto dal Governo.

Parliamo di queste ONG. Quali sono? Cosa fanno?

Le ONG presenti a Samos sono l’UNHCR, Medici Senza Frontiere, Samaritan’s Purse, Croce Rossa Spagnola e altre piccole organizzazioni, Associazioni di volontariato e volontari indipendenti.
Hanno iniziato ad arrivare a fine estate, quando tra il porto e il campo rifugiati venivano ospitate circa 7000 persone.
L’UNHCR prevalentemente fornisce informazioni sulle procedure burocratiche necessarie per chiedere asilo nei diversi paesi e alcuni giorni della settimana distribuisce giacche e coperte; inoltre, si occupa di espletare le pratiche per alcuni casi speciali, come quelli che riguardano i minori non accompagnati. Medici Senza Frontiere si occupa prevalentemente delle questioni mediche, ma non solo, poiché forniscono altri tipi di aiuto, dalla distribuzione del cibo al campo, al trasferimento dei migranti dal porto allo stesso campo, e viceversa, usando un loro bus. La Croce Rossa ha una tenda al porto e una volta alla settimana distribuisce beni di prima necessità e materiale per L’igiene personale.
Il Dottor Manos e l’associazione WAHA sono presenti al porto quotidianamente per tutto ciò che riguarda l’assistenza medica. Un aspetto positivo di Samos è che gli staff medici delle diverse organizzazioni cooperano in sinergia, in questo modo, se da un lato scarseggiano le medicine, l’altro ente gliele fornisce e così via. Ecco il vero motivo del perché qua l’accoglienza funziona bene.
Poi, in seguito, sono arrivati volontari da tutto il mondo a proprie spese che ci hanno dato un considerevole supporto, svolgendo una enorme mole di lavoro che prima facevamo da soli. Eravamo esausti.
In seguito sono pervenute molte donazioni, soprattutto dall’Inghilterra. Sono arrivati vestiti, medicine, ecc…, in quantità tale che siamo stati in grado di distribuirli ogni giorno.
Save the Children si occupa dei bambini e Samaritan’s Purse aiuta nella distribuzione delle coperte, acqua e nella costruzione del campo al porto. Infine abbiamo, ovviamente, una serie di gruppi locali come i “Frendly Humans” che ha iniziato a distribuire la colazione al porto tutte le mattine di tutti i giorni da sei mesi a questa parte. C’è anche un gruppo di donne di Samos, le “Iocastis”, che da diversi mesi, ogni giorno, cucinano nelle loro case il cibo che poi viene distribuito.
Un gruppo di giovani svizzeri che si autofinanziano cucina al porto, mentre un’altra squadra di persone tedesche, sempre autofinanziata, cucina al campo. Una ONG greca chiamata “Apostoli” si occupa al campo del rifornimento di beni di prima necessita’.
Per quanto riguarda il soccorso dei rifugiati in mare al loro arrivo i gruppi presenti sono il “Samos Divers Club”, che salvano persone dal mare, e La “Sweedish Rescue Team” che insieme alla Guardia Costiera greca effettuano servizio di pattugliamento quotidiano.

Quante persone lavorano con i rifugiati al momento?

Almeno 300 persone tra autorità portuale, ONG, singoli volontari e cittadini che lavorano 7 giorni su 7 e 24 ore su 24, ovviamente con dei turni. Ci sono delle persone che comunque a Samos hanno un lavoro e una vita. Tuttavia anche se una persona aiuta un paio di volte a settimana risulta fondamentale.

Quindi i profughi cosa fanno? Arrivano sulla costa turca, prendono una barca, e poi che succede?

Non c’è un vero piano per farli arrivare qui. I migranti vengono semplicemente fatti salire sulle barche e mandati, a volte, a morire in mare. Quando vengono avvistati tutti si mobilitano, i club di subacquei, la guarda costiera, la squadra svedese di soccorso in mare, tutti partono. E quando trovano una barca effettuano il trasbordo.
Chiunque li trova, che siano essi civili, volontari o appartenenti a ONG, li porta al campo di prima accoglienza che si trova nel porto di Samos. Chiunque può chiamare la polizia o le autorità portuali e fornirgli le coordinate GPS del luogo in cui avvistano i profughi. Una volta salvati, i migranti passano per la cosiddetta “emergency room”, dove i volontari sostituiscono subito i vestiti e le scarpe bagnate.
Quando arrivano sono sotto shock, ed è quindi molto importante farli sentire al sicuro e benvenuti, insomma dar loro una speranza. Quando questa gente arriva a Samos vogliono avere speranza e noi siamo sicuri di dargliela, perché quando ci lasciano e vanno verso l’ignoto, se ne vanno con il sorriso.

Qual è la nazionalità dei migranti, il loro livello di istruzione medio e lo strato sociale di provenienza?

Fino alla fine di ottobre, più o meno il 90% dei migranti proveniva dalla Siria. Molti di loro appartengono alla classe media siriana, con un livello d’istruzione molto elevato e di condizione economica agiata. Ma nell’ultimo mese arrivano meno siriani, circa il 20%. In generale gli altri migranti sono afgani e iracheni, curdi, marocchini, algerini, pakistani. Una piccola parte addirittura da altri paesi ancora.

Dove vanno i migranti dopo Samos?

La maggior parte vuole andare in Germania, mentre alcuni hanno le famiglie in altri paesi europei dove vogliono ricongiungersi ai loro parenti come la Svezia o comunque il nord Europa. Ad essere sincera non ho mai sentito di nessuno che volesse andare in altri paesi come Italia o Ungheria. Penso che il 90% dei migranti voglia andare in Germania perché pensano che sia uno dei paesi più forti in Europa e quindi dove loro possano avere più possibilità di inserimento.

Sai qualcosa sulla situazione in Atene?

Penso che la situazione ad Atene sia pessima e che peggiorerà ancora di più nei prossimi mesi, perché molti dei profughi torneranno indietro dai confini balcanici, e questo perché le frontiere sono aperte solo per siriani, afghani e iracheni. I migranti di altre nazionalità vengono respinti. Il problema è questo: noi facciamo passare migranti di paesi con cui noi [greci] non abbiamo accordi internazionali per il rimpatrio, e comunque sia la procedura è molto lenta. Per esempio con il Pakistan c’è un accordo che consente alla Grecia di rimpatriare i migranti di questo paese, ma la procedura è talmente lenta che soltanto 50 sono stati rimandati al loro paese pagando a loro il viaggio. Agli altri viene concesso di rimanere in Grecia soltanto per 30 giorni e si suppone che in questo lasso di tempo decidano loro stessi di far ritorno al paese di origine. Ma come possono farlo se non hanno il denaro necessario?
Noi abbiamo timore che queste persone, bloccate ai confini nei Balcani, ritornino ad Atene e che la popolazione di Atene non riesca più a sostenere questo flusso migratorio di ritorno. Temo che il prossimo mese avremo notevoli disagi. Alcuni hanno pensato di riportarli all’isola da cui sono transitati, ma questo per Samos sarebbe disastroso, è un circolo vizioso.

Secondo te l’Europa come dovrebbe gestire questa situazione?

Penso che l’Europa abbia bisogno di umanità. La faccia che l’Europa mostra ai rifugiati non è una buona faccia e questa non è l’Europa che vogliamo. Con il fatto che si da asilo solo a rifugiati di tre nazionalità impediamo ad altri di avere una nuova casa, di farsi una nuova vita, uccidiamo le loro speranze.
Questa è l’Europa che non mi piace, l’Europa dei matematici che dice per esempio: 2000 persone le destiniamo in Italia. Mi piace l’Europa della solidarietà, quella vera.
Io penso che l’Unione Europea possa fare di più. Ma se vogliamo parlare di numeri, allora parliamone.
Noi abbiamo 2 milioni di migranti in un Europa di 500 milioni di persone. Perché non siamo in grado di accogliere questi migranti che sono meno dell’1% della popolazione europea? Vogliamo ragionare come un matematico? Va bene! Ma io penso sia comunque possibile accogliere tutti. Per esempio possiamo dividere i 2 milioni di migranti fra tutti i paesi dell’UE. E poi non si possono scegliere i migranti, come dire “io voglio questo ma non voglio quest’altro”.
Chi stabilisce i criteri per questa selezione? Non sono solo i siriani in diritto ad avere aiuto. Non c’è solo la guerra, c’è anche la fame. Allora perché dovremmo dire no a queste persone che vogliono iniziare una nuova vita? L’Europa non sta facendo abbastanza. Questa non è l’Europa che voglio.

Quanto pensi che durerà questa ondata di migranti che viene dal mare?

Io credo che comunque durerà per almeno un altro anno, anche se spero che prima o poi finisca.

Perché a Samos arrivano meno migranti rispetto, per esempio, a Lesbo?

Non è difficile arrivare all’isola di Samos perché è vicina alla costa turca, in alcuni punti la distanza con la costa turca è di circa due chilometri soltanto. Il fatto è che se compariamo il numero di migranti arrivati a Samos e il numero della popolazione nell’isola, noi ne abbiamo avuti di più di Lesbo. È statistica. Come ho già detto, la popolazione di Samos conta 34 mila abitanti e abbiamo avuto 110 mila rifugiati.

Ora quanti rifugiati ci sono tra il campo di accoglienza al porto e il campo vero e proprio sulle colline?

Mille persone al campo di accoglienza sulle colline, mentre al porto sono meno di 500. Se il tempo peggiora e c’è molto vento come in questi giorni, i numeri sono ovviamente inferiori. Altri giorni sono 2000 persone in totale tra porto, campo e altre sistemazioni private.

Un ragazzo che ho incontrato mi ha detto che per lui essere qui è come un sogno.

Sì, molti ci hanno detto questo negli ultimi sei mesi, che Samos è come un paradiso, chiedendoci anche se potevano rimanere a Samos per sempre. Io credo che questo sia il miglior ringraziamento che noi possiamo ricevere. Dopo un lungo viaggio la nostra accoglienza è più importante del semplice dare cibo e vestiti, perché diamo speranza.

Intervista realizzata dalle attiviste del Laboratorio Sociale Fabbri di Fabriano e lo Spazio Autogestito Grizzly Fano, staffetta #overthefortress.