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La confisca dei beni dei migranti è legge in Danimarca

Nient’altro che una infamata. Un’infamata che, per come stanno andando le cose in un’Europa che ha tradito Schengen, rischia di venir fotocopiata da tutti gli altri Paesi della Comunità. Ci riferiamo alla legge approvata martedì 26 gennaio dal Parlamento danese e che riforma la normativa sulla protezione internazionale, introducendo la possibilità di confiscare i beni dei richiedenti asilo. Non solo. La riforma altro non è che un giro di vite per tutti gli aspetti dell’accoglienza: allunga da uno a tre anni il tempo di permanenza nel Paese prima di poter avviare le pratiche per il ricongiungimento familiare, riduce i sussidi ai migranti del 10 per cento e accorcia il permesso di soggiorno da cinque a due anni.

Ma l’aspetto più pesante, immediatamente rimbalzato tra gli ambienti politici nostrani più xenofobi che hanno subito proposto di replicarlo anche in Italia, è la confisca dei beni dei migranti che bussano alla frontiera.
La nuova legge autorizza la polizia a perquisire i profughi ed a confiscare loro ogni bene o somma di denaro superiore alle 10 mila corone (al cambio attuale 1340 euro e 2 centesimi). Sono esentati oggetti considerati “affettivi” come, ad esempio, le fedi nuziali, ma a dettar legge rimane l’insindacabile giudizio del poliziotto. Cosa che non è precisamente una garanzia di giustizia ed imparzialità.

Va sottolineato che l’approvazione di questa legge ha colto di sorpresa tanto i giornali danesi più critici quanto le associazioni per i diritti dei migranti che la consideravano alla stregua dell’ennesima provocazione da parte della destra al governo del Paese e del Premier Lars Lokke Rasmussen. Salvo poi ritrovarsi con l’atto legislativo approvato da una larghissima maggioranza del parlamento: 81 favorevoli su 109 votanti. Il che significa che anche l’opposizione socialdemocratica ha votato il provvedimento, vantandosi, per di più, di essere riuscita a far innalzare il tetto delle corone confiscabili dalle 3 mila cui faceva riferimento la proposta iniziale, alle attuali 10 mila. Non c’è che dire. Una bella vittoria politica per un centrosinistra danese che somiglia fin troppo a quello italiano!

D’ora in poi, una famiglia che entra in Danimarca per chiedere asilo, lo potrà fare solo in braghe di tela, abbandonando nella mani dei poliziotti tutto il denaro e i beni che erano riusciti a portar via. Ciò che non ha distrutto la guerra e che non ha rubato lo scafista, finirà nelle tasche del Governo Danese.

La motivazione avanzata da Rasmussen è naturalmente quella di “aiutare lo Stato a coprire le spese dell’accoglienza”. In realtà, lo scopo è soltanto quello di allontanare i migranti dalle loro frontiere. Una delle tante, ovvie conseguenze della totale assenza di una vera politica europea, comune ed autorevole, fondata sulla solidarietà e sui diritti riguardo le migrazioni ed i richiedenti asilo.

Come era lecito aspettarsi, il provvedimento danese ha subito fatto scuola e già il Ministro degli Interni di Baviera, Joachim Herrmann, ha dato mandato alla polizia tedesca di confiscare ai rifugiati ogni bene superiore ai 750 euro.

A questo punto, pare quasi banale affermare che il progetto di un’Europa dei popoli, se mai era stato concepito, è abortito tra fili spinati, muri, frontiere armate e centri di detenzioni che altro non sono veri che propri lager.
Il marcio non è solo in Danimarca.

Riccardo Bottazzo

Sono un giornalista professionista.
La mia formazione scientifica mi ha portato a occuparmi di ambiente e, da qui, a questioni sociali che alle devastazioni dei territori sono intrinsecamente legate. Ho pubblicato una decina di libri tra i quali “Le isole dei sogni impossibili”, edito da Il Frangente, sulle micronazioni dei mari, e “Disarmati”, edito da Altreconomia, che racconta le vice de dei Paesi che hanno rinunciato alle forze armate. Attualmente collaboro a varie testate cartacee e online come Il Manifesto, Global Project, FrontiereNews e altro.
Per Melting Pot curo la  rubrica Voci dal Sud.